Paese che vai, usanze che trovi. Fosse comuni in Libia, “belle tose” in Italia

Creato il 24 febbraio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Mai iniziato con premesse, però quando ci vuole...Abbiamo, nei confronti dei dittatori, una sorta di idiosincrasia congenita. Si chiamino essi Hitler o Stalin, Pinochet o Fidel Castro, Saddam o Mao, Mussolini o Francisco Franco il nostro atteggiamento nei loro confronti è stato sempre quello di un insano disprezzo. Lontani come siamo da ogni “simbologia ideologica” o mitizzazione umana, non ci siamo mai sognati di indossare t-shirt con facce, acronimi né tantomeno croci. Ni dieu, ni maître e questo valga per sempre. Il problema è che sentiamo puzza di dittatori anche a distanze ragguardevoli, per cui non ce ne vogliano i leghisti succubi, i pidiellini sudditi né i neobrigatisti visto che anche la dittatura del popolo ci crea problemi. Data la premessa continuiamo a parlare di Muammar e di Silvio perché sembra che ora il Nano² inizi ad avere qualche timore. Il fatto è che la Ue, gli Usa e perfino il segretario generale della Lega araba, Amr Mussa, gli hanno imposto senza mezzi toni, di prendere le distanze dal dittatore libico, cosa che Silvio si era ben guardato di fare per non “disturbare”i bombardamenti del suo pigmalione africano. Berlusconi “cuore d’oro” non se l’era sentita di abbandonare l’amico di tanti barbecue in tenda berbera alla deriva della condanna internazionale. Lui gli amici è abituato a trattarli con i guanti bianchi, si chiamino Marcello Dell’Utri o Cesare Previti, Flavio Carboni o Licio Gelli o Vittorio Mangano, Silvio non li lascerebbe mai soli salvo il caso in cui non gli si mettano di traverso perché allora li fa sputtanare. E stava accadendo anche con Gheddafi, senonché le maledette pressioni internazionali gli hanno imposto un lento cambiamento di fronte durato la bellezza di 48 ore. Pur non proferendo mai una parola di esplicita condanna nei confronti del campione nordafricano di Lotta Impari, Silvio si è schierato decisamente dalla parte di coloro che si augurano che in Libia “spiri il vento della democrazia”. Ma poi, parlando con un ministro, ha espresso tutte le sue preoccupazioni: “Dobbiamo stare attenti con Gheddafi, è un pazzo. Ci ha già sparato un missile una volta, non è che ce ne tira un altro contro?” Per un momento, il ricordo di quanto accaduto nel 1986 è tornato prepotentemente alla memoria del presidente del consiglio e, alla paura di un nuovo missile contro Lampedusa, si è unita quella per i 10mila italiani ancora presenti in Tripolitania ed in Cirenaica che equivarrebbero ai 10mila libici già sepolti nelle fosse comuni. Numeri da brivido che il Cojonello snocciola soddisfatto al riparo del suo bunker di Tripoli mentre i congiunti litigano per la spartizione del tesoro di famiglia. Cose d’Africa, si dirà. Cose da dittatori, si potrebbe dire. E cose da dittatori accadono anche da noi, solo che in Italia ad intervenire non sono i Mig ma i legali di Berlusconi ai quali è caduta un’altra tegola sulla testa. Qualcuno ricorderà che il processo Mills stava correndo in rischio di essere azzerato (e quindi di dover iniziare daccapo) perché nel frattempo uno dei giudici a latere, Francesca Vitale, era stata trasferita in Corte d’Appello. Orbene, il Csm ha stabilito che il magistrato può continuare a seguirlo, con buona pace di Ghedini che, anche per questioni di onorario, avrebbe preferito rigirare il film. Contemporaneamente, lo stop di Napolitano al decreto “milleproroghe” ha causato un vero e proprio putiferio nel governo che si troverà costretto a riproporre il testo modificato prima al senato e poi alla camera con tempi decisionali decisamente più lunghi. La fregatura è che questi rinvii costringeranno Gianni Alemanno a una cura intensiva di tranquillanti ai neo assessori in procinto di entrare in una giunta “allargata” proprio grazie a un comma del “milleproroghe”; parenti e affini dovranno attendere ancora un po’ prima di essere assunti per chiamata diretta. Ma quando parliamo di Silvio non possiamo essere sempre così duri e critici, a volte ci assale una comprensione quasi umana. Il presidente del consiglio è ormai universalmente conosciuto come uomo di spirito (nonostante racconti sempre le stesse barzellette), per cui anche in questi giorni di ansia per le sorti di un paese a due bracciate dal nostro, non dimentica di essere soprattutto un “piacione” e quindi non perde occasione per dimostrarsi galante, uomo di mondo e consapevolmente allupato. Stavolta è toccato di nuovo alla presidente di Confindustria. Dopo averle dato della “velina”, ieri, agli stati generali per Roma Capitale, Berlusconi ha definito Emma Marcegaglia “bella tusa” scatenando l’ilarità della platea. L’unica ad essere arrossita è stata proprio la presidente di Confindustria che non potendone può più delle avances di Silvio, ha sibilato un “manco morta” che ha lasciato di stucco Nicola Porro.

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