Lei dal seno declinante e dal sorriso timido, lei con i suoi capelli biondo rame uscita da un quadro di Klimt, lei era uno di quei punti vivi di colore brillante persi in una grande tela di Jackson Pollock, nel fluido paysage senza prospettiva, dissolto in quel paesaggio così femminile, quel paysage sèduisant che era ancora Parigi. Ma Annie ore aveva acquistato un aspetto più aspro, più severo, mentre si affrettava nel duro traffico che ogni giorno violentava la città femminile. Annie aveva del lavoro da fare. Non andava più a lezione, e partecipava agli scioperi con i suoi studenti; ma adesso attraversò il fiume verso le Beaux-Arts e salì sul grande atelier grigio in cima al più vecchio degli edifici. E Lì, tutta sola, affrontò i suoi quadri,. Era un confronto che tutti i pittori conoscono e che non possono evitare. Prima o poi di dovevano affrontarli. Anche quando li accatastava, voltandoli verso le pareti, l'aspettavano lì, esigenti nel silenzio.
Non c'è modo migliore per presentare il romanzo protagonista di questo articolo, L'amore nei giorni della rabbia di Lawrence Ferlinghetti (Love in the Days of Rage - 1988), scrittore, poeta, pittore e molto altro ancora. Il breve testo che avete letto sopra è un estratto del capitolo dodicesimo di questo breve romanzo, ambientato a Parigi nel 1968. Ferlinghetti è noto anche come editore, tra i proprietari della libreria e casa editrice City Lights che pubblicò alcune delle prime opere letterarie della beat generation, tra le quali Urlo (Howl) di Allen Ginsberg (1956) una pubblicazione che gli costò la prigione per oscenità, e che consiglio vivamente di leggere (specie ai fortunati fruitori della lingua originale, la traduzione è impossibile). Tornando al romanzo L'amore nei giorni della rabbia, ciò che emerge dall'opera di Ferlinghetti è un contrastato ritratto espressionista dell'utopia, fotografata dall'autore con i colori dell'amore e della rivoluzione, chimere che possiedono, in questa storia, le maschere delle insurrezioni studentesche di Parigi nel 1968 e dell'amore tra Anne e Julian, due volti chimerici trattati quasi in contrappasso; una passione che sembra nascere e vivere grazie alle energie sprigionate dai boulevard parigini, tra gli incendi e le esplosioni degli ideali, sotto le macchine in fiamme. Ferlinghetti esplora con originalità il mondo delle chimere umane, scegliendo temi quanto mai universali. Ma continuiamo a leggere il dodicesimo capitolo, per tentare di aprire qualche porta di questo romanzo.
E tutti erano ancora lì, chimere, illusioni in chiaroscuro, figure rigide, morte, che lei doveva ancora riportare in vita, con i loro pigmenti color terra d'ombra sul fondo della tela dove formavano gli arti e le figure di desiderio immenso, cani bramosi e teste di cavalli affamati tra loro, i teschi con le orecchie, verande liquide, luce rovesciata sulla tela, pozze di luce che prendevano forma di occhi, ma appena formati traboccavano a causa di troppa trementina e finivano sui cani scuri e i cavalli, e si trasformavano in risate e ogni suono beffardo un colore diverso che risuonava intorno alla tela e trasfigurava tutte le parti colorate, peni di cavalli diventavano scanalature gialle che erano montate su collettori che si inserivano negli impianti idraulici femminili che a loro volta si scioglievano e scendevano lungo strade gialle ome la luce del sole, mentre ombre marroni scure di scioglievano e filtravano fino alle grondaie di case storte. Se la brama e la passione eranpo le cose necessarie per fare grande arte, Annie le aveva, ma la grandezza si perdeva nel vortice dei colori, nella profondità della caverna che ogni tela diventava, e il pennello non poteva più toccarla ai confini dell'essere.
Interessante questa versione così espressionista della prosa di Ferlinghetti, che a momenti sfiora la poesia, il sogno, per poi chiudere le ali e tornare a terra, tra di noi, e continuare a raccontarci la storia, dopo aver scaldato per bene l'atmosfera. Queste poche righe mostrano come lo scrittore prepari il palato del lettore, per il corteggiamento dei sensi, per arredare una stanza vuota, quella pagina bianca che conterrà la nostra immaginazione, insieme ai personaggi e ai vecchi edifici di Parigi.
Parlando della storia, L'amore nei giorni della rabbia è ambientata a Parigi, le vicende della contestazione studentesca si intrecciano a una storia d'amore tra Annie, artista americana espatriata, insegnante all'Ecole des Beaux-Arts, e Julien, misterioso e affascinante banchiere, esule portoghese in fuga dal regime di Salazar, anarchico (almeno così si definisce il personaggio) proprio come Ferlinghetti, del quale sembra possedere alcune sfumate caratteristiche autobiografiche. L'autore sviluppa questa passione sullo sfondo della Parigi sessantottina, dove idee, rivendicazioni e sogni si sostituiscono, come fiumi in piena, ai colorati boulevard. Opera di grande idealismo, che trova nella analisi dell'utopia il suo sviluppo più importante, le chimere umane di cui scrivevo poco fa. La Parigi nel 1968 viene raccontata come se fosse un luogo magico, dove tutto può davvero accadere, dove le illusioni e gli ideali prendono forma, si uniscono in masse e cortei per sfondare le porte delle convenzioni, del potere, dello Stato. Apparentemente è così, ma le chimere sono creature immortali, e aspettano sicure il ritorno della realtà, della ragione. La fotografia che riporto sotto esprime, dai tetti di Notre Dame, questa attesa, mentre la città divampa, con grande rumore. Amore e Rivoluzione, sono davvero splendide chimere.
Ma in alcune righe Ferlinghetti sembra andare oltre la sua caccia alle utopie, cercare una traccia d'eternità mentre tutto si muove continuamente, mentre le febbrili passioni e le insurrezioni di piazza cambiano tutto e non cambiano nulla. L'eternità sembra essere rappresentata dalla città, dagli alti edifici di Parigi che osservano la realtà sorridendo di tanta confusione. Le descrizioni della città e le dettagliate ambientazioni di Ferlinghetti non lasciano dubbi sui propositi di fissare una luce sicura tra ponti infiniti, tra passaggi di forma e di essenza. Tra i labirinti delle apparenze. La luce, l'eternità è Parigi; è lei la vera protagonista del romanzo, la dea che mostra i suoi grandi seni, Pigalle e Montparnasse, lasciandoci alla immortalità dei colori di Picasso e Modigliani fino alle visioni di Apollinaire e Breton, all'essere e il nulla di Sartre. Si potrebbe andare avanti all'infinito, proprio questo è il punto. Proprio questa è Parigi.
Non si fa politica in questo romanzo, nonostante la materia rappresenti un eccellente motore immobile, l'anarchico Ferlinghetti questa volta preferisce vestire i panni del filosofo, divertendosi a gettarci fumo negli occhi con la contestazione del 68 e i nostri riflessi condizionati. Un filosofo che usa una tavolozza di colori, che dipinge un magma incandescente in movimento, quello che dal centro della terra spinge per uscire fuori, distruggere tutto per ricominciare. Se Ferlinghetti spoglia le utopie, non intende dissolverle del tutto, non vuole trasformarsi in un nuovo Bellerofonte e uccidere la bestia, la chimera. Preferisce imprigionare tra le pagine le sue fiamme magiche per raccontarci di luci infinite e di ombre in continuo mutamento, quelle della vita.
L'amore nei giorni della rabbia è una lettura insolita, un breve romanzo di circa 140 pagine (personalmente possiedo l'edizione di Oscar Mondadori del 1999) che ci consente di osservare il mondo, in un colpo solo, dal telescopio onirico dell'eclettico Lawrence Ferlinghetti, ma che ci offre anche, tra indimenticabili passeggiate in una vecchia e moderna Parigi, limpidi ricordi del sangue veloce che un tempo ci scorreva nel corpo, quando agli ideali, e alla chimere, ci si credeva davvero, prima che spuntassero i primi capelli bianchi, sintomi della incombente restaurazione della realtà.
Piccolo rilievo per l'edizioni di Mondadori: in copertina viene riportata una bellissima fotografia di Wim Wenders, peccato che sia caratterizzata da un brand assai lontano dall'ambientazione del romanzo, quello della Coca Cola. Avrei scelto qualcosa di diverso, rappresentativo del tridimensionale viaggio a Parigi proposto da Lawrence Ferlinghetti; magari, se serve proprio un brand in copertina, avrei scelto Gauloises Brunes, le sigarette che con il loro fumo brunito hanno avvolto Montparnasse e tante idee e innovazioni di grandi artisti, durante la loro residenza parigina. Questione di gusti, certo, d'altronde, per essere del tutto sincero, devo dirvi che sono le sigarette che fumo anche io (con ovvia moderazione), distinguendomi come incurabile nostalgico e come persona dalla indubbia pazienza e determinazione, vista la fatica di trovarle sul mercato attuale, che di vecchie storie e di chimere non ne vuole proprio più sapere.