Autore: Sandro Pezzelle
La seconda fotografia prende le mosse dal Sofista di Platone: si parla di «combinazioni tra atomi, cioè della nascita, o meglio del riconoscimento, delle più importanti molecole di parole – le frasi». L’ordine, com’era stato anticipato nell’introduzione, non è casuale: dai puri nomi, dagli atomi in isolamento si passa ad una dimensione superiore. E con la stessa progressione si va da Platone ad Aristotele. Qui si ragiona sulla logica, intesa come capacità di un enunciato di “dire il vero”, mentre commentando un frammento del De lingua latina di Varrone si passa alla morfologia e, insieme, alla considerazione che «parte della nostra conoscenza del linguaggio non ci viene insegnata: è un fatto di natura».
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Questione annosa e interessantissima che – almeno per gli addetti ai lavori – non può che rimandare “naturalmente” ai pionieristici lavori di Chomsky, ben riassunti da Moro nell’«ipotesi che gli esseri umani nascano con un cervello che (in potenza) contiene già tutte le sintassi possibili». «L’apprendimento non sarebbe dunque un fenomeno di costruzione, ma di selezione». Proprio a Chomsky si approda con la diciassettesima e ultima istantanea, quando si legge una citazione che, anche solo a voler dare un giudizio meramente estetico, lascia a bocca aperta: «Il linguaggio è più simile a un fiocco di neve che al collo di una giraffa. Le sue proprietà specifiche nascono dalle leggi di natura, non sono qualcosa che si sviluppa come accumulo di fatti storici casuali». Si parlava di approdo, poco fa, e non a caso; perché per Andrea Moro quella di Chomsky «non è una foto di gruppo. Anzi, ritrae un individuo quasi isolato, malgrado le apparenze. […] una foto difficile e inaspettata, di quelle che fanno capire come il viaggio non sia affatto finito».Le conclusioni cui giunge questo lavoro, che tra gli altri chiama in causa pure Cartesio e Ferdinand de Saussure, non hanno la presunzione di atteggiarsi a teoremi inoppugnabili o rassicuranti dati di fatto. Si tratta piuttosto di conclusioni provvisorie, fotografate nel loro avvicinamento progressivo ad una verità che pare comunque un’alternativa migliore a quella che vorrebbe spiegare tutto con il caso. «L’album non è completo – si apprende nel congedo – ma la vera questione è se un album sul linguaggio potrà mai esserlo». Parlo dunque sono, aggiungiamo riprendendo il paradosso che chiude il libro, è un altro passo di Achille verso la tartaruga.