Detto questo non si può non provare un certo sgomento verso certe costanti geopolitiche della storia e come una di queste sia proprio Palmira. La città, transito della vita della seta e della via delle Indie, è stata infatti al confine turbolento tra l’impero persiano – sasanide che si estendeva dal lago di Van in Turchia all’odierna Mumbai e quello romano, al centro di frequenti perdite e riconquiste da ambedue le parti. E’ stata anche la capitale di una sorta di piccolo sottoimpero d’oriente fondato dalla regina Zenobia, comprendente la Cappadocia e l’Egitto, in una sorta di complicità e insieme di ribellione ai romani che ricorda in qualche modo le ambiguità del Daesh. Finita questa vicenda tutta svoltasi nella seconda metà del III° secolo con il ristabilimento della piena sovranità di Roma, la città divenne un campo fortificato e praticamente cessò di avere qualche importanza che non fosse puramente militare fino alla conquista araba che ne decretò la fine definitiva. Un piccolo centro è in effetti rinato solo a seguito degli scavi archeologici cominciati dopo l’epoca napoleonica.
Ma in realtà l’eredità di Palmira non consiste tanto negli edifici superstiti, quanto nell’enorme e decisiva influenza che essa ha avuto nel determinare le forme di potere nel medioevo europeo. Lo scontro tra il tardo impero romano e quello Sasanide porto infatti in occidente un’ invenzione orientale, ossia quella della staffa. Prima di allora i cavalieri avevano il vantaggio della mobilità e della massa del cavallo, ma non erano quasi mai decisivi in battaglia perché non avevano alcun appoggio per sferrare colpi con la spada o con la stessa lancia ed erano di gran lunga inferiori alla fanteria. Con la staffa la situazione si ribaltò, permettendo al cavaliere di conservare potenza e di ricorrere in maniera più agevole alla corazzatura: la cavalleria divenne così per molti secoli l’arma invincibile. Un dominio che terminò, volendo proprio fornire date ufficiali, nell’ottobre 1415 ad Azincourt quando l’arco inglese, maneggiabile per la sua estensione e per la forza necessaria a tenderlo, solo da un corpo specializzato di arcieri, si dimostrò superiore alla cavalleria (vedi nota). Di lì a poco le armi da fuoco posero definitivamente termine a un dominio che è all’origine della nascita dell’Europa feudale, dove appunto il cavaliere, quasi sempre feudatario e proprio per questo economicamente in grado di “armare” uno o più cavalli , legato da un patto di fedeltà al potere reale, diventa il nucleo dell’assetto sociale.
Strano che Palmira ritorni alle cronache ora che siamo di fronte a un nuovo medioevo che proprio in quelle terre comincia a far sentire i suoi effetti devastanti. O più che strano è quello che ci meritiamo.
* nota Ad Azincourt gli arcieri inglesi, in grado di colpire e traforare corazze anche a duecento metri, sbaragliarono la cavalleria francese determinando per la prima volta da molti secoli la vittoria decisiva di truppe appiedate e, come dire, di origine popolare, su corpi formati in gran parte dalla nobilità al servizio del re. Le conseguenze anche sociali di questo evento militare furono enormi e ciò giustifica anche lo stupore e lo sgomento dei cronisti del tempo. L’arco inglese, lungo circa due metri, rendeva impossibile per gli arcieri avere capelli lunghi come nel costume di quei tempi per evitare che essi si impigliassero nella corda. Di qui l’uso di tenere i capelli cortissimi da cui è poi derivata questa consuetudine tipicamente militare.