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Ho scoperto di avere una certa predilezione per gli scrittori irlandesi. Avevo già avuto qualche sentore leggendo la saga di Agnes Browne di Brendan O'Carrol, ambientata nei quartieri popolari di Dublino negli anni '60 e '70. E con Roddy Doyle ne ho avuto la conferma. Trovo che gli irlandesi, o almeno nello specifico questi due autori ma credo sia una caratteristica abbastanza comune, abbiano un modo incredibile, ironico al punto giusto, di raccontare ogni situazione, sia essa allegra o triste.
Certo, Roddy Doyle in questo caso gioca "sporco", affidando la narrazione a Paddy Clarke, un bambino di dieci anni e alla sua visione ancora innocente e spesso involontariamente distorta del mondo e di come vanno le cose, che inevitabilmente risulta essere buffa. Paddy e i suoi amici sono come tutti i bambini di quell'età: passano le giornate a costruire case sugli alberi, a suonare campanelli, a giocare a calcio impersonando i calciatori delle loro squadre del cuore, a litigare per poi dimenticarsi la volta successiva cosa è successo, a prendere in giro i loro coetanei e ad aver paura delle interrogazioni in classe. Sono bambini più o meno fortunati, chi senza mamma, chi senza papà, chi con i genitori che si amano, chi con i genitori che si odiano, chi con fratellini minori sempre al seguito, chi ammalato... tutti insieme ad affrontare il piccolo mondo che li circonda, a vivere i cambiamenti nel loro quartiere, a giocare a fare i grandi per poi cercare sempre una carezza o un gesto d'affetto dai genitori a casa. Eppure a dieci anni non si è immuni da tutto: Paddy, ad esempio, si rende conto che tra i suoi genitori c'è qualcosa che non va, si rende conto che l'umore del padre è molto volubile e che la madre non sempre riesce a far finta di nulla. Se ne accorge anche se litigano sottovoce e nella sua stanza cerca di convincere se stesso e il fratello che non sta succedendo niente, che prima o poi smetteranno, anche se l'unica cosa che vorrebbe è trovare un modo non per farli smettere, ma per non farli proprio cominciare. Così come si rende conto, senza che gli venga detto, che l'irreparabile ormai è successo.
Un libro molto piacevole da leggere, scritto con uno stile fresco e vivace, assolutamente ben gestito da Roddy Doyle che lo rende davvero credibile, proprio come se lo avesse scritto un bambino di quell'età. E Paddy è un personaggio semplicemente adorabile, sempre combattuto tra il suo mostrarsi e comportarsi da grande con gli amici, fumando, resistendo alle botte, e la fragilità e la paura all'interno delle mura di casa sua. E molto bella è anche la descrizione del rapporto con il fratello minore Francis, detto Simbad: quel rapporto di odio e amore che si crea tra fratelli, con l'istinto di protezione da un lato e la stanchezza di trascinarsi dietro sempre un peso dall'altro, nel caso dei fratelli maggiori nei confronti dei minori, anche se certe volte forse sono proprio questi ultimi a capire meglio il mondo.
Mi spiace molto di aver scoperto tardi questo autore perché, sebbene la narrazione non sia sempre scorrevolissima, il romanzo merita davvero.
Nota alla traduzione: non so cosa dire, perché ci sono delle parti davvero poco scorrevoli e un uso spesso un po' arcaico della lingua italiana. E non riesco a capire fino a che punto sia voluto. Qualcosa da rivedere ci sarebbe sicuramente.
Titolo: Paddy Clarke ah ah ah
Autore: Roddy Doyle
Traduttore: Laura Noulian
Pagine: 288
Anno di pubblicazione: 1994
Editore: Guanda
ISBN: 978-8877467508
Prezzo di copertina: 14,50 €
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formato brossura:Paddy Clarke ah ah ah!
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