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Paese che vai, usanze che trovi

Creato il 31 luglio 2014 da Insonniamarina

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Vivere su un’isola vuol dire essere circondati dall’acqua. Vivere di fronte ad un porticciolo implica un contatto constante con il mare con le sue onde, con quello spiro salino che per me, anche nei giorni più burrascosi, è sinomino di vitalità. Nel tratto di mare che ci separa dalla terra ferma e dalla miriade di isole che ci circondano le mareggiate sono rare, il mare si protende verso un orizzonte breve nel quale emergono scogli ed isolette. Le rocce e le insenature sono testimoni degli eventi geologici più recenti, intagliate dai ghiacciai in ritirata durante l’ultima glaciazione. Solchi più o meno profondi ricordano che in un tempo geologicamente piuttosto recente queste terre emerse erano coperte dai ghiacci.

Cattle Point

 

Nel tempo l’azione del vento e degli agenti atmosferici hanno smussato gli angoli delle rocce, la vegetazione ha fatto la sua scomparsa, ma qualcosa è rimasto delle epoche preistoriche. Indovinate un po? Ebbene sì, un certo frescolino è di casa tra queste insenature. Se a circa mille chilometri più a sud le correnti dissuadevano i prigionieri di Alcatraz dal gettarsi nei flutti per conquistare l’agognata libertà, qui al nord potete immaginare che temperature raggiungano le acque. Durante i mesi estivi, si oscilla intorno ai 10 gradi, abbastanza da intimorire residenti e villeggianti, soprattutto quando questi ultimi hanno origini mediterranee. Nonostante ciò la fantasia umana non si arrende e la muta integrale permette di gettarsi tra i flutti e apprezzare la bellezza delle coste e dei fondali. E’ un’esperienza che non ho osato provare perché le mie caratteristiche mediterranee, con il tempo si sono rafforzate e da qualche anno a questa parte sono diventata quasi più freddolosa di mia madre. Invece di temprarmi, divento sempre più fifona per quanto riguarda il clima, con l’eccezione di alcuni momenti di gloria, in cui riaffiora lo spirito di avventura dei vecchi tempi, quello di cui si ricorda Miss Fletcher.

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Quel che non ammazza ingrassa, quindi invece di temprarmi le temperature polari alle quale sono stata esposta per anni e anni in diverse zone dell’America settentrionale non mi hanno trasformato in una sciatrice provetta o in un’amante degli sport estremi, ma piuttosto in un topo di biblioteca sempre intirizzito e, di conseguenza, attratto da caffè, muffin e scones che ormai fanno parte del tessuto adiposo e scorrono nel flusso sanguino. Non pensate adesso che mi sia trasformata in una matrona, nient’affatto, se non altro in presenza di una popolazione in gran parte di origine scandinava, ho subito una stranissima metamorfosi della quale non sarei mai stata in grado di immaginare le conseguenze.

Dirò, fra parentesi, che da quando sono approdata su quest’isola non mi sono mai sentita tanto scura, etnica e bassetta. Insomma una donna lentigginosa di un metro e settanta con un peso che supera abbondantemente i sessanta chili nel suolo italico si sente un donnone, soprattutto se ha la malaugurata idea di entrare in certe catene di negozi in cui l’anoressia sembra essere la conditio sine qua non per potersi infilare in qualche capo senza far saltare le precarie cuciture. Provarmi un costume dalla Golden Point o dagli Intimissimi era un supplizio, qui invece, i costumi corazzati mi vanno a pennello e visto che sono in gran parte pensati per pelli di alabastro non mi trovo mai a dire “il colore non mi dona!” Ebbene da donna alta e robusta mi sono trasformata quasi in petite. Confesso che quando nei negozi mi suggeriscono di guardare la sezione per donne basse, mi offendo un po’. In ogni caso, vista la media della popolazione, compro magliette taglia small, spesso devo farmi accorciare i pantaloni e, meraviglia delle meraviglie, trovo le scarpe in liquidazione perché da queste parti il 39, 40 vanno per la maggiore. Ah, dimenticavo, sono diventata una brunette, almeno così mi hanno detto un paio di persone, mio marito incluso. La mia pseudo abbronzatura di un beige chiaro che farebbe inorridire mia madre, amante della tintarella, tradisce le mie origini mediterranee. Insomma ancora un po’ e mi trasformo in Calimero, non per mancanza di sapone, ma in confronto alla popolazione locale. In tanti anni non mi era mai sfiorata l’idea di poter essere considerata una persona scura, anzi per anni mi sono crucciata per il fatto di non abbronzarmi e di sembrare sempre una mozzarella. Qui invece ho subito una metamorfosi che non smette di sorprendermi. Ho scoperto di essere “etnica”!

Esploratrice

Paese che vai, usanze che trovi.

Parlavamo delle spiagge, cosa si fa in spiaggia nei dintorni di Victoria? Direi in primo luogo che il costume sia optional; si può stare completamente vestiti per evitare in primis il sole, in secondo luogo il freddo. Il sole rappresenta un acerrimo nemico per chi d’altro canto si ingozza di pasticche di vitamina D perhé i raggi solari sono temutissimi, quindi anche sulla sabbia maglietta e cappello stile Indiana Jones per i sudditi di sua maestà. Cosa si fa una volta giunti sul litorale? I più previdenti, soprattutto se con pargoli al seguito, montano una piccola tenda con tessuto antisolare. I fanciulli più grandicelli si avventurano nell’acqua, di solito in compagnia del padre ed acquisiscono toni bluastri quando riemergono completamente dal mare. Non che si tuffino, si limitano a mettere i piedi nell’acqua e tutt’al più giocano con qualche tronco galleggiante, sempre muniti di maglietta protettiva.

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“Be sun smart”, recitano i cartelli a fianco delle docce e dei servizi nelle spiagge più gettonate!

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Il mare se lo gode chi ha un’imbarcazione, anche solo una canoa o un “paddle surf”, una specie di surf senza vela sul quale stare in piedi e muoversi grazie ad un largo remo. Non so come sia stato tradotto in italiano e se sia stato importato dalle nostre parti, ma a me sembra troppo pericoloso, se si cade in acqua è finita.

Date le premesse non sono molti quelli che trascorrono le giornate estive in riva al mare. Ecco con questa bell’acqua cristallina mi butterei volentieri se non sapessi che l’organismo umano non è stato concepito per affrontare un tale shock. 

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Basta fare duecento metri per scoprire chi si sollazza in queste acque.

Tre foche

Proprio loro, le foche, sempre accompagnate da un nutrito stuolo di turisti, soprattutto giapponesi pronti ad immortalarne le prodezze.

 



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