Pansa però per spiegarsi ricorda gli anni 70 quando non si sapeva che cosa stava per succedere e le prove saltavano fuori dopo le uccisioni. Anche allora,scrive, la Cgil tardò a dare l’allarme. E per dar prova di ciò cita un articolo di Giorgio Amendola: “L’errore iniziale compiuto dal sindacato è stato quello di non denunciare immediatamente il primo atto di violenza teppistica compiuto in fabbrica, come quello compiuto nelle scuole”.
L’Italia di oggi, secondo tale teoria, sarebbe insomma come quella di 40 anni fa. Solo che allora, ricordiamo, c’era un movimento di lotta sindacale massiccio, che passava di conquista in conquista. Secondo molti bisognava fermarlo, a tutti i costi. Mentre altri cercavano di infilarlo nella lotta armata (agevolando il compito dei soffocatori).
Oggi c’è una situazione opposta. La discussione non è sulla riduzione di orario, sul diritto d’assemblea, sulla salute in fabbrica, su nuovi poteri a chi lavora. Oggi è sui diritti e sui licenziamenti, su come aumentare l’età pensionabile, su come far fronte al precariato, su come impedire l’estinzione produttiva, su come far fronte a una crisi economica colossale. Vediamo grandi manifestazioni popolari promosse in gran parte dalla Cgil (giovani, donne, pensionati) ma non constatiamo nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, l’instaurarsi di un clima di violenza. Solo la recente manifestazione di giovani a Roma ha registrato episodi teppistici, accanto a cortei sereni e appassionati.
Spesso nelle fabbriche sembra intravedere, anzi, un silenzio di tomba, un clima di attesa, di solitudine, di paura. Può sfociare in disperazione, in sfiducia, in atti eversivi? Sarebbe meglio impedirlo trovando soluzioni ai problemi del mondo del lavoro invece che cercare di tacitare chi vuol discutere accusandolo di fare il gioco del presunto terrorista. Un errore, come ha affermato anche uno come Pietro Ichino, lo studioso che il governo vorrebbe annoverare tra i propri sostenitori, prendendo dalle sue proposte il capitolo flessibilità in uscita senza l’accompagnamento di tutto il resto. Anche perché questo “resto” costa parecchio e ogni giorno si registra il peso di un’economia che crolla trascinandoci tutti. Mentre Sacconi è distratto e agita spauracchi terroristici.