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Paolo Lagazzi: THEODOR HERZL Feuilletons – Archinto editore – recensione

Creato il 18 maggio 2013 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo
Paolo Lagazzi - THEODOR HERZL Feuilletons - Archinto editore - recensione

Paolo Lagazzi – THEODOR HERZL Feuilletons – Archinto editore – recensione

Paolo Lagazzi: THEODOR HERZL Feuilletons Archinto editore - Quando era giovane, Theodor Herzl (Pest, 2 maggio 1860 - Edlach, 3 luglio 1904) possedeva, come qualcuno ha scritto, “tutte le buone e meno buone qualità che vengono attribuite agli ebrei moderni”: un’indubbia patina di snobismo e un’anima generosa, una tendenza alla vanità e l’energia delle grandi passioni, dei sogni di giustizia, delle chimere sociali. Il desiderio di successo lo indusse presto a cimentarsi in esperienze fallimentari: le sue opere teatrali, nate per portare in scena non personaggi “veri” ma concetti, riflessioni o battaglie ideologiche, caddero miseramente una dopo l’altra. Eppure la mente prensile e lo spirito febbrile lo spingevano verso sempre nuovi orizzonti. Colui che, grazie al saggio “Lo Stato degli Ebrei” (1896) e al romanzo “Vecchia nuova terra” (1902), sarebbe passato alla storia come il profeta del Sionismo, non era solo un appassionato studioso della “questione ebraica”. Il complesso, variegato panorama della società e della cultura europea di fine Ottocento gli sembrava degno d’essere analizzato, raccontato e commentato con la più strenua attenzione, perché egli intuiva con un’urgenza quasi lancinante che nel grembo di quella complessità covavano semi che, coltivati nel modo giusto, avrebbero potuto produrre alberi di grande bellezza, mentre, lasciati a una crescita casuale, avrebbero forse generato rovi, spine, terre desolate, caos.  >  

Guidato dalla passione dei romanzieri e insieme da quella dei riformatori sociali (benché le sue idee non lo portassero affatto a schierarsi sul fronte dei rivoluzionari estremi), Theodor Herzl cominciò dunque a pubblicare articoli svarianti fra la narrazione e il saggio, il reportage e l’aneddoto, il disegno dal vero e il tocco fantastico, ritraendo la vita contemporanea in una serie di flash, inquadrature in movimento, prospettive multiple dell’intelligenza e del sentimento. Forse proprio per sottolineare quanto si sentisse legato, in questa attività, ai romanzieri (da Balzac a Dumas, da Dickens a Sue) capaci di parlare a un vasto pubblico coi loro testi a puntate, chiamava i propri articoli “feuilletons”. (Un’ottima scelta ne è ora offerta da Giuseppe Farese nelle eleganti edizioni Archinto.)

Theodor Herzl

Theodor Herzl

Già nel 1891 la sua fama di “feuilletonista” si era tanto diffusa da ottenergli da parte della “Neue Freie Presse”, il più prestigioso giornale viennese dell’epoca, la nomina di corrispondente da Parigi. Da quell’osservatorio il suo sguardo avrebbe spaziato in modo sempre più ampio sulle forme dell’esperienza. Nulla era indegno di essere raccolto, soppesato e proposto ai lettori: perfino un concorso di bellezza per bambini dai due mesi ai tre anni poteva diventare, al tocco di questo impareggiabile voyeur, una particolarissima occasione per parlare dei rapporti tra genitori e figli nell’ambito della piccola borghesia, del malthusianesimo e del calo demografico, ma anche del “miracolo della creazione” e della forza purificatrice della gravidanza nella natura intima delle donne. Le prospettive mentali di Theodor Herzl cambiavano senza tregua: ora egli abbandonava Parigi raggiungendo Londra ed evocandone le brume pullulanti di umana miseria, intristite dalle note delle pianole; ora raccontava un’escursione sui Pirenei o un’immersione nell’ebbrezza dei colori di Costantinopoli; ora ripiegava sui propri spazi privati abbandonandosi, accanto a un caminetto acceso, a delle fantasticherie che avrebbero emozionato Gaston Bachelard: “Il camino dà forse meno calore che svago… C’è qualcosa di semplice, di selvaggio, di primitivo in questo fuoco. Esso ricorda la giovinezza dell’umanità…”.

Così il lato sognante, tenero, effusivo del carattere di Herzl poteva portarlo a un intenso lirismo. Soprattutto parlando dei suoi tre figli uno stupore profondo si liberava in lui di fronte alle magie dell’infanzia, tanto da indurlo a scrivere che i bambini “sono i nostri maestri”. Ma, rispetto a queste isole beate (per quanto mai immuni da crepe sottili, da controcanti d’ansia o d’ombra), le vicende del popolo (i poveri, i disoccupati sfilanti nei cortei con i loro cartelli, gli operai boccheggianti nelle officine o persi nei loro miseri momenti di svago) erano un richiamo ineludibile, un insieme di voci, rumori, gesti, destini con cui era proprio impossibile non fare i conti. Rigettandosi nel mondo, Herzl evocava le piaghe del capitalismo selvaggio (gli ubriachi, le prostitute, gli “uomini sandwich”, le casalinghe costrette a tirare fino allo stremo sui prezzi nel mercato delle erbe a Brünn) in controluce ai potenti produttori di tessuti, ai ricchi in crociera, agli adepti del “dining”, il rito dei pranzi di lusso… Le diverse classi sociali s’incontravano e scontravano, si sfioravano e si eludevano di continuo tra ignoranze ed errori, falsi idoli, desideri e angosce. Solo questo, forse, era certo: che la felicità “è qualcosa di immaginario”: una sirena, un miraggio, un orizzonte in perpetua fuga…

Theodor Herzl

Theodor Herzl

Mentre leggiamo queste pagine, diverse impressioni si incrociano in noi. Herzl non ha mai l’ambizione di fornirci un quadro esatto della realtà: procede per scorci, rallenta o accelera il ritmo delle sue parole per farci sentire la “musica” della vita, per suscitare il palpito schietto delle cose e delle creature. A tratti nella sua scrittura avvertiamo qualcosa di vagamente Biedermeier: dei timbri flautati e  un po’ leziosi, un tocco di sentimentalismo, una tendenza a stringere la complessità in luoghi comuni. Eppure un pathos vero innerva questo stile, quel pathos che è concesso solo agli spiriti (come Robert Walser) sospesi e fluttuanti tra malinconia e grazia, fra atmosfere crepuscolari e una limpidezza fiamminga della visione. Malgrado la componente melanconica della sua anima, Theodor Herzl (proprio come Walser) conosce anche i contrappunti dell’ironia, dello humour e del gioco. Ma una forza ancora più profonda vibra nei suoi scritti: il sentimento ebraico per eccellenza, la speranza. Nonostante il dolore e le illusioni, la vita merita di essere vissuta: la speranza può fiorire dovunque, perché anche le cose più umili custodiscono scintille di fuoco, di incanto e di luce, perché anche dalle realtà minime sgorgano i sogni, e nei sogni è custodito il respiro leggerissimo dell’altrove. Così, commentando il libro di Maeterlinck sulle api, Herzl osserva con parole che potremmo considerare un’epigrafe ideale per i suoi “feuilletons”: “Da una piccola arnia intrecciata anche i pensieri possono sciamare lontano, lontano…”.

Paolo Lagazzi

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Theodor Herzl, “Feuilletons”, Archinto editore – Collana: LE MONGOLFIERE -  pag.336, euro 25. ISBN: 77686138 - vedi LINK al sito di Archinto edizioni per l’acquisto on line

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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia Paolo Lagazzi per il testo sul libro THEODOR HERZL Feuilletons – Archinto editore e la pagina / rubrica on line POETIC ART dedicata alla poesia.

Paolo Lagazzi, saggista e scrittore. Si è occupato di letteratura, buddhismo, magia, musica, cinema e pittura. Collabora a riviste e case editrici italiane e straniere. Ha pubblicato libri di saggistica, fiabe e racconti. Ha curato antologie di poesia giapponese e, per i “Meridiani” Mondadori, le opere di Attilio Bertolucci, Pietro Citati e Maria Luisa Spaziani.

Consigliamo inoltre lettura della pagina Wikipedia dedicata a Paolo Lagazzi: > LINK

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