Palmira tra storia e “narrazioni”

Creato il 24 maggio 2015 da Albertocapece

Temo che oggi vi scandalizzerò, ma non riesco ad allarmarmi più di tanto per i danni che il Daesh potrebbe infliggere ai reperti archeologici di Palmira. Intanto perché nutro forti sospetti riguardo a notizie sostanzialmente non controllate e provenienti da fonti ambigue, legate ai servizi occidentali e beccate più di una volta a diffondere notizie e video falsi. Poi perché in ogni caso si tratterebbe di lacrime di coccodrillo che scendono dopo Washington ha fatto di tutto per creare il caos in medioriente, caos che ha già causato danni incalcolabili al sito archeologico prima ancora che nascesse il Daesh  e che si facesse finta di volerlo fermare, visto che sono già stati distrutti il tempio di Baal, i colonnati del Decumano, il teatro e anche i Propilei a colpi di cannone e di missili, senza che nessuno si strappasse i capelli o che nemmeno lo si sapesse. In terzo luogo perché le pulsioni conservative dei reperti del passato sono un tratto tipico della cultura occidentale che risale al ‘700 quando la sensazione che il mondo stesse entrando in un’altra era produsse una certa sollecitudine alla salvaguardia archeologica. Prima di allora l’antico era costantemente saccheggiato ad uso moderno tanto che  la chiesa cattolica è stata una delle più grandi devastatrici delle testimonianze del passato al fine di costruire e abbellire le sue chiese. Mentre oggi la conservazione è condizionata al mercato e dunque ha perso ogni valore se non è economicamente vantaggiosa.

Detto questo non si può non provare un certo sgomento verso certe costanti geopolitiche della storia e come una di queste sia  proprio Palmira. La città, transito della vita della seta e della via delle Indie, è stata infatti al confine turbolento tra l’impero persiano – sasanide che si estendeva dal lago di Van in Turchia all’odierna Mumbai  e quello romano, al centro di frequenti perdite e riconquiste da ambedue le parti. E’ stata anche la capitale di una sorta di piccolo sottoimpero d’oriente fondato dalla regina Zenobia, comprendente la Cappadocia e l’Egitto, in una sorta di complicità e insieme di ribellione ai romani che ricorda in qualche modo le ambiguità del Daesh. Finita questa vicenda tutta svoltasi nella seconda metà del III° secolo con il ristabilimento della piena sovranità di Roma, la città divenne un campo fortificato e praticamente cessò di avere qualche importanza che non fosse puramente militare fino alla conquista araba che ne decretò la fine definitiva. Un piccolo centro è in effetti rinato solo a seguito degli scavi archeologici cominciati dopo l’epoca napoleonica.

Ma in realtà l’eredità di Palmira non consiste tanto negli edifici superstiti, quanto nell’enorme e decisiva influenza che essa ha avuto nel determinare le forme di potere nel medioevo europeo. Lo scontro tra  il tardo impero romano e quello Sasanide porto infatti  in occidente un’ invenzione orientale, ossia quella della staffa. Prima di allora i cavalieri avevano il vantaggio della mobilità e della massa del cavallo, ma non erano quasi mai decisivi in battaglia perché non avevano alcun appoggio per sferrare colpi con la spada o con la stessa lancia ed erano di gran lunga inferiori alla fanteria. Con la staffa la situazione si ribaltò, permettendo al cavaliere di conservare potenza e di ricorrere in maniera più agevole alla corazzatura: la cavalleria divenne così per molti secoli l’arma invincibile. Un dominio che terminò, volendo proprio fornire date ufficiali, nell’ottobre 1415 ad Azincourt quando l’arco inglese, maneggiabile per la sua estensione e per la forza necessaria a tenderlo, solo da un corpo specializzato di arcieri, si dimostrò superiore alla cavalleria (vedi nota). Di lì a poco le armi da fuoco posero definitivamente termine a un dominio che è all’origine della nascita dell’Europa feudale, dove appunto il cavaliere, quasi sempre feudatario e proprio per questo economicamente  in grado di “armare” uno o più cavalli , legato da un patto di fedeltà al potere reale, diventa il nucleo dell’assetto sociale.

Strano che Palmira ritorni alle cronache ora che siamo di fronte a un nuovo medioevo che proprio in quelle terre comincia a far sentire i suoi effetti devastanti. O più che strano è quello che ci meritiamo.

* nota  Ad Azincourt gli arcieri inglesi, in grado di colpire e traforare corazze anche a duecento metri, sbaragliarono la cavalleria francese determinando per la prima volta da molti secoli la vittoria decisiva di truppe appiedate e, come dire, di origine popolare, su corpi formati in gran parte dalla nobilità al servizio del re.  Le conseguenze anche sociali di questo evento militare furono enormi e ciò giustifica anche lo stupore e lo sgomento dei cronisti del tempo. L’arco inglese, lungo circa due metri, rendeva impossibile per gli arcieri avere capelli lunghi come nel costume di quei tempi per evitare che essi si impigliassero nella corda. Di qui l’uso di tenere i capelli cortissimi  da cui è poi derivata questa consuetudine tipicamente militare.   


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