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Pancho e le bandurrie

Creato il 17 giugno 2011 da Faustotazzi
Pancho e le bandurrie
Parte I
Patagonia here we comes: il volo Isla de PasquaSantiago era in perfetto orario, non ci controllarono nemmeno i passaporti (forse perchè non avevamo con noi gli animali) e di gran carriera ci infilammo sul volo del pomeriggio per Puerto Montt, la porta per la Patagonia cilena.
I mezzi che noleggiammo per la tappa patagonica della nostra Grande Tournèe Sudamericana furono i meno cari possibile: una flottiglia aziendale di Renault Clio Sedan blu e un camion Dodge che aveva un gran bisogno di farsi una passeggiata in dima. Comunque nessuno - cammello, elefante o essere vagamente umano - ritenne necessario lamentarsi presso il sindacato dei lavoratori circensi. L’Hostal Pacifico era chiaramente di livello medio basso anche per l’unità di misura patagonica cilena e probabilmente venne scelto scelto per lo stesso motivo.
Puerto Montt: un misto tra il Parco Nazionale dello Stelvio, il Far West e un porto peschereccio. Catapecchie di legno, tanto verde e palafitte. Montammo il tendone e facemmo scarsi affari ad Angelmò,  un malfamato sobborgo di barchini, sgabuzzini e piccoli ristoranti dove anche se stavi attento comunque riuscivano a fregarti lo stesso. Ci rifilarono ripetutamente Caldillo de Congrio, una zuppa di pesce con un gran pezzo di anguillone che Mangiafuoco trovò molto saporito. 'Muy sabroso' gli faceva eco ironicamente Buffalo Bill calcando sulla erre mentre io lo lasciavo nel piatto. La zuppa comunque era calda e onesta ed eravamo tutti molto felici di essere arrivati laggiù, al sud.
Da Puerto Montt salpammo per Chiloè, la Isla Grande. Terra di spiaggie e fiordi, di miti e tradizioni, patria di Don Francisco Coloane che raccontò al mondo di Terre del Fuoco e Capi Horn, di conquistatori dell'Antartico e tante altre belle favole delle fredde terre perdute là in fondo al Cile meridionale.
Il comandante prese la banchina piuttosto allegramente, in effetti avevo già notato come il suo traghetto fosse pieno di bozzi, si vede che laggiù usava così. A Chiloè tutte le case erano di legno o di lamiera, la gente era povera e viveva di pesca e allevamento. Nel 1960 un terremoto gli aveva tirato giù tutto, molti di loro scapparono in mare per mettersi in salvo sulle barche e fu così che vennero travolti da onde anomale che distrussero la costa e resero al mare una ventina di metri di litorale.
Ci facemmo parecchi chilometri di sterrato - uomini, donne e animali - per arrivare alla Pinguinera Puñihuil, una riserva finanziata da una fondazione tedesca per salvare pinguini, leoni marini e altri animali antartici. I nostri elefanti ne furono particolarmente colpiti e anche il cammello, per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, era chiaramente entusiasta: era una spiaggia enorme e bellissima, dritta sull’oceano e praticamente deserta. Da una baracca ci venne incontro la controfigura del sergente Garcia ma senza baffi e con una berretta di Chiloè in testa. Lo chiamavano Pancho e non poteva avere altro nome. Buffalo Bill si fece coraggio: “Desculpe... esta todo cerrado”? e Pancho "Pescadores siempre abiertos”. Dopo una rapida contrattazione con il maestro Canello che, alzando ad arte la voce per farsi ben sentire da tutti, affermò con finta nonchalance "Oggi offro io" Pancho ci caricò tutti a turno sulle spalle - elefanti e orchestrali compresi - e ci piazzò nella sua barca per un giro della riserva. Gli ammaestratori trovarono i leoni di mare adorabili, i pinguini erano pochi e delusero un po' i pagliacci che li pensavano più simpatici. Quando alla fine Pancho chiese gentilmente di saldare i diecimila pesos convenuti il Maestro Canello si rivolse al suo primo violino o gli disse più  o meno "Fai tu, Puccettone, che poi ci mettiamo a posto" poi senza attendere risposta si allontanò con la contorsionista.
Pancho e le bandurrie
Parte II
Castro era la capitale dell'isola, un paesino piuttosto piccolo e molto caratteristico con le case sulla costa costruite su palafitte dove con l'alta marea approdavano le barche. Al bar Ano Luz, dove il bancone era una barca e la tarte tatin molto buona, girammo un breve video promozionale con la videocamera di Culobasso in cui ognuno salutava e invitava la popolazione locale a venire a diertirsi al circo. Mentro la ripredevo osservavo la contorsionista: aveva una grande bocca e i suoi occhi marroni erano bellissimi quando sorrideva. 
I paesini della costa si raggiungevano con un traghettino ancora più piccolo e scassato di quello tra Puerto Montt e Chiloè. Tenemmo uno spettacolo pomeridiano sull'Isla Quinchao dove c'erano solo due paesi: Curaco de Vélez e Chacao. A Curaco de Vélez non c'era in giro anima viva quindi ce ne andammo subito, a Chacao invece ci esibimmo nel parcheggio del porticciolo per i contadini che erano scesi in paese nel giorno di mercato. Facemmo tappa anche a Chonchi dove con la bassa marea in porto le barche rimanevano in secca e i pescatori ne approfittavano per dare una pulita agli scafi. Due leoni marini giocavano sottocosta attirati da una chiatta che stava caricando delle casse di salmoni. Erano bellissimi (i leoni marini, non i salmoni).
In quei giorni cenavamo da Octavio Palafitos, proprio di fronte all’hotel, con del buon Curanto de Mariscos. Il curanto era un po' il piatto nazionale Cileno, a Santiago aveva altri ingredienti, all’isola di Pasqua era cotto in modo diverso ma in generale era sempre un gran-misto-di-un-po'-di-tutto cucinato ogni volta come gli pareva. Gli unici punti fermi consistevano in un abbondante assortimento di cose all’incirca commestibili e il fatto di mangiarselo preferibilmente in compagnia. Quello di Chiloè era una impepata di cozze con tante conchiglie diverse che solo il Bravo Presentatore poteva ricordarsene tutti i nomi poi sul fondo un pezzo di pollo bollito, del maiale affumicato e delle pagnottelle di farina di patate. Descritto così potrebbe sembrare una schifezza ma tutto il Circo Paradiso vi può garantire che, pagnottelle a parte, era gustosissimo.
L'Hostal Unicorno Azul a Castro era una costruzione di legno rosa con la sala della televisione, delle belle camere (peraltro anche riscaldate) e un meraviglioso grande cedro sul quale ogni sera si venivano a posavano per dormire un gran numero di quelle che nel crepuscolo potevano sembrare delle anitre selvatiche. Tutti noi del circo adoriamo gli animali e lo interpretammo come un segno della buona sorte che finalmente ci mandava il cielo. Così andammo tutti a letto felici per tutte quelle belle giornate dopo le tensioni dell'Isola di Pasqua.
Pancho e le bandurrie
Parte III
Sapete cos’è la bandurria? E’ una specie di ibis, un uccello con la testa gialla che al buio può sembrare un anitra selvatica ma che in realtà non lo è. Segni particolari: dorme in branchi di svariate centinaia sui cedri di fianco agli hotel unicorno azul e si sveglia alle quattro di mattina iniziando a chiamarsi reciprocamente. Il verso è un quack molesto ed effettivamente molto simile quello delle anatre.
Il giorno dopo, alle 4 eravamo già svegli.

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