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James Bond 007. Dal 1953, anno di uscita di Casinò Royale al 2012 (che festeggia il cinquantenario cinematografico con Skyfall) sono trascorsi sessanta anni. Bond spregiudicato, disperato, ironico, violento,deciso a tutto pur di sopravvivere e portare a termine la sua missione. Ha avuto molti volti in Tv, al cinema, nei fumetti. Ognuno ormai se lo vede come vuole a seconda, credo, del periodo e del medium popolare con cui l’ha conosciuto. Non è più soltanto Connery e forse è giusto così. Nei 14 volumi (12 romanzi e due raccolte di racconti) scritti da Fleming, Bond non è Connery. Forse non lo è negli innumerevoli apocrifi dei quali, sinceramente salvo solo quelli di Raymond Benson e Il colonnello Sun scritto da Robert Markham che era poi Kinsley Amis, forse veramente l’unico in grado di proseguire la saga. Ma Bond era già mito. Il cinema ne ha diffuso la leggenda, distrocendola. Il Bond di Craig, quello degli ultimi film, è molto più simile all’eroe originale anche se... sono effettivamente trascorsi 60 anni. Fleming veniva da una famiglia agiata ,aveva sicuramente qualche rivincita morale da prendersi sul padre e sul fratello sia sotto il profilo ‘avventuroso’ che di scrittore. Nei servizi segreti c’era stato davvero ma era un pianificatore così brillante che non lo lasciarono mai entrare i nazione. Ma era un bon vivant, un uomo che amava la vita, i suoi piaceri, le donne e tutto quel mondo glamour di cui circondò il suo eroe. Era un uomo che aveva sempre presente lo spettro della morte. Scrisse storie semplici, a volte piccoli capolavori a volte vicende meno riuscite. Sempre ben scritte, sempre misurate. Non aveva bisogno di tomi interminabili, andava dritto al punto. Straordinariamente secco per la sua epoca. Mescolava avvenimenti reali, suggestioni prese dalla sua vita, fantasie di un eterosessuale con il gusto dell’avventura per confezionare storie ‘improbabili ma non impossibili’. Ha creato un mito cui tutti gli autori che raccontano storie di spionaggio avventuroso devono qualcosa e con il quale sono chiamati a confrontarsi. Un po’ come face il suo amico Chandler con Marlowe che è diventato l’archetipo dei detective privati. I romanzi di Fleming erano politici? Più di quanto lo siano stati i film. Fleming si considerava un patriota. Nell’intelligence aveva lavorato durante la guerra ma viveva in pieno la crisi tra comunismo e capitalismo. Prevaleva però sempre la sfida tra l’impiegato dello stato ( a volte riottoso come quando decide di non uccidere un cecchino nemico solo perché è una donna), a volte pieno di dubbi (sin dal primo episodio si rende conto di quanto sia difficile distinguere il bene dal male) e il nemico ‘ straordinario’.
Le Chiffre non è solo un agente sovietico, Golfinger è un moderno re Mida, Scaramanga è davvero l’Uomo dalla Pistola d’Oro. La loro affiliazione politica non conta più di quella del Dr. No alle Triadi(che ha tradito) di Emilio Largo alla Spectre. Alla fine il vero nemico di Bond è Blofeld, super criminale ma, in qualche modo, anche super capitalista. L’uomo ricco come Drax, che si è fatto dal nulla, ama le donne e il lusso proprio come Bond ma che, negli affari, ha avuto successo. È lui stesso una sorta di super capitalista contro cui Bond, uomo della strada, educato per benevolenza di parenti benestanti, nei buoni collegi ma nell’animo un blue collar che non esita a sedurre cameriere e dedicarsi a sport virili e popolari come il judo e il pugilato. Bond ha fortuna nella mente del pubblico per questo. È un aristocratico nei modi ma nel cuore resta un uomo del popolo. a distruggere l’impero finanziario del nemico, a rubargli la donna, prova sempre un certo gusto. Non arriviamo all’estremo dell’esproprio proletario ma quasi ci siamo. Bond, alla fine, come tutti gli eroi è un uomo solo. E attraverso le sue avventure, le ferite e le sconfitte ancor più che le vittorie, definisce ciò che l’uomo della strada vuol sapere. Cosa significa essere uomini. Oggi come cinquant’anni fa. Con o senza licenza di uccidere.
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