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Palmipedone #209 —Un post (troppo) lungo—

Creato il 04 aprile 2011 da Ilainwonderland

Però l’ho diviso in sezioni.

[Premessa:

La mia prolungata assenza non ha una spiegazione vera e propria.
È che io c’ho questo grande, grandissimo limite, sono monotasking, e lentissima per giunta, per cui la mia dedizione nel compiere attività che altri riuscirebbero persino a conciliare con il salto a corda è  esclusiva (nel senso che ne esclude altre) e totale. E duratura nel tempo e nello spazio. Se sono concentrata vivo in una vera e propria bolla e ciò mi permette di leggere e studiare anche in ambienti non troppo silenziosi, impedisce alle persone che mi circondano di ottenere delle risposte sensate a domande poste di sfuggita (la risposta standard  in automatico è non lo so) e, in un certo senso, rende le mie giornate poco produttive in termini di quantità. L’aver inserito delle “nuove” attività nella mia routine quotidiana ne ha scalzate delle altre, tra cui quella della scrittura che richiede un tempo molto superiore a quello che occorre semplicemente per pigiare i tasti (sì, i deliri che scrivo li penso pure, prima, e a lungo).]

La rabdomante di libri

In libreria c’ero entrata per comprare Dance Dance Dance, che è un libro di Haruki Murakami, lo stesso scrittore di quel Norwegian Wood che tanto mi era piaciuto: doveva essere un acquisto quasi a colpo sicuro per questo motivo (di lei mi fido). Epperò quando entro in una libreria succede sempre la stessa cosa, cioè che comincio a vagare alla ricerca del libro in questione (perché più la libreria è grande più è bella la caccia al tesoro), lo trovo, lo prendo, lo giro, leggo la quarta di copertina, prendo quello di fianco, leggo la quarta di copertina, se sono in compagnia chiedo
-  secondo te qual è meglio, questo o quest’altro?
-  secondo me questo
e allora prendo quell’altro oppure prendo direttamente quell’altro senza interpellare nessuno. Ero entrata per Dance Dance Dance e ho comprato Kafka sulla spiaggia, stesso autore, qualche pagina in più, guidata sostanzialmente dal caso o, per chi ci crede (io mica tanto), da vibrazioni emanate dal libro e definitivamente convinta dal fatto che uno dei protagonisti sia un vecchio che parla con i gatti, io pure parlo con i gatti. E li insulto.

Kafka sulla spiaggia

Kafka sulla spiaggia è un libro strano ai limiti dell’inquietante, popolato di personaggi usciti direttamente dai loghi delle bottiglie di Whisky o delle catene di fast food, un romanzo in cui piovono pesci e sanguisughe (e la notte prima di leggere della pioggia ittica avevo sognato una pioggia di uccelli morti e di polli arrosto esplosivi causata da bombe chimiche dell’URSS detonate nella stratosfera, la coincidenza mi ha fatto un po’ paura), in cui, e non ho capito se questa sia una caratteristica della letteratura giapponese in generale (perché l’ho notata anche in Norwegian Wood), il sesso è come leggerlo sulle istruzioni di montaggio di una cassettiera IKEA, diciamo una cassettiera disinibita, la donna è contemporaneamente colta musa ed escort, niente ha senso, però non riesci a smettere di leggere. Kafka sulla spiaggia è un libro allo stesso tempo bellissimo e orribile, bellissimo mentre lo leggi, orribile quando cerchi di trovargli un senso, bellissimo di nuovo quando smetti di pensarci, orribile quando trovi passaggi tipo

- Dica un po’, non vuole fare la cacca?
- In effetti ,ora che ci penso, sì, ne avrei giusto voglia.
- Allora vada, il gabinetto è lì.
- E lei, signor Hoshino, non deve andare?
- Io la farò dopo con calma, vada prima lei.
- Va bene, grazie, allora Nakata andrà per primo a fare la cacca.

Oppure ancora

Tornato in casa, mi asciugo con cura. Siedo sul letto e mi guardo il pene. Ha un aspetto sano e roseo. Il glande, che solo da poco esce completamente dal prepuzio, battuto dalla pioggia, fa ancora un po’ male.

(Esplorando il corpo umano / quante cose che impariamo)
Se non si considerano tali passaggi che tendo ad attribuire alle differenze socio-psico-fisico-culturali il libro è bellissimo perché è terribilmente senza senso come i miei sogni, è una specie di tana del bianconiglio in cui non si cade solo verso  il basso, ma anche verso destra, sinistra, e a volte verso l’alto (però lo devo ancora finire, mi riservo la possibilità di cambiare radicalmente idea).

Ancora sul Giappone

Siccome il libro non era abbastanza ho visto pure Norwegian Wood, il film, in giapponese con sottotitoli in inglese. E, come quasi sempre mi accade quando guardo la trasposizione cinematografica di un libro che ho letto (e mi è piaciuto), ho avuto come l’impressione che il film fosse una raccolta d’immagini suggestive per accompagnare il libro. Poco altro. E poi c’è sempre quel maledetto problema della donna un po’ musa un po’ escort che mi lascia perplessa, ma forse sono io. Voto 6.

Per il resto

È arrivata di colpo la primavera, forse è già qualcosa in più che primavera,
sono tornata a correre,
ho la stessa quantità di fiato del lupo de La spada nella roccia
e ho imparato a fare il nodo alle cravatte (le cravatte a pois possono essere indossate solo in presenza di tende a pois):

Palmipedone #209 —Un post (troppo) lungo—

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