Paghi uno e prendi due

Creato il 02 luglio 2014 da Patuasia

La lettera di ringraziamento, scritta da uno della 3bite, è sintomatica non solo per gli strafalcioni, ma per i suoi contenuti che fanno il paio con la volgare deformazione della lingua italiana. Uno che si esprime così, e immaginiamo che i suoi soci non siano migliori, gestisce e ha gestito un sacco di soldi in nome della cultura. Paradossale vero? Eppure è la norma. Le centinaia di milioni di lire prima e di euro dopo spese durante gli anni delle vacche grasse non hanno creato una comunità dalla forte identità culturale. (Non intendo un’identità etnica sia chiaro, ma culturale che ha ben altro respiro.). Perché? La risposta è semplice. Perché gli investimenti non sono stati fatti per creare cultura/emancipazione/creatività/autonomia e relativa qualità della vita che non può prescindere dalla qualità del pensiero, ma per creare e rafforzare il consenso. Un consenso che si è assodato non sulla base dei buoni risultati ottenuti per il buon vivere di tutti, ma sull’elargizione di favori personali.

Nel piccolo questa interpretazione malavitosa della democrazia è molto più radicata in quanto i rapporti sono di prossimità. Difficile non aiutare un parente o un amico o un amico del parente o un parente di un amico… una catena che si crea quasi spontanea e che promuove l’ignoranza/inadeguatezza del politico di turno. Non si premia la capacità della persona, ma la disponibilità. Non è il progetto politico che interessa, ma il favore ricevuto e la protezione. Un interagire che somiglia molto a quello che guida i rapporti mafiosi, solo che qui i politici hanno preso il posto dei padrini. Paghi uno e prendi due. Politico e protettore. Essere amico di un assessore o di un presidente è sentirsi a posto. Non neghiamo che questo cancro nasce dalle viscere della nostra autonomia. Più le competenze diventano locali e più la proprietà/controllo su di esse si fa salda. Così come il bisogno di una copertura politico/mafiosa. Benessere senza sviluppo diceva Giuseppe De Rita. Oggi, lamenta Monica Pirovano presidente di Confindustria VdA, la Valle d’Aosta è carente di giovani imprenditori. Nel dualismo clientelare non c’è spazio per la progettualità. Siamo una comunità educata alla richiesta di contributi. Riproponiamo in loco il modello che vede i nostri rappresentanti questuare a Roma. La progettualità produce autonomia e quindi cultura, la richiesta servilismo che, al contrario, la cultura la uccide. E’ di servilismo che si è nutrita la nostra classe politica. E noi l’abbiamo pasciuta a dovere fino a oggi.


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