Quando a fine settembre ho visto che la vincitrice dell'MTC sulla Pasqualina era Eleonora, sono stata strafelice non solo per lei, ma anche, egoisticamente, per me. ^_^
Che l'MTC si sia trasformato pian piano da mero contest a una scuola di cucina è palese a chiunque dia un'occhiata alle sfide dell'ultimo anno; che a questo appuntamento irrinunciabile si parlasse finalmente ebraico, è una cosa che mi ha per l'appunto reso felice, visto che sono curiosa da sempre di questa cultura millenaria di cui la cucina è una delle tante espressioni. Io in Israele sono stata 2 volte e avrei dovuto tornarci una terza volta due anni fa, ma un problema di salute me l’ha impedito. E’ un Paese bellissimo, ricco di storia e di tradizioni; è anche un Paese profondamente lacerato, dove convivono le comunità arabe ed ebraiche, non sempre pacificamente; dove i ragazzini in spalla portano non lo zaino come i nostri, ma il mitra. Nessun Popolo è mai stato così pervicacemente perseguitato nel corso dei secoli, ma nessun Popolo ha mai dimostrato una unità più grande e più ostinata. L’ha espressa tramite tanti aspetti, questa unità: medesimi riti legati al cibo, al modo di prepararlo, di cucinarlo e di mangiarlo. Medesimi riti legati allo svolgersi della vita quotidiana, come le abluzioni prima dei pasti o le preghiere che scandiscono la giornata. Ed è alla capacità di questo Popolo di risollevarsi sempre e comunque che va il mio omaggio, la mia stima e la mia preghiera.PANE DOLCE DELLO SHABBAT AI FRUTTI ROSSI E ACQUA DI ROSE Una premessa è d'obbligo: questo pane Ebraico NON E' una Challah. Della Challah ha solo l'impasto di base, ma mentre la prima non è farcita, viene benedetta al venerdì sera ed è ricchissima di simbologia, questo pane dolce è una treccia farcita e basta. :-) per questa prima versione ho scelto 3 frutti rossi, uniti dal fil rouge dell'acqua di rose in cui li ho messi a bagno per farli rinvenire e con cui ho preparato uno sciroppo da spennellare al termine della cottura sul pane. Per esaltare ogni frutto ho preferito metterne uno in ciascun capo della treccia, anziché mischiarli. Il lampone infatti ha il gusto più forte e rischiava di coprire tutti gli altri. Semi di papavero, croccantissimi ma dal sapore neutro completano il pane; purtroppo ho "dimenticato" le mie trecce in forno e sono arrivata 10 minuti dopo il termine della cottura, quando ormai si erano... abbronzate. Le propongo ugualmente perché sono risultate buone, ma a voi raccomando di attenervi ai tempi di cottura indicati da Eleonora! Per una treccia ripiena (ricetta dell'impasto di Burro & Miele): 250 g di farina 0 Manitoba 1 uovo medio
10 g di lievito di birra fresco
65 ml di acqua appena tiepida (30 °C)
60 ml di olio extra vergine d'oliva
5 g di sale
80 g di goji disidratati 100 g di cranberry al naturale 100 g di lamponi disidratati 200 ml di acqua di rose per uso alimentare 300 ml circa di acqua zucchero quanto ne richiede lo sciroppo (vedi sotto)
un tuorlo d'uovo
un cucchiaio di acqua
semi di papavero
Prima di tutto e importantissimo, setacciare la farina. Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida insieme a un cucchiaino di zucchero e far riposare una decina di minuti fino a far formare una schiuma. Mischiare la farina, il sale e lo zucchero e versarci il lievito e cominciare ad impastare, versare poi l'olio e per ultimo l'uovo, fino all'incorporazione. Lavorare fino a che l'impasto si stacchi perfettamente dalla ciotola, lasciandola pulita. Lasciar lievitare per almeno due ore. Scaldare circa 300 ml di acqua (non deve essere bollente, ma tiepida) e suddividerla in 3 ciotole. Aggiungervi l'acqua di rose suddividendola in parti più o meno uguali e mettere a rinvenire in quest'acqua profumata le 3 varietà di frutta secca, una per ciotola. Il liquido deve coprire a filo i frutti, se fosse insufficiente aggiungere altra acqua. Dopo mezz'ora circa scolare i frutti separatamente raccogliendo il liquido rimasto in un'unica brocca misuratrice (io li ho fatti scolare per 10 minuti ciascuno) e rimettere ogni varietà di frutta nella sua ciotola. Misurare il liquido rimasto dalla sgocciolatura dei frutti, versarlo in un pentolino e unirvi metà peso di zucchero (io ho raccolto 150 ml di liquido, cui ho aggiunto 75 g di zucchero). Portare a ebollizione e fare addensare bene lo sciroppo. Sgonfiare l'impasto e tagliarlo in tre parti uguali, formare dei salsicciotti e stenderli su un piano infarinato in 3 strisce lunghe circa 35 cm e larghe 15. Questa operazione è molto delicata e va fatta in più tempi, per evitare di strappare le maglie di glutine e di compromettere quindi la seconda lievitazione. Stendere quindi ogni salsicciotto in una striscia, e non appena l'impasto tende a tornare indietro metterla da parte. Infarinare nuovamente il piano di lavoro, stendere la seconda striscia, poi la terza. Far riposare per 5-10 minuti, poi riprendere la prima striscia, stendendola e fermandosi appena torna indietro e così via, fino a raggiungere lunghezza e larghezza desiderati. Disporre su tutta la lunghezza di ogni striscia una varietà di frutti rossi mettendoli al centro e lasciando scoperti circa 3 cm per lato, per poterle chiudere in salsicciotti. Unire i salsicciotti da un capo e intrecciare. Adagiare la treccia su una placca da forno unta di olio (io ho usato un tappetino di silicone adagiato direttamente sulla griglia del forno). Lasciare lievitare ancora due ore (anche meno, dipende dalla reattività del lievito. Dopo un'ora fare la prova-polpastrello: premere delicatamente un capo della treccia e osservare la fossetta: se rimane giù si può cuocere, se tende a salire su lasciarla lievitare ancora). Sbattere il tuorlo d'uovo con un cucchiaio di acqua e spennellarlo sulla superficie; spolverare di semi di papavero.Infornare in forno già caldo e STATICO a 200°C per circa 15-20 minuti (e non eccedere... per non avere le trecce "abbronzate" come le mie!!! ^^). Far raffreddare 15 minuti, poi spennellare con lo sciroppo alle rose preparato in precedenza. Attendere che si raffreddi del tutto e servire. Due parole sulle bacche di goji: il mondo occidentale è letteralmente impazzito quando è uscito uno studio secondo cui le larve della frutta che vivono su queste piante e si nutrono esclusivamente di queste bacche, hanno una vita lunghissima (3 volte tanto quella di una larva normale) e sono molto vitali. Nessuno però sembra essersi soffermato sulla semplice considerazione che le larve si nutrono solo ed esclusivamente di goji, mentre noi siamo onnivori e dopo una giornata a goji saremmo pronti a divorare un cavallo. Insomma, come tutte le cose di questo mondo il goji fa bene se assunto in quantità limitate. Ha delle controindicazioni (ad esempio ne è sconsigliata l'assunzione per chi prende il Warfarin) e non bisogna quindi eccedere con il suo consumo (ho letto da qualche parte, ma adesso non trovo il link, che la dose massima al giorno è di 30 g). Tutto ciò premesso... il goji è buonissimo!!! :-) Io l'ho acquistato da Noberasco, in Via Spadari, 15 a Milano.