2007: Paranormal Activity di Oren Peli
Giunto in Italia colpevolmente in ritardo un film interessante e diverso da altri dello stesso genere.
Strepitoso e inatteso successo in Usa, è giunto da noi con l’etichetta di «nuovo The Blair Witch Project». Le premesse non erano quindi delle migliori (il celebre film di Myrick & Sánchez, vero caso cinematografico una ventina d’anni fa, è stato -a mio parere- una delle maggiori prese in giro provenienti dagli States). Paranormal activity adotta esteriormente le stesse caratteristiche del lavoro del 1999 (l’approccio da film reality e il bassissimo costo di produzione) ma, a differenza di quello, racconta una storia con veri e plausibili personaggi, storia non certo originale ma raccontata talmente bene che non può non incuriosire e catturare la massima attenzione. Una tensione dosata con giusto equilibrio che sale pian piano coinvolgendoci ed emozionandoci.
Il vedere tutto esclusivamente attraverso una videocamera amatoriale (da qui l’aspetto realistico-documentaristico del film) non appare una pura e semplice esercitazione stilistica ma come l’essenza stessa di ciò che si sta raccontando, non una cornice vuota che contiene il nulla (così a suo tempo la critica si espresse a proposito di The Blair Witch Project ) ma la componente necessaria e insostituibile di un’opera che senza di essa non avrebbe ragione d’essere.
Un lavoro semplice ma affascinante (1), in cui lo splatter e il cattivo gusto sono rigorosamente banditi e che si avvale di due protagonisti sconosciuti ma validi (Katie Featherston, Micah Sloat).
p.s.
1) Dato l’enorme successo al botteghino, la Universal Pictures nel 2010 ha realizzato Paranormal Activity 2 (si tenta di spiegare quanto accaduto nel primo film).
2) Nella Scheda (Wikipedia) si possono leggere le tre versioni del film
note
(1) Giustamente Daniela Catelli scrive “Paranormal Activity è…un esperimento interessante che riporta il cinema dell’orrore a una dimensione minimale, dove la paura è quasi sempre fuori campo, nella mente di chi guarda e costruisce il suo mostro personale, e non nell’obiettivo che tutto rivela, con la pretesa di spaventarci tutti allo stesso modo”.
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