Eccoci giunti al nostro consueto appuntamento settimanale con la mia storia costruita su cinque parole datemi da una persona sconosciuta. In questo caso, una blogger che ha commentato una storia precedente. Le parole di oggi sono:
Speranza, Coraggio ,Cammino,Unici,Universo.
Il sabato pomeriggio è un giorno molto importante per me. Il mio amico Charles mi porta sempre qualcosa da mangiare per la mia mente offuscata dall’abitudine di queste quattro mura di sasso e tondini di ferro arrugginiti che fanno passare i raggi del sole a mo di griglia, formando un perfetto schema per un gioco che si fa disegnando X e O in una casella alla volta. Ci fa passare il tempo, ma alla fine finisco sempre per vedere gli occhi spenti del mio compagno di giochi e quindi mi costringo a mettermi da parte e rimanere fra i miei pensieri felici. Questo posto mi ricorda la mia terza casa, vicino all’università, quando ero uno studente e frequentavo ancora i caffè rivoluzionari e assistevo ai discorsi di Marat.
Sono le undici in punto e infatti Charles è arrivato come sempre con il suo carrello pieno di libri scampati per un nulla alla follia della gente la fuori. Non ho molto tempo per scegliere, i miei coinquilini più avanti richiedono velocità nel servizio e c’è poco da starci a prendere la mira. Ogni libro è buono per passare il tempo. Mi fiondai su un libro malridotto. Dava l’aria di essere uno di quei libri letti e riletti all’infinito. Le pagine erano crespe sull’angolo superiore a destra e ciò significava che al proprietario originario sudavano le mani. Dal livello di sgualcitura dell’orecchio della pagina pare essere stato davvero letto per centinaia di volte. Devo prenderlo assolutamente, anche se non è grandissimo. Sono troppo curioso, nonostante la presenza di aloni verdastri sulle pagine, decisi di tenerlo e come un bambino non vedo l’ora di leggere.
Parlo fra me e me ma vorrei tanto scrivere ma purtroppo, qui, non c’è nulla di tutto questo, perchè hanno sempre paura che una penna possa incidere, in tutti i sensi, fra la vita e la morte dei condomini.
Apro la prima pagina e trovo uno scarabocchio quasi illeggibile su di essa. Pare che ci sia scritto: “A te che non mi hai mai saputo amare”. Ancora prima di cominciare il libro mi trovo a fare da terzo incomodo.
Comincio la storia vera e propria e in poco tempo mi accorgo di non chiamarmi più Arthur, uomo malgiudicato da chi conta, amato, da li a poco, da Petite-Louise*, ma di essere diventato Sean Tished, diplomatico appartenente alle firme del Trattato di Versailles avvenuto circa 5 anni e mezzo fa.
Sono veramente sorpreso da tutto ciò. Quindi il libro in questione è un diario e non una storia! Ma perchè è così ridotto male se ha cosi pochi anni di vita? Devo continuare assolutamente a leggere.
Rientro in quel tunnel ovattato e fantastico che è il palazzo di Versailles. Lunghi corridoi, tappeti rossi, arazzi e quadri di ogni genere. Cammino con un passo spedito verso la porta dove mi aspettano altri diplomatici. Siamo vestiti uguali e abbiamo tutti un contratto in mano che da li a poco avremmo dovuto firmare.
“Con il permesso del Re, vi concedo l’onore e l’onere di essere miei rappresentati nelle Americhe. Affido a voi, servitori del regno, il compito di trovare il compromesso giusto per cessare la guerra nelle colonie. Tra poco avremo altri problemi di cui occuparci”.
Andando avanti tra le pagine mi ritrovai di botto, il giorno dopo, sul molo di una città della costa nord della Francia. Salpammo su un galeone recante sull’albero maestro la bandiera britannica, che faceva spavento per quanto era grande. La ciurma tendeva le corde delle vele maestre e cantava all’unisono le classiche canzoni marinare, peccato che, essendo dei british, avevano un accento insopportabile.
Si vede che questo Sean teneva molto al suo diario. Mai una riga tirata, mai una data non scritta.
Arrivammo a circa una settimana di viaggio, nel bel mezzo dell’oceano atlantico. C’è una parte di questo scritto che mette i brividi per quanto è veritiero e fantastico allo stesso tempo: “Il tramonto dipingeva leggiadre figure sulle vele del galeone, un albatros volteggiava sopra l’albero maestro e sembrava condurci lui nelle americhe, poco più a babordo, uno sfiato nell’acqua faceva ammirare la sagoma sfocata di una balena. Mi trovavo a prua, con la mia giacca blu abbottonata e il mio stivale tirato a lucido appoggiato su uno dei sessanta cannoni che ci avrebbero protetto da chiunque ci si fosse parato contro, alla faccia della missione di pace. Sono qui, mia cara Michelle, perchè penso a te, vedo il vento e immagino i tuoi capelli che vengono coccolati dalle mie dita, per poi baciarti senza pensieri e fare l’amore con te davanti a questo cielo incantevole che sa tanto di universo incompreso. E’ brutto pensare che fra me e te ci sono migliaia di chilometri di distanza adesso, ma voglio che tu sappia che nonostante tutto ti amo. So che non è facile vederti accanto a me, soprattutto in questo periodo dove chiunque sia accostato al Re è a rischio taglio della testa. Vorrei tanto che tu provassi perlomeno a lasciarti andare verso quello che dovrebbe e potrebbe essere un barlume di speranza e felicità, perchè se il cielo sopra la nostra Parigi sta cadendo a pezzi, noi potremmo comunque continuare a tenerci per mano e ballare, come se fosse l’ultima volta, davanti a tua madre che tiene sempre gli occhioni lucidi quando sa che siamo insieme. So che molto probabilmente non ci rivedremo più, ma scrivere queste righe e pensare che un giorno ti arriveranno mi fa stare bene ed è per questo che ti chiedo, stavolta ufficialmente, un ultimo ballo a Parigi. Solo poi deciderai cosa fare di noi. La decisione spetterà a te. Bisogna tirare fuori il coraggio tesoro mio perchè questa vita non ci sta regalando nulla, se non sangue acido e lacrime. Non ho più la forza di andare avanti da solo, mi sento parte di una nazione allo sbando, con un Re che non è all’altezza di quelli passati e l’unica cosa che mi trattiene dall’abbandonare Parigi per sempre sei tu. Non è tempo per i francesi, non è tempo per i rivoluzionari, non è tempo nemmeno per chi non ha il tempo stesso. Però potrebbe essere tempo per noi. Io non sarei qui, in mezzo a questo infinito mare, con una missione difficile da portare a termine in tasca, il tuo nome inciso sul cuore e la consapevolezza di tornare a Parigi quando già sarà tutto cambiato”.
Già. Alzo gli occhi dal libro perchè in contemporanea con l’enunciazione dell’ultima frase, una palla di cannone ha appena oltrepassato il muro dei coinquilini di fianco. Mi vedo dentro la mia piccola cella nella famosa Bastiglia e oggi, 14 luglio 1789, qualcosa sta cambiando. Vedo le guardie che stanno tentando di scappare, mentre io guardo fuori dalle feritoie arrugginite della finestra. C’è un vero e proprio esercito la fuori e non credo che uscirò mai vivo da qui. Poi. Ecco la luce infondo al tunnel. Charles!! Il mio amico Charles che ogni sabato, da tre anni a questa parte, mi ha portato un libro a settimana, ha appena preso le chiavi e sta per aprire le celle dei sopravvissuti. Arriva da me e con lo stesso sguardo complice di quando mi consigliava il libro migliore, aprì la porta scricchiolante della mia umile casa. Mi sta urlando di muovermi e che fuori è un inferno, nel vero senso della parola. Fuoco e fiamme dappertutto. Mi alzo e mi affretto ad uscire dalla Bastiglia, per fortuna i nemici del Re sono miei amici. Un galeotto rivoluzionario che ha messo a soqquadro il palazzo di giustizia diventa in automatico un leader e amico della rivoluzione stessa. Mi stanno portando via, mentre finiscono l’atroce lavoro di destrutturazione nella mia vecchia casa. Nell’aria, solo morte, sgomento e un briciolo di soddisfazione per il gesto che davvero ha cambiato Parigi.
Dopo circa due giorni dall’assalto mi trovo in un arsenale segreto dei rivoluzionari, sulla cassa di legno, adibito a palco per l’occasione, un tipo poco raccomandabile con la barba lunga, baffi da sparviero e tante belle parole terribilmente bianche. Non lo sto nemmeno ascoltando mentre scrivo queste parole, perchè non mi sento più Arthur. Non sono più quello di una volta. Non ho più la forza di tirare avanti tutto questo scempio. La Bastiglia mi ha cambiato, come cambia chiunque. Però posso fare ancora qualcosa per questa rivoluzione. Ho questo prezioso diario con dentro tutti i documenti di quest’uomo e con essi posso fare tanto. Da oggi sarò per sempre Sean, diplomatico del Re e mi schiererò dalla parte del popolo per sperare, forse un giorno, di far tornare la pace in questa Parigi inginocchiata dal sangue.
Ho capito l’importanza di questo diario, sul quale ho continuato a scrivere a nome di Sean perchè è davvero prezioso. Permetterà a tanti nobili di passare dalla nostra parte e chiudere i conti con questa rivoluzione. Il diario è passato da essere malconcio, senza nome, con una dedica ad una donna sconosciuta, e con le pagine verdastre corrose dal mare, ad essere simbolo di una nuova storia, con una dedica a Parigi nelle sue pagine di color smeraldo dei fondali oceanici.
Leggere una storia è bellissimo, arriviamo davvero ad essere qualcun’altro fino a che non si chiude il libro leggendo l’ultima riga. Scrivere la storia nel momento esatto nel quale essa accade è tutta un’altra faccenda. C’è speranza per tutti, il cammino per tornare ad essere giusti è lungo. Dobbiamo solo ricordarci che siamo unici in quanto uomini e ancor di più se pensiamo che siamo “uomini di Parigi”.
*Petite-Louise è uno dei tanti soprannomi della ghigliottina
Lucky
Ringrazio tutti quelli che come al solito mi leggono e mi commentano, do il benvenuto ai nuovi arrivati e vi invito nel mio gruppo di fb AFREEWORD dove potrete discutere con gli altri utenti e dirmi la vostra sulle mie storie, avendo a che fare direttamente con me. Inoltre durante la settimana vi chiederò delle caratteristiche della storia e sarete proprio VOI a decidere tramite un sondaggio la piega principale della storia. Potrete decidere le 5 parole e a rotazione, la location, il protagonista e tante altre caratteristiche.
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