Parola di Nessuno

Parola(dosso)

Prova a sentire

-  Luciano Ligabue

Tutte queste parole fanno male, fanno bene, non fanno? Mi alzo e la prima cosa che penso è: una parola. Se dico “buongiorno” oppure “andate a quel paese” sempre di parole si tratta. E se faccio lo sciopero, se sto zitto per un minuto o per un mese, il silenzio è assenza di parole. Parole, maledette parole di uno scrittore, benedette dal prete, che non sa che farne. Dispendio di pensieri, ragionamenti: parole. Vomitate quasi a caso, come i saluti da un treno in corsa a sconosciuti destinatari che ne mormorano altre, in un circolo vizioso che chiamiamo “comunicazione”.

Dove dovremmo stabilire, penso, un vaso comunicante con il nostro io: allora, lì, la parola assumerebbe, probabilmente, un preciso significato. Recide ogni contatto con la realtà esterna e parla sfacciatamente a colui che ne possiede il vero significato: il mittente.

Paradosso: la parola assurgerebbe così a minima funzione linguistica, il significante coinciderebbe con il significato e secoli di storia, di
cultura, di lingue, sarebbero bruciati in un monologo che ci trasformerebbe in fenomeni consapevoli di sé, ma non di tutto il resto.

E cos’è il resto?

Padrone porta cane fuori.

Impiegato parcheggia automobile.

Contadino ara terreno.

Ogni tanto attraverso deserti aridi di suoni, poi un fiume di parole esonda e non posso far altro che stare nella corrente. Ogni tanto perdo parole e mi restano appese fra i denti, la lingua è asciutta e non vengono fuori, malgrado siano chiare, ne senti il sapore, sai benissimo di che pasta sono fatte, il grado di dirigibilità!

Alle volte sono pietre che cadono con tonfo sordo, altre volte sono ali che dischiudono orizzonti.

Radio Parola uccide Immagine Muta.

 

Ascolta, resta in onda, esonda e fai sentire la tua voce: non importa se saranno suoni articolati, se userai parole o gesti o luci o odori, se avranno un senso per qualcuno, per tutti o per nessuno. Urla. Parla. Vivi.

Prova a “essere”.