Paolo Lagazzi: LA SESTA VOCALE SEI QUADRI E UN REBUS. Non appena ho visto La sesta vocale, il magico film cortometraggio progettato da Plinio Perilli, diretto da Iolanda La Carrubba, interpretato da Nina Maroccolo (e, in una sequenza, da Fabio Morici)*, mi sono chiesto: dove vibra questa lettera che gli alfabeti non registrano? Forse tra il terzo occhio, la quarta dimensione, il quinto Vangelo e il Settimo Sigillo? Inaspettatamente i miei pensieri hanno preso un’altra direzione. Quando ero piccolo adoravo i rebus. Mentre la mamma sfogliava la Settimana Enigmistica soffermandosi soprattutto sui cruciverba, io, seduto al suo fianco, la pregavo di sostare su quegli intarsi di figure e di lettere che, prima ancora di giochi da risolvere, mi sembravano composizioni fantastiche, sogni bizzarri, alchimie visionarie.
La sesta vocale, fotogramma dal film cortometraggio
Essendo solo un bambino non potevo certo sapere quanto prossimo fosse lo “spirito” di quegli enigmi a quello di tante invenzioni cruciali della modernità. In modo candido, attraverso figure che mi parevano concepite da maghi un po’ pazzi, stavo cominciando ad avventurarmi in quella trafila di invenzioni ermetiche, paradossali e arcane, in quel gusto di rimescolare l’alfabeto del mondo, in quella passione di scomporre e ricomporre i segni, in quell’abissale ironia di accostare tra loro le cose più incongrue per ricavarne un senso “altro” da cui un tempo erano fiorite le Wunderkammern, che ha nutrito l’Alice di Carroll e che nel Novecento ha generato il surrealismo, il realismo magico e la pittura metafisica. >>
Il fascino straniante dei rebus, la loro portata onirica (non ha forse detto Lacan “Rebus, je communique par toi”?) arrivò a sedurmi a un punto tale che, già verso i sette anni, cominciai a inventarne e disegnarne alcuni sottoponendoli poi a mio fratello e ai miei genitori. Ne ricordo in particolare uno: due volti umani ritratti di profilo si fissavano negli occhi; su quello di destra era tracciata una semplice S; la soluzione consisteva in due parole di cinque e di nove lettere. Per chi ama questo genere di giochi non sarà difficile capire: la soluzione era “volto sconvolto” (“volto S con volto”).
La sesta vocale, fotogramma dal film cortometraggio
Tutto ciò mi è tornato in mente osservando proprio La sesta vocale. Perché? Per due motivi. In primo luogo per il fatto che anche in questo breve ma intensissimo film un volto (quello di Nina) si confronta con un altro volto femminile che gli sta idealmente di fronte, racchiuso in un quadro, per riprenderne e rilanciarne il senso. Questa operazione, a suo modo sconvolgente, di moltiplicazione speculare, di rifrazione o di “gemmazione” si ripete prendendo le mosse da sei capolavori pittorici della modernità i cui autori sono, nell’ordine, Munch, Klimt, Matisse, Chagall, Modigliani e Picasso. Ogni volta il gioco di riverbero, la ripresa e lo spostamento del quadro in gesti allusivi e pregnanti, in atteggiamenti tra la recita e la danza, in posizioni e movimenti non solo del viso, della bocca e degli occhi ma anche del corpo, delle mani, dei piedi e delle vesti, assume caratteristiche diverse: i ritratti si fanno tableaux vivants, i destini sigillati nelle opere tornano a fluire, dalla pittura si riaprono al mondo con il pathos, con l’urgenza della vita. Ma questo non è tutto. Ogni volta mi sembra che tra il viso del dipinto e quello palpitante nella densa e misteriosa verità, nella sofferta, ieratica e creaturale bellezza di Nina ciò che balena e traluce, invisibile eppure riconoscibile come il segno di un’unione e di una distanza, sia la stessa S che avevo collocato nel mio rebus.
La sesta vocale, fotogramma dal film cortometraggio
Torniamo per un momento alla “linea della bellezza” teorizzata nel Settecento da Willliam Hogarth, la famosa linea serpentina. Fatta a S, questa linea ci ricorda che ogni vera bellezza nasce da uno spostamento, da un contrappunto: non c’è bellezza nella fissità ma solo nella flessibilità, nel gioco plastico, nella forza ondosa delle curve e controcurve. Anche il modo in cui Nina riprende i volti dei quadri riflettendoli nel suo è innervato dalla flessibilità delle espressioni e dei sentimenti, dal gusto sinuoso, rischioso e trascinante di giocare a rimpiattino con i modelli, di corteggiarli e di separarsene, di ripeterli e di rilanciarli con la sola fedeltà possibile nel campo della creazione, quella della libertà, della passione, della mimica che crea e ricrea, della fluida e cangiante rêverie. Il più grande esploratore novecentesco dell’universo della rêverie, Gaston Bachelard, ha scritto: “Les tableaux sont des recits”. Nina, Iolanda e Plinio, facendo proprie queste parole, hanno tradotto alcuni indimenticabili quadri in scene che sono veri e propri racconti. Attingendo a testi di Schnitzler e Strindberg, di Marie Noël, dell’Achmatova, della Cvetaeva e di Juana de Ibarbourou, vibrando delle note corrusche e ipnotiche di Gianni Maroccolo, questi racconti palpitano di quella bellezza che è metamorfosi, che attraversa la luce e l’amore, il dolore e il mistero per navigare verso la “sesta vocale”, musica del silenzio, lingua dell’inaudito, traccia bruciante dell’altrove, rebus senza soluzioni possibili.
Paolo Lagazzi
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*LA SESTA VOCALE (La maiuscola A dell’Amore)
(Sei donne, sei quadri celebri all’alba dell’arte moderna: sei volte in cerca del sentimento o colore “primario” fra muse, tavolozze e alchimie del Verbo…)
TRAILER: vedi LINK (Youtube)
progetto letterario e direzione artistica Plinio Perilli
musiche originali Gianni (Marok) Maroccolo
con per la prima volta sullo schermo Nina Maroccolo
e la partecipazione straordinaria di Fabio Morìci
regia e montaggio Iolanda La Carrubba
foto di scena Amedeo Morrone
missaggio audio Diego e Andrea Pettinelli
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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia Paolo Lagazzi per il testo LA SESTA VOCALE, SEI QUADRI E UN REBUS e l’apertura della pagina POETIC ART dedicata alla poesia. Si ringrazia Viviana Lagazzi per il logo “Poetic Art”.
Paolo Lagazzi
Paolo Lagazzi, saggista e scrittore. Si è occupato di letteratura, buddhismo, magia, musica, cinema e pittura. Collabora a riviste e case editrici italiane e straniere. Ha pubblicato libri di saggistica, fiabe e racconti. Ha curato antologie di poesia giapponese e, per i “Meridiani” Mondadori, le opere di Attilio Bertolucci, Pietro Citati e Maria Luisa Spaziani.
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