La pialla, lo scalpello, i trucioli, odore di segatura; la colla a caldo nel lurido barattolo, i chiodi di tutte le forme e le misure.
Padre falegname scendeva le scale ed andava in bottega ogni mattina alla stessa ora con la stessa tuta blu, il berretto sulla testa per non sporcarsi i capelli ma i guanti non li portò mai. Aveva ancora tutte le sue dita, anche a settantanove anni, quell’estate quando lasciò il corpo sulla terra della vigna.
- Falegname da sessant’anni ma son stato molto attento – raccontava – e morirò con tutte le mie dita.
Respirare un po’ d’aria buona, voleva da vecchio, e lasciava spesso la bottega greve di odori di colla segatura trucioli e legno. Sul banco incrostazioni e compensato, lavori da finire; non li terminò mai e sono fermi ancora lì, ad aspettare il tempo eterno di chi è stato. Sono fermi accanto al banco, con la pialla – quella nuova che usò troppo poco – fermi accanto a tutti gli altri attrezzi accolti contro il muro, disegno espressionista di una vita.
Il legno, il legno in tutte le sue forme, con tutti i suoi colori. La pialla il martello, trucioli e segatura, trucioli di legno. Segatura sul pavimento, nei capelli, fra le dita delle mani.
Ed erano i suoi occhi grigi, meno limpidi verso la vecchiaia, che misuravano il legno con sguardo esperto, valutavano qualità e peso senza mai sbagliare. Poi c’erano le mani, quelle mani grandi di uomo che non ha mai forgiato altro che legno: segato, scartavetrato, pulito, lisciato, incollato, diviso per poi riattaccare. Mani ruvide e grandi con i calli nel palmo e le unghie corte.
Avevano da fare come sempre chi guarda alla propria vita e lascia indietro tutto il resto: si stancavano presto, in casa sua, quando raccontava della guerra della Germania della fuga, dell’andare a nove anni a lavorare, della scuola frequentata poco e male. Si stancò poi di raccontare e più nessuno adesso sa.
E’ un padre, è un falegname: è la mia festa, diceva a San Giuseppe, tutti gli anni, e sorrideva. Scendeva le scale e andava in bottega, ogni pomeriggio alla stessa ora. Chi passava per via lo salutava e si fermava a dire due parole.
La vita, i dolori, le fatiche, ma il sorriso e la voglia di scherzare non cessarono nel tempo. Ora è tardi, e le sue mani non spolverano il cassettone vecchio dell’ingresso, il tavolo le sedie, la madia vuota, e non raccolgono con le dita la segatura dei tarli.
Portami ancora per mano.
Maria Luisa Spaziani
Papà, radice e luce, portami ancora per mano
nell’ottobre dorato del primo giorno di scuola.
Le rondini partivano, strillavano:
fra cinquant’anni ci ricorderai.
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