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Paolo Ruffini e le sue gaffe al David di Donatello

Creato il 13 giugno 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Sta facendo molto discutere la conduzione del David di Donatello da parte del comico, attore e regista Paolo Ruffini. Affiancato – normalmente sarei contraria a definire un uomo affiancato da una donna nella conduzione, ma qui tant’è – dall’attrice Anna Foglietta, sul palco assolutamente inconsistente.

Ma talvolta essere inconsistenti è l’unica reazione possibile, sopratutto di fronte ad un male che non si riesce ad affrontare, come la volgarità. A parte un lieve risolino isterico e poco divertito la povera conduttrice non si è sentita di fare. Di questo si tratta quando si parla del conduttore di  Colorado Cafè, volgarità gratuite, che possono fare ridere o meno in base al contesto in cui sono inserite.

E qui si ritorna al punto centrale della questione: in che contesto sono inserite? Il David di Donatello è un premio prestigioso che viene assegnato dal 1956 ai migliori film italiani e stranieri. E’ un premio ambito, dalla cerimonia sicuramente pomposa, inserito in un ambiente snob che, di certo, spaventa un presentatore, ma che si può prestare a battute dissacranti, e che un buon comico dovrebbe sentire come terreno fertile per facili risate, magari anche argute.

Perché dissacrare è bello, è divertente,e mette ogni cosa nella giusta prospettiva. Rende le cose più reali, più vicine alle persone, invece di lasciarle sul piedistallo su cui si pongono. Ma c’è un’enorme differenza tra Roberto Benigni che spia sotto la gonna della Carrà – paragone chiamato in causa dallo stesso Ruffini - e la totale ignoranza del regista di Fuga di Cervelli che, parlando con Bellocchio, lo definisce scoperto dall’America dopo tanti anni. C’è differenza tra un burattino di gomma che bacia Pippo Baudo in bocca al festival di Sanremo e noi tutti conosciamo come un uomo divertente ma anche profondamente rispettoso e un lei è sempre una topa meravigliosa di un Paolo Ruffini qualunque, riferito a Sophia Loren.

La differenza sta nella partecipazione allo stesso gioco, allo scherzo, alla buffonaggine. Non sono battute volgari lanciate alla folla, ai porci, perché si battano la pancia. Ma uno scherzo comune a tutte le parti, e ben accetto perché è proprio questo, solo uno scherzo innocuo. Inutile dire che le reazioni a questo comportamento si sono fatte sentire; ci sono stati i moralisti – perché ha un’accezione così negativa? – , che hanno puntato il dito, i compassionevoli, che hanno pensato che in fondo è solo un ragazzo, e poi, coloro che hanno davvero goduto di queste scenette, reputando tutti gli altri dei benpensanti bacchettoni.

Comunque il conduttore non si è perso d’animo, agli sfottò, agli insulti e alle critiche per i suoi modi da toscanaccio bischero Paolo Ruffini ha risposto con presunzione, quasi come un martire, un rivoluzionario. Per me topa è un complimento, e continuerò a dirlo, anche se mi scuso con la Loren se si è sentita offesa.

Ma in fondo Paolo Ruffini ha ragione, inutile dire il contrario, quello è il suo modo si porsi. Quello a cui parla è il suo target, non si confronta con filologi, critici d’arte e professoroni. Si è comportato come in una qualsiasi puntata di Colorado Cafè, tingendo le sue battute del tipico colore livornese e condendole con volgarità alla stregua del più becero Natale a…

Il problema non è di Paolo Ruffini – che pur potrebbe migliorare nella sua comicità – ma in coloro che lo hanno scelto. Chi avrebbe mai fatto condurre, negli anni passati, il David di Donatello a Massimo Boldi?

La realtà è che la deriva dei costumi è andata troppo oltre, sommergendo qualsiasi cosa incontrasse. Pensando che si potesse insultare qualsiasi cosa – e fino a qui tutto bene – in qualsiasi modo – un po’ meno bene – e da qualsiasi pulpito – e con questo mi riferisco proprio a politici che si credono comici, comici che si credono politici, cantanti che credono di essere rivoluzionari e quant’altro. Lo scherzo salace ha perso in bonarietà, è diventato caciara da bar e questo va bene a tutti. Va bene a coloro che la fanno, che grazie a ciò ci guadagnano in fama e denaro, a coloro che si divertono a guardarlo – che alla fine sono i più sinceri – e va bene anche a noi che critichiamo tutto ciò e ci indigniamo con l’obbiettivo sbagliato, quando dovremmo mirare leggermente più in su.

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