Le pagine che seguono, cambiando il titolo e qualche “ punto e virgola “, sono adattabili a molte realtà del meridione.
Parte II (per la prima parte, cliccare qui)
… Diceva pure, – Gli uomini sono fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo. E la famigliola di padron ‘Ntoni era veramente disposta come le dita di una mano. Prima veniva lui, il dito grosso, che comandava le feste e le quarant’ore; poi suo figlio Bastiano, Bastianazzo… … Padron ‘Ntoni, sapeva anche certi motti e proverbi che aveva sentito dagli antichi, perché il motto degli antichi mai mentì…
Giovanni Verga le chiama “ sentenze giudiziose “. Vero è, queste sentenze non mentono mai, ma occorre verificarlo di persona, vivere la vita, anche sbagliando, aspettando la sentenza della vita, e non quella del dito grosso. Le due sentenze sono uguali, ma vivere la vita è una sensazione più grande di qualsiasi sentenza giudiziosa, emessa a priori dal dito grosso, come se fossimo dei robot, automatizzati.
Quello che ha fregato noi canicattinesi, nella storia, è stato il momento in cui è nata la nostra città, nessuna ironia, ma soltanto un dato storico. La crescita della nostra Canicattini, avviene nel bel mezzo della rivoluzione industriale, che di fatto è stata una rivoluzione culturale. Mentre cercavamo di formare la nostra presenza in questo mondo, eravamo attenti a capire come si vive in questo mondo, ecco che gli altri Comuni vicini e lontani, assorbivano tutti quegli elementi della modernizzazione culturale, che avveniva in quel periodo. Inutile nasconderlo, per via di tutto ciò, la nostra arretratezza culturale ci pone ad una distanza di almeno un trentennio, dal mondo che ci circonda. Arretratezza culturale, mica vuol dire, non vestirsi alla moda, e neppure essere antichi, al contrario chi vive nell’arretratezza culturale, può essere moderno, può sentirsi moderno, ma nel contempo vivere ( conchiuso ) nel suo mondo e vivere delle sue cose.
La realtà attuale ci mette di fronte ad un indispensabile mutamento della nostra cultura. Chiamiamola con il suo nome, è necessaria una “ rivoluzione Culturale “, non è parola grossa, non è il titolo di un film comico. Non è nient’altro di quello che l’uomo ha fatto in tutta la sua vita: adattarsi ai mutamenti del mondo che lo circonda.
La rivoluzione o meglio il cambiamento, in questo caso, avverrà comunque, ma evitare che ciò avvenga da solo, ( i soliti trent’anni ) a prezzi altissimi, che peseranno soprattutto sulle generazioni, ancora da concepire, o sui bambini che si affacciano adesso alla vita, è un dovere a cui i canicattinesi di oggi, non possono sottrarsi.
Fino alla fine degli anni settanta, la società canicattinese, era assolutamente arcaica ( non è offensivo ) allora, ( come adesso ) a prevalere erano elementi culturali arcaici, infatti la nostra cultura si fondava esplicitamente sui tratti “ ammiria e u sparramienti “. Tratti culturali, che avevano l’obiettivo di determinare un attento “ controllo sociale “. Erano elementi fondamentali ed utili, per preservare la nostra società, e per rispondere all’esigenza di mantenerla sana ed integra. In realtà quegli elementi culturali, “ ammiria e u sparramientu “ non hanno consentito a variabili culturali esterne di attecchire nel nostro contesto e tessuto sociale, raggiungendo in maniera puntuale il loro scopo. Un solo esempio, a cosa serviva in quegli anni la piazza piena di canicattinesi se non a consentire agli adulti di controllare i giovani, osservandoli a passeggere per la via XX settembre. ( sulla Piazza occorrerebbe scrivere una storia. In quello che accadeva e accade nella nostra piazza, c’è la nostra storia )
Oggi, ma gradatamente dagli anni 80 in poi, con un’accelerazione fortissima nell’ultimo decennio, gli elementi della modernizzazione hanno prevalso, quasi esclusivamente tra i giovani. Questo è dovuto ad una serie infinita di fattori, messi insieme. L’influenza è stata determinata da una presenza totalizzante dei mezzi di comunicazione di massa, e successivamente internet, dalla diffusione dell’università nella totalità delle classi sociali, e non ultime, le gite e le vacanze, che hanno fatto apprezzare da vicino “ ai giovani “, mondi nuovi, fino ad allora visti soltanto nei film e nei telefilm.
Due sono le domande da porsi, fino a quando la parte adulta della nostra società riuscirà ancora a credere ad un fittizio “ Controllo Sociale “ che ormai di fatto non esiste? E quando il mondo complesso giovanile, dirà chiaramente agli adulti che sono pronti per la rivoluzione? O per dirla con Verga, fino a quando il dito grosso, continuerà a sentirsi tale, pur in presenza di un dito piccolo, pronto a giocarsela alla pari, e comunque non più disposto ad accettare a prescindere nessuna sentenza giudiziosa?
Perché accettare inermi la grande sfida culturale generazionale?
La durata di questa fase, dipende da noi: Aspettare i tempi, che da soli determineranno questo cambiamento ( i soliti trent’anni ) non conviene, perché il prezzo da pagare è altissimo.
L’attuale fase storica, ci offre una grande possibilità, quella di liberare culturalmente la nostra società; libera da ogni forma di controllo culturale che di fatto non c’è, solo le apparenze continuano a farcene credere l’esistenza. Occorre abbandonare quegli elementi, “ ammiria e sparramientu “, non servono più, non riescono comunque a preservare la nostra società da attacchi esterni, da elementi che oggi sono presenti nella nostra cultura, a pieno titolo.
Oggi, servono soltanto a limitare ogni forma di emancipazione, di ognuno di noi, e non ci consentono, come sempre, di andare oltre il ponte d’Alfano da una parte, e due bivi uno dei 7 Km per Palazzolo e l’altro dei 5, per Cassibile, e dall’altra parte a superare i “ vagni “.
Tutti noi ci fermiamo li, non riusciamo ad andare oltre.
Troppo presi ognuno di noi, e qui adulti e giovani, non solo all’esaltazione dell’io, magari fosse solo questo, ma soprattutto alla distruzione di ogni azione prodotta dai nostri simili, e quasi a godere delle disgrazie altrui, vorrei togliere il quasi. Un po’ come i cittadini di Trezza godevano delle sventure dei Malavoglia. Anche loro i trezzani, apparentemente in pena per le disgrazie della Provvidenza.
Queste evidenze, danno fastidio oggi, più ancora di ieri, perché la nostra città in tutti i settori della vita umana, proprio tra i giovani, offre potenzialità di enorme qualità, che ognuno di noi preso singolarmente, a causa dell’arretratezza culturale, sta cercando di bloccare, semplicemente fermare, cosi come abbiamo fatto in tutta la nostra storia, ma allora c’era un motivo, un motivo culturale, ma oggi che senso ha.
Liberiamo Canicattini, riconoscendo senza freni, la bravura e l’eccezionalità di chi ci sta attorno, e soprattutto finiamola con i complimenti di facciata, che girando l’angolo diventano “ sparramientu “ dovuto all’ “ ammiria “.
Mettiamoci in gioco, se poi siamo realmente scarsi, ce ne faremo una ragione.
Nessuno sviluppo, può avvenire, se non passa attraverso un cambiamento della nostra mentalità: E’ tempo di Rivoluzione Culturale.
Parte Terza – La terza parte, è già scritta, riveduta e corretta, ma sarà pubblicata “ a mari nà “, verso fine anno.
In questi mesi, attendo che la Provvidenza, diventi l’imbarcazione di tutti i Trezzani, e non rimanga quella personale di padron ‘Ntoni.
Paolo Giardina