Il Senato approva il pareggio bilancio in Costituzione, ma è una bufala: cambia tutto e nulla, la regola è debole e l’unico rischio è quello di un aumento delle tasse
I media ieri hanno lanciato la roboante notizia, per cui il Senato ha approvato a larghissima maggioranza la costituzionalizzazione della cosiddetta “Golden Rule“, ossia l’imposizione nella Costituzione del pareggio di bilancio per lo Stato e gli Enti Locali. Una rivoluzione copernicana del modo di fare politica e di gestire la cosa pubblica, chiesta dall’Europa, con l’Eurogruppo che ha di recente concordato che tale regola sia introdotta in tutti gli stati che adottano l’euro quale moneta.Articolo 81 Costituzione: ecco cosa cambia tecnicamente e praticamente
Ma come ogni rivoluzione in Italia si risolve in un’irrimediabile buffonata. A cambiare sarà, infatti, l’articolo 81, che a tenore di quanto modificato, reciterà nel seguente modo: “lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento e’ consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali“.
Quindi, stando al nuovo articolo della Costituzione, se fosse così approvato in via definitiva, esso prevederebbe un “tendenziale” equilibrio finanziario, ossia un pareggio tra incassi e spese, ma subordinato al ciclo economico e ad eventi eccezionali. In sostanza, qualora ci fosse una congiuntura sfavorevole dell’economia o si verificasse un evento drammatico, come un’alluvione, un terremoto, un disastro di altro genere, il Parlamento potrebbe aggirare la previsione del pareggio e continuare a spendere e spandere, come sempre ha fatto nella storia della Repubblica.
Ora, vi immaginate cosa accadrebbe con il nuovo articolo 81? Alla fine di ogni anno, in un Paese colpito così frequentemente da calamità naturali come il nostro o per via di un pil maledettamente statico, le Camere potrebbero sforare senza problemi, “coperte” anche dalla nuova regola costituzionale, additando il deficit a questo o quel problema, in beffa non solo alla Costituzione, ma all’Europa, allo spirito di questa previsione e alla voglia di porre un tetto alla spesa pubblica folle.
Sì, perché spulciando questo articolo, non si nota alcuna imposizione di un limite di spesa in rapporto al pil, che poi sarebbe un limite all’indecenza. Ad esempio, in una situazione come quella attuale, con una spesa pubblica intorno al 52% del pil e un deficit di bilancio del 2,4% previsto per il 2012, il governo e le Camere continuerebbero ad avere due scelte: ridurre la spesa o aumentare le tasse. Oppure, un mix delle due cose. Se nonché, la nostra pressione fiscale è già al 48,3%, il massimo storico mai raggiunto nel nostro Paese, ma il Parlamento potrebbe continuare a spendere e a rosicchiare la ricchezza degli italiani, pareggiando i conti con l’ennesimo aumento delle imposte.
L’equilibrio sarebbe ristabilito, ma la cosa pubblica sarebbe gestita in modo disastroso e l’economia italiana uccisa.
E allora, se avessero voluto fare una roba seria, i partiti che hanno votato in favore di questo “rivoluzionario” articolo all’italiana, avrebbero dovuto evitare di circostanziare in maniera così evidente e ipocrita la “Golden Rule” e semmai avrebbero dovuto preoccuparsi, in precedenza, di affrontare con dibattito pubblico serio l’idea di imporre una limitazione al livello di spesa pubblica possibile, in rapporto al pil. Solo in questo modo si creano le condizioni per gestire bene la cosa pubblica, mentre è evidente la tendenza delle istituzioni italiane a incassare di più, per spendere di più.
La Golden Rule in Germania
Nel 2009, in uno stato serio, come la Germania, è stata prevista la “Golden Rule”, ma con un meccanismo che consente temporanei sforamenti, pari allo 0,35% del pil, in caso di ciclo avverso. Rispetto alla buffonata italiana, quindi, è stato fissato un limite, oltre il quale non ci sarebbe crisi che tenga, perché il deficit dovrà essere coperto comunque. Punto e basta. E per evitare di essere inadempienti (in Germania la Costituzione viene generalmente osservata!), si è anche deciso di rinviare l’entrata in vigore della previsione ai prossimi anni.
Infine, i contrari al nuovo articolo 81 osservano che così facendo l’Italia perderebbe la sua autonomia fiscale, per soggiacere alle imposizioni europee. Tale argomentazione sarebbe nei fatti parzialmente corretta, nel senso che non c’è dubbio che il nostro Parlamento stia approvando la regola d’oro del pareggio di bilancio, solo per adempiere a quanto ci chiede l’Europa. Tuttavia, l’introduzione del principio che bisogna spendere non oltre quanto s’incassa non solo non è sbagliata, ma se fosse stata applicata nei mitici anni Ottanta, oggi racconteremmo di un Paese totalmente diverso.
Il deficit è un costo che si trasferisce alle generazioni future, che pagheranno per i debiti dei loro genitori e nonni. Non è un caso che sempre la Germania, nella Costituzione del 1949 aveva introdotto una regola che recitava sommariamente così: se lo stato crea un deficit, questo non può essere in rapporto al pil superiore al valore degli investimenti. La ratio è semplice: visto che il deficit danneggia chi viene dopo, almeno si risarciscano le nuove generazioni con investimenti, i quali creano un beneficio di medio-lungo termine.
Ragionamenti lungimiranti e seri, ma che non potranno mai provenire da chi ieri ha approvato la farsa di una rivoluzione tancrediana. Tutto è cambiato, affinché nulla cambi. Tranquilli, italiani. Da domani vivremo nella stessa e identica Italia degli sprechi e della cattiva gestione della cosa pubblica. Non allarmatevi!
Sulla modifica dell’articolo 81 della Costituzione di legga anche:
Pareggio di bilancio in Costituzione. Il Senato vota SI evitando referendum