“Sorelle, fratelli, diciamo, spesso, di non avere tempo per qualcuno, mentre, per altri, ne abbiamo in sovrabbondanza. Pensiamo, per un attimo, che il tempo, domani, non avrà più noi?”
Non è certo per lo stile o la struttura che “Un gruppo di giovani) di Luca Lapi si fa notare. A modo suo, l’autore apre uno spiraglio sul pianeta diversabilità, legato ai centri parrocchiali.
Ritroviamo tutti i contenuti cari a Lapi, la solitudine senza vie di scampo, la sofferenza provocata dalla separazione fisica - il non potere accedere alle strutture pubbliche, perfino alla chiesa e al confessionale - il non trovare “spazio nel privato” di chi si muove senza limiti o barriere, l’incapacità del mondo esterno di donare attenzione, per gli impegni lavorativi, sportivi, familiari. Colpisce come, nella peculiare visione dell’autore, il tempo concesso alla famiglia sia sottratto all’amicizia col diversabile. Il tempo, che Lapi cerca d’imbrigliare e controllare a suon di virgole, è dato e tolto, avvicina alla morte, allontana dagli amici, non torna più.
Patrizia Poli
UN GRUPPO DI GIOVANI
Un gruppo di giovani, di pomeriggio, si ritrova nella piazza principale della città dove si può vedere, a Nord, la loro Chiesa Parrocchiale.
Tutti ci sono stati allevati, pure chi, per varie vicissitudini, si è allontanato.
Si entra in Chiesa: si va avanti, si accede al Centro Giovanile (dispone di Cinema, Bar, aule per il Catechismo, campetto per il calcio: non è che il piazzale del Centro).
Si accede, in altra direzione, alla Canonica, vi convivono Parroco e Cappellano.
Una terza direzione porta ai loro uffici, all’archivio ed alla Sala per riunioni.
La quarta ed ultima direzione conduce a spazi riservati, rispettivamente, a Perpetua e Sacrestano.
Tutti i vecchi servizi igienici (alla turca) sono stati, grazie a Dio, sostituiti con quelli a tazza (per uomini, donne e diversabili).
Ritorno al gruppo di giovani.
Antonio esordisce: “Ci vediamo…”; non fa in tempo a finire (è, probabilmente, una domanda o proposta) che Bruno chiede: “Ma dove?”
Riprende Antonio: “…in Chiesa!”
“A fare che?” chiede Claudio, forse, disabituato a codesto ambiente.
Spiega Antonio: “A pregare! C’è il Santo Rosario! Ci sono i Vespri! C’è la Santa Messa!”
Daniela, diversabile, su sedia a rotelle, e pure lei, come il terzo, disabituata all’ambiente in questione, chiede: “Ci sono barriere?”
Risponde, ancora, Antonio: “Sì, in effetti, ma ti prometto: farò in modo che non ci siano quando desideri venirci e, magari, acccedere anche ad altri ambienti ferfino a costo di autotassarci!”
Antonio entra: si fa il Segno della Croce, dopo avere intinto le dita nell’acquasantiera.
Prega: “Signore, dammi forza per mantenere la promessa a Daniela!”
Vede i Sacerdoti: entrano in Chiesa e nei rispettivi Confessionali.
Antonio si accosta a quello del Parroco.
Gli spiega: “Sono qui per esporle il caso di Daniela, amica diversabile, su sedia a rotelle: avrebbe bisogno, in Chiesa, di uno scivolo per potere accedere ovunque, soprattutto, per venire a confessarsi o, solo, confidarsi!”
“Capisco!” risponde il Parroco; continua: “Ne parlerò al Consiglio Pastorale. Convocherò quello Per Gli Affari Economici. Lo dirò in Chiesa. Spero che, così, si possa raccogliere offerte per l’acquisto dello scivolo.”
Antonio, a cui sta a cuore Daniela, vorrebbe affrettare i tempi e dice: “Potremmo coinvolgere Amministrazione Comunale, Assessore ai Servizi Sociali, Partiti Politici. Hanno tanti soldi per le loro feste. Non dovrebbero obiettare per uno scopo benefico. Sarebbe un buon risultato se lo facessero anche, solo, per portare acqua ai loro mulini!”
Il Parroco acconsente anche stavolta: la macchina per aiutare Daniela inizia a muoversi.
Si saprà, infine, che nessun organismo o persona citata ha sborsato un euro.
E’ accaduta una bella cosa.
L’iniziativa è uscita, misteriosamente, subito, da dove era stata concepita: un ignoto benefattore ha versato sul Conto Corrente, creato per Daniela, tutta la cifra necessaria.
Daniela deve trasferirsi, improvvisamente, altrove: l’opera compiuta per lei servirà, comunque, per altri diversabili che verranno, di lì a poco, in città e, perciò, in Parrocchia.
Si chiama Enrica la diversabile venuta a colmare il vuoto lasciato da Daniela.
Daniela, comunque, ha confidato a tutti: “Sono su Facebook: accetterò, perciò, volentieri, le vostre Richieste d’Amicizia, anche a costo di creare Daniela bis!”
Non ha voluto parlarne, prima: temeva che gli amici si sarebbero limitati a rapporti con lei, solo, attraverso il popolare social network.
Nemmeno Enrica confida la sua presenza su Facebook: i nuovi amici lo immaginano, ma, per rispetto della privacy, non glielo chiedono.
Enrica, Ministra straordinaria dell’Eucaristia, la distribuiva, nell’altra Parrocchia, coi Sacerdoti, in Chiesa, durante la Santa Messa; la portava, poi, ad infermi, a domicilio.
Dice, tra sé e sé: “Spero che il nuovo Parroco mi conceda di continuare!”
Non solo, ma l’incarica, perfino, d’entrare in Consiglio Pastorale come rappresentante dei Ministri Straordinari dell’Eucaristia.
Si dà il caso che la precedente abbia dato le dimissioni, per motivi familiari.
Enrica, contenta della stima del nuovo Parroco, confida al Diario: “Avrei amato essere eletta! Riproverò!”
Enrica e, prima, Daniela hanno la stessa paura: pallonate dagli amici nei campetti-piazzali dei loro rispettivi Centri Giovanili.
L’hanno provato, strillando: “Non verremo più, qui!”, ma, temendo l’isolamento, hanno cambiato idea.
Ho detto che Enrica, diversamente da Daniela, cammina con stampelli?
Il solito ignoto benefattore fa sì che venga posto un corrimano in chiesa a cui Enrica possa appoggiarsi, riuscendo a tenere, provvisoriamente, entrambe le stampelle con l’altra mano.
Ho dato spazio a Daniela e ad Enrica: non devono averne avuto, prima!
A Francesca, diplomata, i Sacerdoti, d’accordo, chiedono: “Faresti ripetizioni? Insegneresti Italiano ad extracomunitari?”
E’ amica di Daniela, conosce Enrica; i maligni pensano: “Francesca accetta, così, non ha tempo sia per Daniela che per Enrica!”
Giovanni, infermiere diplomato, assiste anziani, a domicilio, sempre, incaricato dai Sacerdoti; i maligni pensano, ancora: “Giovanni ne è lieto, ma come scusa per non parlare con Daniela o Enrica!”
Ivano fa sport: allenamenti di Sabato, partite di Domenica.
Nemmeno lui ha tempo per Daniela o Enrica.
Leonardo, diplomato in fisioterapia, ha molti clienti; lo privano del tempo per la privacy.
Daniela ed Enrica, in lista, liete delle sue prestazioni, non lo sono di non avere spazio nel suo privato.
Michele, diplomato in musica, invita Daniela, poi, Enrica a concerti, in luoghi senza barriere, ma, poi, stanco, non dà relazione all’una o all’altra.
Nicola, sposato, è padre: il tempo alla famiglia lo toglie a Daniela o Enrica.
Orlando lavora al Bar, privo di barriere, ma con Daniela o Enrica può avere, solo, rapporti tra erogatore e fruitrici di servizi.
Palmiro, diversabile psichico, vorrebbe legare con Daniela o Enrica, ma si sentono inadeguate.
Non hanno studiato per comunicare con chi è come lui: temono di crollargli davanti.
Si sentono mortificate che, quasi solo, chi è come Palmiro desideri parlare con loro; pensano: “Se fossimo, al contempo, amiche di normodotati ci aiuterebbe a comunicare con Palmiro!”
Riccardo, laureato, vuole specializzarsi; nemmeno lui ha, quindi, tempo per Daniela o Enrica.
Si è detto del Cinema, in area di pertinenza parrocchiale.
Daniela o Enrica, invitate, accompagnate a vedere film possono farlo sedute sulle loro sedie, ma sospettano di ricevere inviti, solo, perché, così, stanno zitte, non disturbano: le rimproverano per colpi di tosse, starnuti, soffiate di naso.
Invitate, al Ristorante, pensano che, con la scusa della bocca piena, nessuno può parlare per non essere considerato maleducato ed ognuno è contento di non essere importunato, tranne, ovviamente, loro.
I Sacerdoti, informati di questi episodi niente affatto cristiani, concordano la stessa omelìa da proclamare in occasione delle Sante Messe della Domenica imminente.
Dicono, perciò: “Sorelle, fratelli, diciamo, spesso, di non avere tempo per qualcuno, mentre, per altri, ne abbiamo in sovrabbondanza. Pensiamo, per un attimo, che il tempo, domani, non avrà più noi?”
Luca Lapi