Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, scrive «È bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della bellezza” (via pulchritudinis).[1]Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove. In questa prospettiva, tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta ad incontrarsi con il Signore Gesù» (n. 167). Annunciare Gesù Cristo implica verità, bontà, bellezza, che sono inseparabilmente legate, come ancora ricorda il Pontefice nel medesimo contesto: «Non si tratta di fomentare un relativismo estetico, che possa oscurare il legame inseparabile tra verità, bontà e bellezza, ma di recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto».Abbiamo già messo in evidenza, in questa rubrica[2], il nesso arte e morale che deriva da questo legame, come anche esplicitamente evidenziato dalla nota 130 inserita nel medesimo paragrafo della Evangelii Gaudium, con il rinvio a numero 6 del Decreto Conciliare Inter Mirifica, numero esplicitamente dedicato alle relazioni tra i “diritti dell'arte” e le “norme della legge morale”: «Poiché il moltiplicarsi di controversie su questo argomento non di rado trae origine da dottrine erronee in materia di etica e di estetica, il Concilio proclama che il primato dell'ordine morale oggettivo deve essere rispettato assolutamente da tutti. Questo ordine è il solo a superare e armonizzare tutte le diverse forme dell'attività umana, per quanto nobili esse siano, non eccettuata quella dell'arte. Solo l'ordine morale, infatti, investe l'uomo nella totalità del suo essere creatura di Dio dotata di intelligenza e chiamata ad un fine soprannaturale; e lo stesso ordine morale, se integralmente e fedelmente osservato, porta l'uomo a raggiungere la perfezione e la pienezza della felicità». La riflessione sul legame tra arte e morale, tra bello e buono, si radica infatti profondamente nel Magistero della Chiesa. Possiamo raccogliere alcuni passaggi fondamentali, proprio a partire dal Concilio Vaticano II.Innanzitutto il Discorso di Paolo VI tenuto in occasione della prima Giornata delle Comunicazioni Sociali, giornata stabilita a partire dalla Inter Mirifica e celebrata il 6 maggio 1967. In questa occasione Paolo VI fa riferimento alla libertà dell’arte e alle sue implicazioni morali: «La libertà stessa dell’arte, ch’è la più tipica e la più gelosa, non può, non deve pronunciarsi a danno del tessuto sociale, in cui si inserisce. La comunicazione sociale non può, non deve intossicare, disgregare, demoralizzare il popolo che la riceve. Nessuno interesse deve prevalere al vero bene del popolo».Paolo VI si riferisce a due “segrete energie” che sono l’amore e la bellezza della bontà. La bellezza autentica porta con sé la bontà: «Ma sta il fatto che quando voi, scrittori ed artisti, sapete estrarre dalla vicenda umana, per umile e triste che sia, un accento di bontà, subito un bagliore di bellezza percorre l’opera vostra». E così conclude: «Per comunicare davvero con gli altri bisogna ritrovare se stessi. È questa l’energia di chi cerca il senso profondo della vita. È l’energia della coscienza morale, bisognosa di luce, di ordine, di amore, di pace […] bisognosa di Cristo”.Questo discorso di Paolo VI agli operatori delle Comunicazioni Sociali e dello Spettacolo, riecheggia in qualche modo nel discorso tenuto da Papa Francesco ai rappresentanti dei media il 16 marzo 2013[3], in cui aveva ricondotto ogni comunicazione alla comunicazione di verità, bontà e bellezza: «la Chiesa esiste per comunicare proprio questo: la Verità, la Bontà e la Bellezza “in persona”. Dovrebbe apparire chiaramente che siamo chiamati tutti non a comunicare noi stessi, ma questa triade esistenziale che conformano verità, bontà e bellezza». Giovanni Paolo II in una serie di catechesi durante le udienze generali della primavera 1981[4](peraltro le ultime pronunciate prima dell’attentato del 13 maggio), aveva posto a tema centrale il rapporto tra arte e morale, con specifico riferimento al “corpo”.Nella Catechesi del 15 aprile 1981, Giovanni Paolo II aveva affermato che «l’intera sfera delle esperienze estetiche si trova, ad un tempo, nell’ambito dell’ethos del corpo», tematica ripresa esplicitamente nella catechesi del 29 aprile, tutta dedicata ai “Limiti etici nelle opere d’arte e nella produzione audiovisiva”, in cui aveva spiegato i termini dell’ethos del corpo: «In questo punto non è possibile consentire con i rappresentanti del cosiddetto naturalismo, i quali richiamano il diritto a "tutto ciò che è umano", nelle opere d’arte e nei prodotti della riproduzione artistica, affermando di agire in tal modo nel nome della verità realistica circa l’uomo. E appunto questa verità sull’uomo – la verità intera sull’uomo – che esige di prendere in considerazione sia il senso dell’intimità del corpo sia la coerenza del dono connesso alla mascolinità e femminilità del corpo stesso, nel quale si rispecchia il mistero dell’uomo, proprio della struttura interiore della persona. Tale verità sull’uomo deve essere presa in considerazione anche nell’ordine artistico, se vogliamo parlare di un pieno realismo. Tutto il problema della "pornovisione" e della "pornografia" come risulta da ciò che è detto sopra, non è effetto di mentalità puritana né di un angusto moralismo, come pure non è prodotto di un pensiero carico di manicheismo. Si tratta in esso di una importantissima, fondamentale sfera di valori di fronte ai quali l’uomo non può rimanere indifferente a motivo della dignità dell’umanità, del carattere personale e dell’eloquenza del corpo umano. Tutti quei contenuti e valori, attraverso le opere d’arte e l’attività di mezzi audiovisivi, possono essere modellati ed approfonditi, ma altresì essere deformati e distrutti "nel cuore" dell’uomo». Giovanni Paolo II aveva concluso il 6 maggio con un riferimento diretto a “una particolare responsabilità di natura non soltanto artistica, ma anche etica”: « L’artista, che intraprende quel tema in qualunque sfera dell’arte o mediante le tecniche audiovisive, deve essere cosciente della piena verità dell’oggetto, di tutta la scala di valori collegati con esso; deve non soltanto tener conto di essi in abstracto, ma anche viverli lui stesso correttamente. Questo corrisponde ugualmente a quel principio della "purezza di cuore", che in determinati casi occorre trasferire dalla sfera esistenziale degli atteggiamenti e comportamenti alla sfera intenzionale della creazione o riproduzione artistiche», richiamando “un circuito reciproco che avviene tra l’immagine e il vedere, tra l’ethos dell’immagine e l’ethos del vedere. Come la creazione dell’immagine nel senso ampio e differenziato del termine, impone all’autore, artista o riproduttore, obblighi di natura non soltanto estetica ma anche etica, così il "guardare", inteso secondo la stessa larga analogia, impone obblighi a colui che dell’opera è recettore».Il legame tra bellezza, bontà e verità dell’arte è chiarito in modo sintetico dal “Catechismo della Chiesa cattolica”, in cui l’arte ha a che fare con il comandamento ottavo, ovvero “Non dire falsa testimonianza”. Il numero 2500 del Catechismo recita: «La pratica del bene si accompagna ad un piacere spirituale gratuito e alla bellezza morale. Allo stesso modo, la verità è congiunta alla gioia e allo splendore della bellezza spirituale. La verità è bella per se stessa».Anche Benedetto XVI ha dedicato speciale attenzione alla bellezza e al suo legame con la bontà; ne troviamo peculiari indicazioni in un messaggio del 24 novembre 2008, in occasione della XIII seduta pubblica delle Accademie Pontificie, dedicata proprio al tema “Universalità della bellezza: estetica ed etica a confronto”. In quella occasione Benedetto XVI scriveva: «La necessità e l'urgenza di un rinnovato dialogo tra estetica ed etica, tra bellezza, verità e bontà, ci vengono riproposte non solo dall'attuale dibattito culturale ed artistico, ma anche dalla realtà quotidiana. A diversi livelli, infatti, emerge drammaticamente la scissione, e talvolta il contrasto tra le due dimensioni, quella della ricerca della bellezza, compresa però riduttivamente come forma esteriore, come apparenza da perseguire a tutti i costi, e quella della verità e bontà delle azioni che si compiono per realizzare una certa finalità. Infatti, una ricerca della bellezza che fosse estranea o avulsa dall'umana ricerca della verità e della bontà si trasformerebbe, come purtroppo succede, in mero estetismo, e, soprattutto per i più giovani, in un itinerario che sfocia nell'effimero, nell'apparire banale e superficiale o addirittura in una fuga verso paradisi artificiali, che mascherano e nascondono il vuoto e l'inconsistenza interiore. Tale apparente e superficiale ricerca non avrebbe certo un afflato universale, ma risulterebbe inevitabilmente del tutto soggettiva, se non addirittura individualistica, per terminare talvolta persino nell'incomunicabilità».Notiamo peraltro come il riferimento alla bellezza artificiale sia presente anche nel discorso di Papa Francesco ai rappresentanti delle emittenti cattoliche italiane dell’Associazione Corallo (Coordinamento Radiotelevisioni libere locali) del 22 marzo scorso, in cui ha affermato che la sbagliata ricerca della bellezza può deviarsi fino a "cercare i cosmetici per fare una bellezza artificiale che non esiste”[5].Papa Benedetto concludeva il suo discorso del 2008 facendo riferimento al «…Vangelo di Matteo, in cui leggiamo l'appello rivolto da Gesù ai suoi discepoli: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" (Mt5,16). Va notato che nel testo greco si parla dikalà erga, di opere belle e buone allo stesso tempo, perché la bellezza delle opere manifesta ed esprime, in una sintesi eccellente, la bontà e la verità profonda del gesto, come pure la coerenza e la santità di chi lo compie. La bellezza delle opere di cui ci parla il Vangelo rimanda oltre, ad un’altra bellezza, verità e bontà che soltanto in Dio hanno la loro perfezione e la loro sorgente ultima. La nostra testimonianza, allora, deve nutrirsi di questa bellezza, il nostro annuncio del Vangelo deve essere percepito nella sua bellezza e novità, e per questo è necessario saper comunicare con il linguaggio delle immagini e dei simboli».Il legame bellezza, bontà e verità in Benedetto XVI è tipicamente inserito nel contesto dell’allargamento degli orizzonti della ragione, come affermato per esempio nel Discorso al clero della diocesi di Bressanone del 6 agosto 2008; dialogando con il clero, Benedetto XVI aveva risposto: «Una ragione che in qualche modo volesse spogliarsi della bellezza, sarebbe dimezzata, sarebbe una ragione accecata….: il logos creatore non è soltanto un logos tecnico –… – è ampio, è un logos che è amore e quindi tale da esprimersi nella bellezza e nel bene. E, in realtà, una volta ho detto che per me, l’arte ed i Santi sono la più grande apologia della nostra fede. Gli argomenti portati dalla ragione sono assolutamente importanti ed irrinunciabili, ma poi da qualche parte rimane sempre il dissenso».
Abbiamo solo offerto qualche accenno sull’inesauribile legame di bellezza e bontà, come scriveva Carlo Chenis: «Estetica, etica e religione sono interconnesse»[6] e l’una rimanda all’altra. Papa Francesco prosegue con il suo passo inconfondibile il cammino della Chiesa, ricordando sempre la triade esistenziale di verità, bontà e bellezza.Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com e.mail: [email protected] .
[1] Cfr Propositio 20.[2]Cfr. http://www.zenit.org/it/articles/le-conseguenze-per-l-arte-sacra-dopo-la-evangelii-gaudium; http://www.zenit.org/it/articles/la-evangelii-gaudium-n-167-e-l-arte-come-mezzo-di-evangelizzazionehttp://www.zenit.org/it/articles/evangelii-gaudium-e-il-bene-il-vero-ed-il-bellohttp://www.zenit.org/it/articles/riflettendo-ancora-sul-numero-167-della-evangelii-gaudiumhttp://www.zenit.org/it/articles/la-evangelii-gaudium-e-la-inter-mirificahttp://www.zenit.org/it/articles/la-bellezza-del-vangelo[3]Cf. http://www.zenit.org/it/articles/papa-francesco-la-bellezza-come-misura[4] Si tratta delle catechesi tenute da Giovanni Paolo II durante le Udienze del 15, 22 e 29 aprile e del 6 maggio 1981.[5] Cfr.http://www.zenit.org/it/articles/papa-francesco-la-vera-bellezza-e-una-bellezza-artificiale-che-non-esiste.[6] C. Chenis, Fondamenti teorici dell’arte sacra. Magistero post-conciliare, LAS, Roma 1991, p. 132.