Paolo D’Amato
Esordio folgorante con Tempo
di Iannozzi Giuseppe
Mercoledì 19.10.2011, alle ore 22,00 circa, su ‘TV Capital’ di ‘Tele A’ (sul canale 941 di Sky oppure sul canale 119 del digitale terrestre), Paolo D’Amato sarà intervistato da Virginia Foderaro insieme allo scrittore romano Mauro Simeone.
Gli attori Patrizia Santamaria e Gianni Federico interpreteranno alcuni brani e le note del sax di Matteo Agostini faranno da sottofondo.
Folgorante esordio quello di Paolo D’Amato che con il romanzo breve Tempo, Cicorivolta edizioni, consegna ai lettori/alla società gli ultimi trent’anni di storia italiana condensati in meno di cento pagine. Scrittura adamantina quella di Paolo D’Amato, che non si perde in inutili preziosismi linguistici o involuti barocchismi, adottando uno stile diretto vicino a quello del miglior Gianrico Carofiglio e Carlo Lucarelli.
Tempo, romanzo breve o racconto lungo, si divide in due tempi, che per velocità d’azione e precisione spazio-temporale, potremmo definire cinematografici. Durante il primo tempo, nel 1975, su una sponda il Movimento Sociale Italiano, agitato e in vena di dare la caccia ai comunisti con ogni mezzo, sull’altra i compagni e proprio nel mezzo due giovani infiltrati, Napoleone Senape e Graziano Lipari, che dovranno cercare di frenare l’onda d’urto di uno scontro già scritto nella storia. Movimenti studenteschi, occupazioni delle scuole pubbliche, idealismo anarchico stampato e distribuito in strada, e purtroppo anche le Brigate Rosse con la loro inesorabile ascesa tra sangue e terrore, che per Napoleone e Graziano culmina con l’omicidio del Giudice Giannotti, il 30 novembre 1975. Il terrorismo ha ormai inaugurato una nuova èra e Napoleone e Graziano, i due giovani poliziotti, dovranno combatterlo, come possono con la giustizia e le leggi che hanno a disposizione, nonché con il loro idealismo. Gli anni passano, le leggi si corrompono, la giustizia scricchiola e anche l’idealismo giovanile si smorza per lasciare spazio alle necessità personali: Senape e
Lipari sono uomini con problemi e famiglie che non possono ignorare e che devono difendere. Imborghesiti, costretti loro malgrado ad accettare dei compromessi, sono però ancora insieme alle soglie del Duemila, che li sbatte proprio davanti al (loro) passato, con gli stessi personaggi d’allora. Ma nel 1999 le Brigate Rosse, che in verità non si sono mai estinte, tornano alla ribalta in maniera prepotente: la loro firma è una catena di sanguinosi delitti, le cui radici sono sepolte sotto 24 anni di apparente silenzio. Con il nuovo millennio alle porte, il Secondo Tempo mostra la crudeltà della realtà, che forse soltanto la violenza di ieri è per sempre, nel presente e nel futuro.Tempo è un’analisi precisa, senza abbellimenti idealistici, che partendo dal 1975 arriva alle soglie del Duemila, mettendo in evidenza che forse, che forse non è poi cambiato molto in ventiquattro anni; che i rancori di ieri sono quelli di oggi; che la malvagia stupidità dello squadrismo è immutabile tanto a Destra quanto a Sinistra, impossibile da eliminare, un cancro le cui metastasi si possono solo eliminare una per volta ma con una quasi rassegnata consapevolezza che in breve si riformeranno; e non da ultimo, che gli ideali di giustizia, non importa se tu sia un compagno, un anarchico o un poliziotto, fanno presto a lasciarsi fiaccare dal vento, implacabile contro i castelli di sabbia. Eppure per chi nel giusto sopravvive, se non i castelli nella loro interezza, almeno la forma che non è molto ma sicuramente qualcosa più di niente per non arrendersi al terrorismo e alla stanchezza di sé stessi, dei meccanismi della giustizia.
Tempo di Paolo D’Amato è un romanzo esemplare che riesce a far luce là dove Nelle mani giuste di Giancarlo De Cataldo ha fallito.
Paolo D’Amato è nato a Salerno nel 1965, città dove vive e lavora come bancario.
Si è laureato in giurisprudenza già da impiegato e avendo conseguito l’abilitazione alla professione potrebbe fare l’avvocato. Un suo racconto breve e alcune poesie sono state pubblicate sulla rivista letteraria Inchiostro.
TEMPO – Paolo D’Amato – collana temalibero -.Cicorivolta edizioni – 1a. ed. 2008 – ISBN 978-88- 95106-15-1 – pp. 92 – € 9,00
ordina la tua copia direttamente dall’editore
da “TEMPO”
(6)
Stava distribuendo l’ultima copia di Tempo Anarchico, da lei diretto, tra i compagni che avevano occupato la Facoltà di Magistero di piazza Trento e Trieste.
Lina Tempo, diciassette anni, agguerrita compagna dalle mille frustrazioni.
Punto di riferimento, nonostante l’età, per tutti i compagni del gruppo Spartaco, soprattutto per i più giovani e per tutte le donne.
Più volte la polizia si è interessata a lei – e questo l’ha riempita di orgoglio – sospettando contatti con la sinistra eversiva, quella già sfociata nella lotta armata e che sta insanguinando le grandi città.
Ma sinora non è emerso nulla di rilevante a suo carico.
Ha preso qualche calcio in culo dalla polizia, qualche altro durante gli scontri con i fascisti e un paio di volte le hanno sequestrato le copie del giornale.
Ma nulla di più.
Il giornale, Tempo Anarchico, la sua creatura.
E’ orgogliosa di esserne fondatrice e direttrice a soli diciassette anni!
A questo pensa mentre distribuisce le copie ai compagni sdraiati lungo i corridoi della facoltà.
E’ notte.
Molti dormono, altri sono chiusi nelle aule…
Ma Lina lì non entra.
Quando trova la porta chiusa infila la copia del giornale da sotto.
Questo numero è uno dei meglio riusciti.
L’hanno aiutata i compagni del gruppo Spartaco, certo, ma le idee sugli argomenti da affrontare partono quasi sempre da lei.
Ciccio e Mandingo sono quelli che l’aiutano di più, poi c’è una folla di ragazzini ansiosi di mettersi in mostra.
Ma al di sopra di tutti c’è Mimmo Strada, Micione, 28 anni, il capo indiscusso del gruppo Spartaco.
Ma anche il leader della sinistra cittadina.
I suoi contatti sono nelle scuole, nelle fabbriche, nei sindacati, ha conosciuto compagni oggi in latitanza, pare sia stato amico di Pasquale Ferrosi, inafferrabile brigatista, sospettato di essere l’ideatore nonché uno degli esecutori dell’omicidio del giudice Posta, avvenuto due anni fa a Torino.
Brigate Rosse, Lotta Continua, Autonomia Operaia… e poi Francia, Unione Sovietica, Medio Oriente…
I suoi contatti sono dovunque.
Mandingo e Ciccio sono compagni, fratelli di lotta, Micione possiede un carisma unico.
E’ un intellettuale, un teorico della rivoluzione.
Ma ciò che lo rende intrigante è che non disdegna nemmeno di partecipare in maniera pratica alla lotta.
Attacca i manifesti per strada, parla con tutti, giovani e anziani.
Non è uno con la testa tra le nuvole, uno di quelli che – Lina ne ha conosciuti e disprezzati tanti – quando si tratta di menare la mani se ne escono con la tipica ‘condanna della violenza in ogni sua forma…’.
Stronzi borghesi!
La rivoluzione senza violenza, che puttanata!
Se non fosse un sentimento borghese Lina potrebbe quasi sospettare di essere innamorata di Micione!
Ma quando ci pensa si arrabbia subito con se stessa: non tanto per la debolezza che ha avuto in quel momento ma piuttosto per il rammarico di essere – ne è consapevole – totalmente priva di quella grazia, anzi di quella femminilità tipica delle donne, anche di quelle di sinistra…
(7)
A un tratto questi pensieri sono scossi dal frantumarsi di alcuni vetri.
I fascisti!
O una rissa tra compagni?
Dov’è Mimmo…
Poi il fumo, tanto fumo.
Lacrimogeni!
Cazzo, la polizia fa irruzione!
Lina corre e grida per i corridoi del primo e del secondo piano.
- Sveglia! Scendete tutti a piano terra! La polizia! Non bisogna farli entrare! Mantenete la posizione compagni! Avvisate Mimmo! Ciccio! Arturo!…
E’ eccitata, in cuor suo sperava che accadesse qualcosa.
Gli sbirri sono troppi, si aprono un varco tra le barricate, subito incendiate dai compagni, e irrompono nella scuola.
Manganellate, calci, sirene di ambulanze, manette, pugni, cellulari della polizia, camera di sicurezza.
Per lei, minorenne, solo una segnalazione e una telefonata a casa, l’ennesima!
E l’immancabile scarica di calci in culo e schiaffi.
Per i suoi compagni una denuncia a piede libero, qualche pestaggio… tutto nella norma!
E’ andata benissimo.
Tre giorni di occupazione, la facoltà distrutta.
I giornali ne parleranno, anche quelli nazionali.
Ed è stata lei a proporre ai compagni quell’azione!
Ormai è ascoltata, rispettata.
La compagna Lina…
(8)
Un riflesso sui vetri attira la sua attenzione.
Si volta.
Scorge due figure armate di pistola alle sue spalle.
Il volto coperto da passamontagna.
La chiave non è ancora entrata completamente nella serratura del portone.
Non fa nemmeno in tempo a proteggersi con la valigia, colma di documenti processuali.
Un primo colpo gli esplode nel torace, procurandogli un bruciore intenso.
Fa in tempo a vedere altre due figure che si avvicinano.
Sono di spalle.
Un altro colpo.
Un dolore forte al braccio.
Poi ancora alla gamba.
Poi di nuovo al petto.
Ora è a terra, sente gridare qualcosa.
Ma non capisce.
Osserva i lampioni per strada, illudendosi che possano in qualche modo aiutarlo.
Sua moglie, suo figlio, i suoi genitori…
Come glielo diranno…
Ha sbagliato…
E’ capitato anche a lui…
Avrebbe dovuto prevederlo…
E’ stato superficiale…
E ostinato…
Il respiro è corto.
Non avverte le braccia e le gambe.
Domani c’è udienza…
I colleghi…
Il presidente…
Il figlio, la scuola, la pagella…
Il dolore si affievolisce.
Come i suoi sensi.
Dio mio… pietà di me…
Sono le diciotto e cinquanta del trenta novembre del Settantacinque.
Il giudice Nicola Giannotti è stato appena assassinato, davanti al portone di casa.
Non ci sono testimoni oculari: il condominio nel quale abitava, benché centrale, è abbastanza isolato.
A dare l’allarme è stata la stessa moglie del magistrato, dopo aver udito i colpi d’arma da fuoco ed essere scesa a controllare, già animata da un dubbio nefasto.
Quattro o cinque colpi, come confermano alcuni vicini.
(9)
Da quando il commissario Ruiz è stato colpito da un brutto male, i suoi più stretti collaboratori, Napoleone Senape e Graziano Lipari, ne ricoprono a tutti gli effetti le funzioni.
Non è stato ufficializzato alcun incarico, il loro capo non è stato ancora formalmente messo a riposo: semplicemente i più esperti poliziotti dell’ufficio politico della questura hanno deciso di sobbarcarsi oneri e responsabilità connessi allo svolgimento delle mansioni del loro diretto superiore, nonché maestro e amico.
Nessuno, ovviamente, ha trovato da ridire in questura, sia perché è noto il vincolo di amicizia che lega i tre uomini, sia perché fa piacere a tutti che qualcuno si sobbarchi le rogne altrui senza pretendere alcunché in contropartita.
Quando squilla il telefono di Ruiz, Napoleone Senape è seduto alla sua scrivania e il collega Lipari gli è accanto.
- Sono il giudice Massara da Roma. Mi ha dato il suo nome un comune amico, il commissario Randazzo. La chiamo in merito all’omicidio Giannotti.
- Mi dica, signor giudice.
- Conosco la situazione. Sono al corrente del lavoro che sta facendo insieme al suo collega, Lipari… Ho anche già conferito con il questore di laggiù… E’ d’accordo che informi direttamente voi sugli sviluppi della vicenda…
- Ha qualche novità?
- Molte, in effetti. Innanzi tutto una informativa dei Servizi in cui si esprimono perplessità sulla matrice brigatista dell’attentato. Poi c’è la conferma di alcuni rapporti da parte di personale infiltrato. E infine, si regga forte, è stato fatto trovare poco fa un comunicato delle Brigate Rosse in merito all’omicidio Giannotti!
- Un comunicato? Ma non ne sapevamo niente…
- Già. Abbiamo fatto il possibile per tenere la notizia al sicuro dalla stampa. Anche se non so per quanto ancora ci riusciremo. Del resto, il fattore sorpresa è importante…
- Mi tiene sulle spine, dottore.
- Le bierre, in un ciclostilato sulla cui autenticità i nostri esperti hanno già dato parere positivo, hanno preso le distanze dall’omicidio Giannotti e – leggo testualmente – ‘… pur non entrando nel merito dell’opportunità, dal punto di vista della strategia rivoluzionaria, dell’azione compiuta in danno di un servo del sistema, non possiamo tollerare che la paternità di una qualsiasi azione venga ricondotta al partito armato, senza essere stata da esso autorizzata né tanto meno concordata…’. Questo è quanto. Naturalmente le invierò copia di tutto…
- E’ sconvolgente! E’ la prima volta che le bierre si esprimono in questo modo…
- Sconvolgente questo? E allora quello che viene dopo?
- C’è dell’altro?
- Non nel comunicato, ovviamente. Ma abbiamo fondato motivo di ritenere che i vertici delle bierre abbiano fatto in modo – senza metterlo nero su bianco – di farci conoscere i nomi delle persone coinvolte nell’omicidio!
- Cosa?!? Sta scherzando, vero?
- I nostri esperti ritengono che abbiano voluto lanciare un messaggio non troppo esplicito, ma utile a chiarire che ogni azione politica militare deve passare tramite loro e che nessuno può fregiarsi del loro nome senza autorizzazione!
- E quindi?
- E quindi io ho qui una rosa di nomi… un elenco passato per le mani di un professore universitario, poi di un giornalista, poi di un politico…
- Chi sono, perdio?
- Si calmi, Senape. La prudenza è d’obbligo. Potrebbe anche essere un tranello. Io per telefono non le comunico nulla. E nemmeno per telescrivente. Sta per partire da Roma un maresciallo dei Carabinieri, mio fidatissimo collaboratore, che consegnerà il plico direttamente in mano sua o del dottor Lipari. Tra circa due ore e mezza dovrebbe già esserne in possesso. Me ne darà subito conferma telefonica…
- Senz’altro, dottore, ma intanto…
- Intanto il mio consiglio è di predisporre un’azione di arresto, senza però sollevare troppa polvere. Di questi tempi la stampa è sempre in allerta… Cominci a informare il magistrato incaricato delle indagini e limiti il più possibile il numero di persone a cui riferire di questa nostra telefonata!
- Senz’altro, dottore, la ringrazio…
- Aspetti. Nell’informativa troverà quattro o cinque nomi di probabili esecutori e quello di un fiancheggiatore e basista. Valuti lei come muoversi. Non debbo certo insegnarle il mestiere…
- Grazie di tutto, dottor Massara.
- Un’ultima cosa, Senape. Il ministro, e quindi il governo, vogliono che questa azione vada a buon fine perché potrebbe essere ancora più pericoloso avere a che fare con bande di ragazzi che, in tutta Italia, decidono di armarsi ed emulare il terrorismo organizzato. La situazione diventerebbe ancora più critica e incontrollabile. Ma proprio questa potrebbe essere la strategia di chi, anche all’interno delle istituzioni, vuole creare caos e panico…
- Capisco.
- Le sto dicendo di guardarsi le spalle, Senape…
- Staremo attenti, dottor Massara, non dubiti!
- In bocca al lupo, Senape. Anzi, in bocca al terrorista…