Foto Ufficio Stampa Teatro Manzoni
Il sipario del Teatro Manzoni di Milano, dal 9 all’11 Gennaio, si apre e lascia intravedere una sedia, al centro, per lui: riccio, brizzolato, spettinato, camice bianco e….occhio nero.
Chi è? L’avrete indubbiamente intuito, amici lettori. E’ Paolo Migone.
Il comico di Zelig, noto al grande pubblico da anni e vincitore, nel 2012, del Delfino D’Oro alla carriera come miglior cabarettista dell’anno ritorna in scena, dopo Milano con un piccolo tour, con il suo nuovo spettacolo “Italiani!”. Un titolo-esortazione che suona quasi come una sveglia e che, in linea con lo stile del comico livornese, traccia un percorso narrativo che racconta virtù, eccessi, manie, abitudini vizi e cattiverie di noi italiani, dalla cronaca ai luoghi comuni, dalla politica alla vita di coppia e al rapporto con i figli.
Durante l’intervista con FlipMagazine, Migone ci svela, con il suo inconfondibile fare comico, come è nato il suo spettacolo.
“Da anni mi sono specializzato in tematiche che disegnano ironicamente il rapporto uomo-donna. Per scrivere, invece, questo spettacolo mi sono ispirato a mio figlio quindicenne e all’idea di futuro che questa nostra Italia riserverà a lui e a tanti altri giovani. Attraverso la mia ironia, in realtà, porto in scena un dispiacere, un malessere e preoccupazioni di padre, alternando momenti comici a attimi in cui mi incazzo davvero!”.
Nel corso della chiacchierata Migone prosegue: “Come comico mi sento di appartenere alla scuola di Pozzetto o di Villaggio (per citare solo i più noti). Un comico “di cervello” quindi: cerco idee, mi ispiro a momenti di vita quotidiana e ad aspetti che mi infastidiscono, li sviluppo e li rivisito secondo la mia chiave ironica.”
Un one-man-show che coinvolge il proprio pubblico sviscerando anche componenti sociologiche della società contemporanea.
“Dopo aver iniziato la mia carriera affiancato sul palcoscenico da Carlo Neri, collega e amico – abbiamo persino lo stesso tatuaggio! – non sono più riuscito a trovare un’altra persona che si avvicinasse al taglio della mia comicità. Anche nei miei laboratori rivolti ai giovani, faccio fatica a trovare nel fare comicità mente, creatività e idee nuove.”
Il suo modo di far ridere, invece, è una sorta di “alterazione genetica”, come lui stesso la definisce che (si spera!) esorta gli animi del pubblico a riflettere criticamente e con intelligenza ma, con il sorriso, sempre.
Eleonora Dafne Arnese