Paul Cezanne, la montagna Sainte-Victoire
Lo sguardo di Cezanne sulla natura implica sempre una riflessione sulla percezione: la natura e il risultato pittorico ci appaiono strettamente legate, concetto che l'artista ha espresso nell'ormai notissima formula dell'armonia parallela alla natura.Per Cezanne, alla ricerca di un nuovo inizio post-impressionista, divenne un'esperienza chiave l'incontro con un monte della sua terra natia, il Sainte-Victoire in Provenza. Il pittore si confrontò con questo scenario in circa 60 opere, fra dipinti, disegni e acquerelli realizzati a partire dagli anni Ottanta dell'Ottocento. Negli ultimi anni della sua vita, poco dopo il volgere del secolo, da questo tema scaturirono otto dipinti. Tra cui questo che vi propongo.
Volendolo descrivere in termini tradizionali, non ci sarebbe molto da dire: una linea dell'orizzonte che attraversa quasi tutta la superficie del quadro a circa due terzi della sua altezza, sulla quale, come poggiata su un basamento, si erge la curiosa formazione geologica del Sainte-Victoire realizzato nei profondi toni del blu, mentre il cielo si mostra costellato di chiazze verdi. Al di sotto della linea dell'orizzonte si estende un'ampia zona pianeggiante dominata dal verde della vegetazione, in cui si intravedono i tetti rossi di sue case dalle pareti ocra.
Pur liberamente interpretato, il paesaggio è di facile identificazione: si tratta di una veduta dal Plateau d'Entremont, situato a un chilometro a nord dell'atelier di Cezanne sul Chemin des Lauves e a circa 20 chilometri in linea d'aria dal monte. Molto più arduo è il compito di chi volesse analizzare l'impressione generale del dipinto, la composizione. Non c'è un primo piano ben definito nè alcuna illusione di distanza, in quanto gli oggetti non rimpiccioliscono, man mano che si allontanano dal punto di osservazione. La montagna Sainte-Victoire non è solo un monumento alla durevolezza, ma si configura piuttosto come un elemento concettuale che si dissocia con decisione dall'Impressionismo, che non interpreta i dati visivi come una continua variabilità ma come la somma di finissimi componenti, un ordine che è sintesi e quiete, stabilità e movimento.
Dalla scelta dei colori si capisce che non siamo di fronte ad un'imitazione che miri a ricreare l'illusione della natura. Al contrario l'applicazione "artificiosa" del colore rivela una propensione per la forma: l'artista vede il colore come forma, come un elemento positivo, "una parte di quella matrice sulla quale si costruisce la natura raffigurata" (Gottfried Boehm). La natura assurge così a modello di un piano compositivo universale, in cui l'ordine non è prestabilito, ma deve anzitutto prendere forma.