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Parole che si, parole che no

Creato il 30 dicembre 2012 da Sarettajan @girotrottolando

Vi capita mai di percepire solo qualcosa di un discorso? Forse perché siete distratti, forse perché siete convinti che non vi interessa, che non vi è nulla di utile in quella matassa di parole srotolate davanti a voi come un lunghissimo rotolo di pergamena consunto, del quale non riuscite a leggere la calligrafia… Come quando nuotate e tutti i suoni all’esterno vi arrivano ovattati, ronzii smorzati dal suono dell’acqua che vi inonda le orecchie e il cervello… E così lasciate che la testa vaghi per conto suo, leggera, furba, lasciate che, per non annoiarsi, cerchi egocentricamente in se stessa le vostre parole, ancora in forma di pensiero… E la maggior parte delle volte ci riuscite, vi perdete in quei meandri accoglienti finché non arriva finalmente dall’altro lato un silenzio tranquillizzante che vi riporta indietro. Un via libera.

Parole che si, parole che no

Altre volte invece qualcosa va storto e durante il vostro viaggio di fuga d’improvviso qualcuna di quelle parole, che credevate ormai lontanissime da voi, esce dal groviglio, vi riacchiappa violentemente per i capelli e vi costringe a dargli attenzione. Parole che, per qualche ragione, sono riuscite a oltrepassare i nostri muri, che, in qualche modo, si sono infiltrate in quei pochi, piccoli e nascosti spiragli che lasciamo aperti e ci hanno costretto ad accorgerci di loro e, finalmente, ad ascoltarle. Come quando durante un litigio, tra le urla e i piagnistei, quando stai per aprire la porta ed andartene, arriva una di quelle frasi taglienti, d’amore o d’odio che sia, che ti colpisce forte e dritta  allo stomaco e ti impedisce di andar via. O come quando qualcuno lascia una frase troppo difficile da pronunciare a metà e quelle parole mancanti, che già conosciamo, rimangono sospese nell’aria silenziosamente inespresse, fino a che non le ispiriamo e le tratteniamo nei polmoni..Tutto il resto forse riusciamo a dimenticarlo, ma quelle parole raramente riusciamo ad espirarle insieme all’anidride carbonica… Come la favola del gigante Gesualdo che mi raccontava sempre mio padre da bambina, non ricordo nulla della favola, però ricordo perfettamente che il gigante portava 100 di numero di scarpe.

Parole che si, parole che no

Si tratta sempre di un piccolo gruppetto di sillabe esigenti che, mentre tutte le altre ci rimbalzano addosso senza quasi intaccarci, riescono ad entrare furtive, toccano subdolamente i nostri nervi, permeano avidamente le nostre vene per poi uscire e lasciarci storditi, sperduti, a volte impauriti.

E ci sono addirittura volte in cui quelle parole non escono più. Continuano a ronzarci nella testa o rimangono annidate in qualche buio angolino in attesa di venire fuori quando non ce le aspettiamo, quando non ce ne ricordiamo più… Come un TI AMO che, spontaneo, esce fulmineo e ribelle dalla nostra bocca senza che la vergogna o la paura riescano a fermarlo; come quelle frasi dei nonni che ci ritroviamo a ripetere istintivamente senza rendercene conto, dopo chissà quanti anni che riecheggiavano tacite in noi…

Le parole, quando arrivano veramente, hanno questo potere, restano, che tu lo voglia o no.

Parole che si, parole che no



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