“Affabulazione”, la cui prima edizione risale al dicembre del 1977, è uno dei drammi più noti di Pier Paolo Pasolini, messo in scena anche da Vittorio Gassman, e racconta la storia di un padre di famiglia in preda a sogni angoscianti. L’intento di Pasolini è quello di rimettere in scena l’ ”Edipo Re” di Sofocle, avvicinandosi però, in maniera più approfondita, alla rilettura che ne fa Freud, rovesciando le parti (è, infatti, il padre ad essere attratto sessualmente dal figlio).
“Questo nuovo tipo di teatro, che io chiamo ‘teatro di parola’”, scrive Pasolini, “è un misto di ‘poesia letta a voce alta’ e di ‘convenzione teatrale’ sia pure ridotta al minimo (…) ‘Poesia orale’, resa rituale dalla presenza fisica degli attori in un luogo deputato a tale rito.”
Destinata quindi per il teatro, quest’opera racchiude versi di un realismo quasi irruente, sebbene talvolta ironico, come nella poesia che oggi vi propongo. Una rivisitazione della nota preghiera cristiana per renderla vissuta, sentita e attuale, col rischio di diventare, per la pungente ironia, a tratti dissacrante.