R. Magritte - Fils de l'homme
Non fu l’Antonia a divulgare la Lista, anche se le sarebbe piaciuto. Sono sicuro che aveva sognato di estrarre con studiata lentezza il foglietto dalla sua cartellina segreta per poi leggerlo a tutti noi, trepidanti intorno a lei, con l’intonazione solenne degna di quel momento che l’avrebbe vista dispensatrice di destini. Avrebbe scosso la testa e, ad ogni movimento della sua chioma, qualcuno avrebbe saputo della propria condanna.No, non è stata l’Antonia ma un comunicato di due righe a firma della proprietà, che abbiamo trovato un mattino in bacheca. Dopo fiumi di parole e tanta agitazione, dopo che ci eravamo preparati ad ogni scenario possibile, è bastato quello scarno foglietto a mandare all’aria qualsiasi illazione.
Io avevo seguito distrattamente l’evoluzione della faccenda, impegnato com’ero a costruire la mia relazione con Lourdes. Da quando non nascondevo più a me stesso la verità su di lei, per me non esisteva nient’altro. Inventavo mille cose nuove ogni minuto per farla divertire e trovavo sempre il modo di liberarmi dagli impegni per poter stare con lei. Avevamo un nostro codice segreto per darci appuntamento, quando lei usciva con la scusa di fare acquisti. Facevo di tutto per farla sentire al centro del mondo e, da quello che mi sembrava di leggere nei suoi occhi, spesso ci azzeccavo.
Io ero quasi riuscito a ridimensionare ogni altra cosa, compreso il fatto della Lista. Mi ero messo nell’ordine di idee di accettare qualunque esito senza fare drammi. C’era però la questione di Paco. Alla tele mi facevano fretta per il servizio su di lui. Ma quello era un problema che non riuscivo ancora a risolvere. Mi serviva del tempo per sbrogliare una tale matassa. Ogni volta che provavo a pensarci, sentimenti contrastanti si agitavano dentro di me. Non potevo incontrare Paco, per il momento. Così rimandavo ogni decisione, anche se la cosa non mi lasciava affatto tranquillo. Per fortuna la vicinanza di Lourdes era un balsamo potente e quando ero con lei riuscivo a dimenticare ogni altra cosa. Forse era per questo che non mi azzardavo a parlargliene.
Due righe che stabilivano, con effetto immediato, un nuovo cambio nella Direzione dell’emittente. Ora sarebbe stata affidata a Paolo.
Per me fu un colpo. Non che la cosa mi dispiacesse, tutt’altro, ma non avevo mai pensato a Paolo in quei termini. Era una situazione nuova, che mi costringeva a riflettere. Ero sicuramente contento per lui ma la notizia mi aveva messo addosso un certo disagio, che attribuii alla sorpresa. Subito mi venne in mente che, nell’ultimo periodo, l’avevo sorpreso più volte a cercare E, con una certa impazienza, per giunta. Non riuscivo a trovare una relazione fra le due cose, ma di sicuro questa loro complicità mi dava fastidio. Ai miei occhi E non aveva alcun merito che potesse giustificare l’interesse di Paolo per lui. Era un narcisista vacuo, che amava far colpo sulle persone. Uno sbruffone che usava la sua abilità nell’indovinare i pensieri degli altri per metterli in difficoltà.
Il tam-tam delle lingue mi fece distrarre da questi pensieri, incaricandosi di svelarmi ogni dettaglio della questione. Nel comunicato non si faceva cenno a licenziamenti ed effettivamente non ce ne sarebbero stati. La proprietà faceva conto sulle capacità del nuovo Direttore per poter mantenere l’organico attuale, pur con qualche aggiustamento. Maria era stata trombata e con lei Luciano. Ma non erano stati licenziati, gli era solo stato consigliato con una certa insistenza di prendersi un lungo periodo di riposo. Pensai che fosse la giusta conseguenza della loro conduzione disastrosa, ma mi sbagliavo. Il motivo era diverso e diede alle malelingue un boccone succulento su cui avventarsi: Maria era caduta in disgrazia non per ragioni professionali ma per la disinvoltura con cui andava nei locali a caccia di uomini da portarsi a letto.
Avrei voluto parlarne con Lourdes, sviscerare con lei questa evoluzione così inaspettata, ma non potevo. Lei non si interessava a quello che succedeva alla tele. Come non amava parlare di quello che faceva quando non eravamo insieme. Ci vedemmo nel pomeriggio e, come al solito, facemmo l’amore. Non so se si accorse che ero distratto, con la testa colma di segni che non ero capace di interpretare. Si limitò ad avvolgermi fra le sue braccia, come in un bozzolo, fino a quando la tensione si sciolse.
L’indomani mattina non appena misi piede in ufficio mi piombò davanti l’Antonia“Ciao, Franco. Come stai oggi?”Allargò le labbra nel suo sorriso più accattivante, che però metteva crudamente in mostra l’irregolarità della dentatura fino a scoprire inopinatamente le gengive.“Paolo ti ha cercato, ti deve parlare”Feci per dirigermi meccanicamente verso la solita stanza ma lei fu lesta a bloccarmi con una mano. Paolo non l’avrei più trovato là dentro e nemmeno nel box all’ingresso dove prima di lui si era installata Anna e dopo di lei Maria.“Ti accompagno io” fece l’Antonia e partì in quarta dondolando l’abbondante capigliatura.Il piano di sopra era occupato in parte da alcuni magazzini. Per il resto ospitava i locali di altre ditte. Era raro che qualcuno di noi salisse lassù. Eppure l’Antonia vi si diresse con decisione.Nel salire le scale mi tornò in mente che, fra i magazzini, la Direzione aveva voluto far arredare un paio di stanze come ufficio di rappresentanza, da usare in occasioni speciali, che a mia memoria non erano mai capitate. Si trattava di un piccolo ingresso che immetteva da una parte in uno stanzino destinato alla segretaria e dall’altra in un locale di grandi dimensioni e luminosissimo, arredato in maniera sobria, ma con una certa classe.
Paolo mi accolse con un sorriso.“Eccoti qui, finalmente”Io mi guardai intorno, incapace di stare al passo con quello che accadeva.“Dai, di che ti meravigli? Era un peccato avere un ufficio così e non usarlo!”“Ma, credevo che giù al montaggio ti piacesse”“Certo che mi piaceva, Francesco. E mi piace ancora, se è per quello. Ma ci sono altre cose ancora più interessanti. Al montaggio ci penserà qualcun altro, non ti preoccupare. Siediti, invece, che ho in mente un sacco di cose”Ubbidii.“Vedi, Francesco, ho l’intenzione di cambiare tante cose qui dentro. Ti assicuro che farò un bel casino davvero!”Mi guardava con quella sua aria divertita.“Ho parlato chiaro con la proprietà. Se date a me l’incarico mi dovete anche dare carta bianca. Non hanno fiatato, sai, quando gli ho detto che non avrei licenziato nessuno. Si fidano di me. E io cambierò TeleCittà”Si fermò per un attimo, girandosi ad abbracciare con lo sguardo ciò che si vedeva dalla grande vetrata che c’era alle spalle della scrivania.“Questa nostra città è confusa. La gente è confusa, non sa cosa pensare. Questi sono tempi difficili, la crisi sta martellando duro e nessuno sembra in grado di dire cosa c’è da fare. Ogni giorno diventa più difficile stare al passo, tutte le energie vengono spese solo per sopravvivere. A parte i pochi fortunati, tutti gli altri devono lottare duramente per non essere travolti e chissà cosa ci aspetta ancora. La maggior parte della gente ha smesso di pensare. Visto che non sanno più interpretare quello che succede, lo ignorano. Si trastullano con le cose di tutti i giorni. Non è come un tempo, trenta e passa anni fa. Allora le cose erano più chiare. O eri comunista o democristiano. Una scelta chiara, semplice e definitiva. Avevi una base solida su cui sviluppare il tuo pensiero. Potevi anche permetterti di dissentire in parte dai tuoi. Potevi costruirti la tua idea del mondo”Era infervorato e la sua dialettica si dipanava in maniera assolutamente naturale.“Oggi alla gente manca proprio questo. Qualcuno che gli spieghi quello che sta succedendo. Che gli indichi i criteri fondamentali a cui poter appigliare i propri pensieri”Mi venne vicino, guardandomi fisso negli occhi.“Vanno rieducati a pensare, mi capisci? Hanno bisogno di una televisione che gli racconti la verità e quella televisione sarà la nostra. Non solo. Entreremo anche in maniera seria nei nuovi media, su web e su tutto quello che oggi e domani farà informazione”Tornò a sedersi alla scrivania.“Che ne dici, Francesco?”Non sapevo cosa rispondere. Ero disorientato e non riuscivo a far mio l’entusiasmo che Paolo evidentemente voleva scatenare in me. Restai in silenzio.“Come vedi è un programma impegnativo. Che ha bisogno di persone all’altezza della situazione. Vedrai che in poco tempo riuscirò a cambiare la mentalità qui dentro”Fece una pausa.“Ho bisogno sopratutto di una persona che mi aiuti a portare avanti queste idee, un alter ego che mi sostituisca qui quando dovrò assentarmi, una persona di cui mi possa fidare ciecamente. Quella persona sei tu!”“Io?” riuscii a stento a spiccicare.“Sì, proprio tu. Hai l’intelligenza e la capacità di osservazione che mi servono. Ti sistemerai nella stanzina qui accanto, vedrai che starai bene”Mi scrutò ancora con attenzione.“Ma non sei obbligato a dirmi di sì subito. So che ci vuoi pensare, ti conosco. E ti aspetto. Quando avrai deciso, vieni qui e mi dai la risposta, ok?”