Antefatto
Alle scuole medie avevo una professore di francese madrelingua di quelle che oggi chiamerebbero i servizi sociali. Dal primo giorno, anzi giorno, ci disse che se volevamo parlare durante le sue ore, dovevamo farlo in francese, sennò per ogni parola italiana mettere 100 lire nel salvadanaio collettivo. Orca troia, aggiungemmo noi. E subito giù 200 lire. All’epoca la odiammo subito, perché era severa, aveva la erre più francese che abbia mai sentito e una fissazione per i verbi irregolari che sfiorava la mani.
Poi all'inizio della terza se ne usci con: “Questa’anno studiamo Parigi che vi ci porto in gita”
Urla, fischi e giubilo dell’intera classe.
Ma non avevo fatto i conti con l’oste, cioè con i miei.
Che non mi mandarono.
E Parigi restò un sogno.
Eh.
Fino ad oggi.
Cose che non ho visto
Ci sono mille milioni di cose che non ho visto a Parigi, ma mi sembra il minimo. Non si può far tutto in quattro giorni, e io non vacanza non corro: è contro la mia religione.
Ad ogni modo non ho visto Versailles. Peccato.
Non ho fatto un giro sulla Senna , ma questo non so se sia un gran peccato o no.
No, non sono stata al Mouline Rouge (l’ho visto da fuori), non ho mangiato al ristorante della Tour Eiffel (ma ci sono salita, a piedi e senza fare la fila).
Non ho bevuto la Coca Cola alla ciliegia, ma il vino francese sì.
Non ho viso l’Arco di Trionfo, perché l'Avenue des Champs-Élysées e i suoi negozi ci aveva tediato e abbiamo preferito prendere la metro e andare a bere un bicchierino alla nostra Cave des Absesses.
Non ho visto le catacombe di Montparnasse e i giardini delle Tuileries (pioveva quando siamo passati, non mi pareva il caso).
No, non ho visto nemmeno la casa di Toulose-Lautrec.
Vaccaboialadra.
Cose che ho visto (ma che non mi sarei aspettata di vedere)
Un mago tra i passeggeri del mio volo. Un mago, lo giuro, vestito da mago. Col cilindro, la palandrana e tutto il resto. Un mago americano, per di più, che mi ha raccontato di andare a Parigi con i soldi raccolti per le strade di Roma.
Una ragazzina asiatica con lo chador.
Scolaresche delle elementari francesi di tutti i colori in gita a Notre Dame solo con la maestra e senza il codazzo genitoriale tipico italiano.
Bambini di nove anni che tornano da soli a casa in metropolitana.
Tate di colore bellissime che portano a spasso bambini biondissimi e boccolosi.
La Gioconda, la Nike di Samotracia e La Libertà che guida il popolo.
La notte stellata, la colazione sull’erba e le pointillisme di Seurat.
Ho visto donne di tutti i colori camminare elegantissime e senza tacchi, che la metro va presa camminando di buona lena sull’acciottolato e senza inciampare possibilmente.
Ho visto in metropolitana tutti, giovani e vecchi, uomini e donne, ma proprio tutti con le cuffie anni ’80 collegate al lettore mp3 o al telefono. Una ballava anche. Io, ho pensato, farei la stessa figura da scema.
Ho visto le gonne a pois delle giovani parigine, con i loro chignon spettinati e curati insieme.
Ho visto uomini francesi col completo beige e i calzini blu elettrico.
Mettere il burro su tutto, anche sul formaggio. Per me che sono allergica, una festa.
Ho visto un ballerino di strada con una vasca di pesci rossi in testa.
Ho visto i Francafric protestare in piazza.
Ho visto le chimere di Notre Dame e due fidanzati italiani che litigavano furiosamente perché lui non aveva voglia di fare la fila, il tutto davanti ad una comitiva di giapponesi allibiti. Non eravamo noi, lo giuro.
Ho visto francesi gentili.
Ho visto francesi stronzi.
Ho visto troppi clochard. Troppi. Giovani, vecchi, uomini e donne. Troppi. Stretti nel sacco a pelo blu fornito dal comune, ubriachi o sobri, malati di mente o solo esausti. Ma troppi.
Ho visto le sedie color salvia dei giardini du Luxembourg, mitiche e comodissime. Ed ho pensato che in un giardino italiano sarebbero durate una settimana, poi tutti ne avrebbero fregata almeno una per metterla in veranda o in giardino.
Conclusione
Parigi è bella, ma non ci vivrei. Anche perché ci vorrebbero molti soldi per viverla, e io non ho ancora vinto al Superenalotto.
Certo, giocarci aiuterebbe.
Di sicuro torneremo, perché sono troppe le cose che non ho visto e ancora da vedere. E poi perché è bello credersi un po’ bohémienne ogni tanto e girare per Montmartre come Clive Owen in Midnight in Paris e sperare di incontrare un grande scrittore o un pittore maledetto.
Oppure, semplicemente, un mago.
Ho visto l’aeroporto di Orly, con le sue poltrone super comodissime su cui mi sono addormentata aspettando il volo di rientro.