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Paleocarsismo nel Veronese: primo riconoscimento internazionale

Creato il 23 giugno 2014 da Andrea Scatolini @SCINTILENA

…ebbene sì, con un pizzico d’orgoglio vogliamo condividere un primo risultato di rilievo internazionale. Lo vogliamo condividere perché consegue da una collaborazione vera e solida tra speleologi e scienziati, un fatto non isolato ma nemmeno tanto frequente. Parliamo ancora di paleocarsismo nel Veronese, di cui abbiamo già dato notizia attraverso Scintilena.

I nostri risultati sono in corso di pubblicazione sulla rivista Italian Journal of Geoscience (http://www.italianjournalofgeosciences.it), il bollettino ufficiale della Società Geologica Italiana e del Servizio Geologico d’Italia, rivista a diffusione internazionale e catalogata nelle banche dati scientifiche di riferimento a livello mondiale come il Journal Citation Reports (Thomson Reuters).

L’articolo, intitolato “New dating of paleokarst features at Torricelle hills (Verona, Italy) (Nuove datazioni dei fenomeni paleocarsici nelle colline Torricelle, Verona, Italia), è firmato da scienziati dell’Università di Verona, del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, dell’Agenzia Provinciale Protezione Ambiente della Provincia di Trento, ma soprattutto da speleologi della Unione Speleologica Veronese.

Attenti bene: gli speleologi non vengono semplicemente ringraziati per il loro contributo ma sono proprio tra gli Autori e firmano l’articolo come Unione Speleologica Veronese collaboration!

Questo è più che un riconoscimento del supporto tecnico/speleologico, è l’inclusione delle attività speleologiche in una ricerca scientifica di spessore internazionale. Senza gli speleologi, cioè, questo articolo non sarebbe mai comparso.

Di che si parla in questo articolo? Il dato più importante riguarda la datazione precisa dei fenomeni paleocarsici presenti nelle colline veronesi: grotte fossilizzate da riempimenti di paleosuoli di composizione prevalentemente limonitica (ocre). Fino a questo articolo, si riteneva che la formazione di queste cavità risalisse all’Oligocene superiore/ Miocene inferiore-medio, in concomitanza con una fase regressiva locale (ovvero, il sollevamento dell’area al di sopra del livello del mare ). Ma gli speleologi hanno raccolto con grande cura dati oggettivi che documentano un’origine ben più antica di circa 15-20 milioni di anni: riempimenti con fossili marini (prevalentemente foraminiferi, ma anche ossa sparse e una vertebra di delfino) riferibili al Priaboniano, il piano superiore dell’Eocene.

È stato piantato un paletto di riferimento ben saldo per la geologia del Nord Italia.

Ma i dati e le osservazioni non si fermano qui. Gli speleologi hanno aperto la porta che si apre su un terreno rigoglioso e ricchissimo di nuove informazioni. È il cambio di mentalità che ha fatto la differenza. I dati sono lì da circa 35 milioni di anni: aspettavano occhi nuovi e ben allenati per essere visti.

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