Magazine Cultura
P I E R O M A N Z O N I
Disinvolto confezionatore di idee, anticipatore d'una estetica di massa
per una cultura visiva pret-à-porter
Dall'Orinatoio alla Merda d'artista, sembra che le grandi intuizioni del XX secolo artistico debbano criticamente passare dall'incontro con ogni genere di deiezione umana.
Del 1917 è l'intuizione matafisica di Marcel Duchamp, mentre di ben 44 anni più tarda è quella, sostanziante e pragmatica, di Piero Manzoni, che data 1961. Di quell'orinatoio e questa merda sono piene le pagine più acute dei libri che discettano d'arte del Novecento, e che da essi traggono ampi spunti di riflessione.
Quel ready-made inaugura la stagione della modernità, ai suoi esordi, fatta d'altro che non fosse solo pittura e scultura, ed il filosofo-artista che ne è stato l'autore ha creato immediato scandalo quando l'ha presentato per la prima volta al pubblico. Ma anche, oltre allo scandalo, una grande messe di approfondimenti critici, di dotte osservazioni ed altrettanto complesse considerazioni hanno fatto di esso, nel tempo a seguire, il simbolo di una vera e propria rivoluzione dell'estetica convenzionale che ha saputo capovolgere, in ogni angolo d'Europa, l'idea stessa d'arte, promuovendola ad una componente del pensiero, oltre che dell'espressione umana. Si trattava di considerare potenziale artistico, da allora in poi, non solamente un oggetto pittorico, o di scultura, una libera interpretazione soggettiva della realtà rappresentata su una tela o in un supporto tridimensionale. Ma la merda d'artista inscatolata, invece, da il via ad un'arte che vede e concettualizza le grandi trasformazioni del moderno ciclo produttivo e consumistico della società massificata, quella che apre la strada alle fruizioni di massa, quella della produzione serializzata e standardizzata, quella che valorizza il marchio di fabbrica, quella che è attenta al packeging del prodotto e che ne esalta la firma, quella che incomincia a comporre i fattori d'una teoria della comunicazione.
Marcel Duchamp e Piero Manzoni, pur così lontani nel tempo, hanno entrambe accentato il significato della loro arte ironizzando su soggetti a tutti comprensibili, tanto da esserlo perfino a dei bambini, e con essi hanno volutamentre dato "scandalo" così che, scuotendo il comune senso del pudore, essi potessero comunicare col mondo intero, spalancando le porte di mondi tutti ancora da esplorare, compresa la stessa nascente teoria della comunicazione, la quale, con il "Medium è il messaggio" di Marshall McLuhan e Quentin Fiore, qualche anno dopo, nel 1967, ebbe la sua massima teorizzazione.
In questo sono entrambi considerati genii, e non solo dalla critica, ma dallo stesso pubblico che ne intuisce perfettamente la dirompente talentuosità. E se Marcel Dichamp, negli stessi anni, proponeva una versione popolare e addomesticata della leonardesca Mona Lisa, con tanto di baffi e di barbetta disegnasti sopra al volto, anche Piero Manzoni non è da meno quando spoglia una giovane donna e ne firma il corpo, apponendo la propria sigla d'artista sulla bianca natica, con tanto di data, quasi fosse esso una propria opera d'arte vivente. Mondi tanto simili tra loro, i due, quanto lontani e staccati i rispettivi significati.
Se quello di Duchamp ha avuto una altissima considerazione da parte dei massimi studiosi sia dell'arte che della filosofia che del costume, è invece più recente il riconoscimento attribuito a Manzoni d'una posizione tanto alta e significativa nella storia dell'arte, almeno tanto quanto quella del Maestro francese. E' ciò vale soprattutto oggi, che riusciamo a vedere tutto il percorso dell'evoluzione artistica dopo di lui, e che sappiamo quanto da lui abbiano attinto gli artisti della Pop, quelli dell'Arte Povera, i Maestri della Body Art fino ai Concettualisti. Tanto ha potuto fare Piero Manzoni, in quei 30 anni di vita che ha vissuto, tanta è stata la sua forza inventiva scaturita dalla incessante curiosità che l'ha alimentata.
La sua città di Milano è in ritardo ora di un anno, sul doppio anniversario (80 anni dalla nascita e 50 dalla morte), per commemorarne il nome con la grande mostra che, dopo lunga gestazione, finalmente è riuscita a dedicargli. Si è aperta da un giorno a Palazzo Reale la sua prima grande retrospettiva, con un centinaio di opere che ne documentano l'eccezionale creatività, e soprattutto la straordinaria capacità di vedere oltre, e di immaginare il futuro della società nella quale, sia pur così brevemente ma intensamente, egli ha vissuto.
La retrospettiva milanese di Palazzo Reale sull'opera di Piero Manzoni, consistente in un centinaio di opere, curata da Flaminio Gualdoni e Rosalia Pasqualino di Marineo, durerà fino al prossimo 2 giugno. Il catalogo è di Skira. Un gadget al book shop: "Merda d'Artista" in doppia razione, una riproduzione perfetta della famosa scatoletta ideata nel 1961 e il libro, scritto dallo stesso curatore della mostra Flaminio Gualdoni, intitolato "Breve storia della merda d'artista".
Enrico Mercatali
Milano, 26 marzo 2014
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