Di Michela Elettra Salvatore Paola era una donna, una mamma, una bracciante, una di quelle lavoratrici che, tutte le notti, alle 3, escono di casa, salgono su un pulmino per arrivare, più tardi, in un vigneto. Ma non in un vigneto qualunque, bensì in uno di quelli tipici di queste zone, uno di quelli in cui le piante, i filari sono coperti da grossi tendoni plastificati che servono a proteggere l’uva da eventuali grandinate e ad assicurare la giusta maturazione del frutto. E così, quando fuori la temperatura arriva a 40 gradi, lì sotto raddoppia, rendendo il lavoro di quelle povere donne quasi impossibile.
E quelle donne, allora, portano quotidianamente con sé, oltre alla colazione e al pranzo, che vengono fatti consumare in maniera veloce e sommaria, anche dei grossi contenitori d’acqua. Da bere? Vi chiederete voi. Non solo. Serve soprattutto a bagnarsi. Sì, a bagnare i propri abiti e i copricapi per tenere bassa la temperatura corporea. Quelle donne non lavorano mai con abiti leggeri o scollati. Portano pantaloni, camicie con maniche lunghe e, in testa, fazzoletti legati a mo’ di turbante. “Più vesti leggero – raccontano – più avverti il caldo e l’umidità”. Non so se davvero sia così, ma di loro ci si può, ci si deve fidare.
E le avete viste le loro mani? Gran parte di queste donne ha le mani piene di segni, cicatrici causate da operazioni chirurgiche. Già, perché quel lavoro porta inevitabilmente all’infiammazione dei tendini e ad un tremendo dolore.
Ma cosa fanno queste donne, qual è, in concreto, il loro compito? Dipende dal periodo dell’anno. C’è il periodo della potatura, il periodo in cui si legano i rami giovani, quello in cui si sfronda e il periodo, appena passato, detto dell’ “acinellatura”, che consiste nel togliere gli acini troppo piccoli per permettere a quelli più grossi di crescere e diventare succulenti.
L’uva in questione, ovviamente, è quella da tavola: l’uva Italia, la Regina, quella che, in questi giorni, abbiamo sulle nostre tavole e che svogliatamente mangiamo.
Saranno lautamente ricompensate, immaginerete voi. Purtroppo non è così. Nella maggior parte dei casi, queste donne ricevono la metà del compenso loro spettante e, in alcuni casi, anche in nero. Lavorano dall’alba al tramonto per pochi euro, hanno poco tempo per mangiare, poco per parlare, poco per fermarsi, poco per lagnarsi, nessuno per stancarsi, ma talmente tanta necessità e urgenza di lavorare da accettare tutto, anche il rischio di morire.
Come Paola.

Foto di Michela Elettra Salvatore
Inviato il 08 agosto a 18:44
non si possono sentire nè accettare simili disgrazie causate da sfruttamento degli umani da umani