Ciò detto, rimane il problema della massa abnorme dei dirigenti. Molti con privilegi oggi francamente eccessivi. Per dire: un direttore ha diritto al rimborso carburante per 15.000 chilometri, ogni dirigente può avere una macchina per tre anni in leasing che viene pagata al 70% dalla Rai. Così molti di costoro, appartenenti ad una casta di solito invisibile, scorrazzano su Bmw, Mercedes, Range Rover, Audi, e sempre su cilindrate intorno ai 3.000, pagando affitti bassissimi al mese. Il numero delle macchine - buttando un occhio nel garage della Rai in zona Prati - dà un’idea plastica della distonia tra il Paese reale e la sua fantastica burocrazia televisiva.
In Rai poi i grandi dirigenti sono, di fatto, inamovibili. Emblematico soprattutto il caso dei direttori generali. Non ce n’è uno che - esaurita la propria funzione ed insediatosi il successore - sia stato licenziato dalla Rai in crisi perenne, come avviene nelle aziende normali. Negli ultimi vent’anni, per esempio, Pierluigi Celli e Flavio Cattaneo (il migliore in assoluto per redditività), e Mauro Masi (il peggiore), arruolati come esterni si sono dimessi da sé allettati da offerte del mercato. Agostino Saccà (il migliore in assoluto con Cattaneo), Claudio Cappon e Lorenza Lei essendo dirigenti interni sono stati «reimpiegati» dall’azienda. Saccà fu messo alla fiction con risultati eccezionali, finì nel tritacarne delle intercettazioni e ne uscì intonso. La Lei, nonostante la gestione mediocre dell’azienda, è stata spostata alla Sipra con poteri limitati. Cappon è il caso limite: per due anni, nonostante la volontà di molti di toglierselo dalle scatole, è stato pagato 600mila euro all’anno per la presidenza di Rai World, cioè per non fare nulla.
Per non dire dei giornalisti. Essendo vietata l’assunzione come direttori a tempo indeterminato dal contratto nazionale (il contratto dura 3 anni, rinnovabile), si fanno assumere quasi tutti come capiredattori «con mansione di direttore»; una volta fatti fuori mantengono stipendio e spesso grado, fittizio. E sono illicenziabili.
«Le nomine Rai di solito sono politiche, e per policy aziendale, noi tendiamo a reimpiegare i nostri dirigenti...» ribattono gentilmente dalla Rai. Ma è questo l’unico caso, nell’occidente civilizzato, in cui dirigenti anche quando sbagliano, restano allo stesso posto. E costo. Costo nostro.
A proposito di sprechi. È stato calcolato che ogni giornalista delle sedi Rai regionali produca, di media, 2/3 minuti di servizio al giorno. Senza considerare che in alcune sedi Rai del nord gli operatori televisivi - i cameramen - in virtù di quella leggina straordinaria che permette loro di trasformarsi, con gli anni, in giornalisti sono scomparsi; sicché si esternalizzano i pochi servizi. Qualche sede arriva a spendere 1milione di euro.
Francesco Specchiaper "Libero Quotidiano"