Mentre Coldiretti lancia l’allarme per i rincari delle bollette che si “mangiano” il 10% del redditto delle famiglie, si fa strada la necessità di investire i soldi in ricerca, anche sul fronte energetico.
Nonostante le bollette elettriche siano diminuite dell’1 per cento (che si aggiunge al meno 1,4 per cento di gennaio) e quelle del gas del 4,2 per cento, rimaniamo leader indiscussi in Europa per il caro energia. Un conto salato che, secondo Coldiretti, si mangia circa il 10% del redditto di una famiglia media italiana. Sono gli incentivi per le fonti rinnovabili ad appesantire le bollette della luce degli italiani, cresciute quasi il doppio rispetto alla media europea tra il 2011 e il 2012 secondo i dati Eurostat. La ricerca, pero’, potrebbe essere la migliore alleata dei consumatori, permettendo un’integrazione piu’ intelligente delle rinnovabili nel sistema elettrico senza sprechi e costi aggiuntivi. Ad affermarlo all’ANSA sono gli esperti di Rse SpA, Ricerca sul Sistema Energetico , una società per azioni del Gruppo GSE SpA, che sviluppa attività di ricerca nel settore elettro-energetico
Gli aumenti piu’ significativi in bolletta si registrano sotto la voce ‘oneri generali’, un unico pentolone in cui vanno a finire costi non strettamente legati alla produzione di energia, come quelli relativi alla ricerca, allo smantellamento dei vecchi siti nucleari e agli incentivi per le rinnovabili.
In bolletta paghiamo l’IVA come se stessimo acquistando un bene o un servizio: nel solo 2010 lo Stato si è incamerato un miliardo di euro. Senza guardare poi ai 355 milioni di euro che sono stati “prelevati” a favore delle Ferrovie dello Stato o per lo smantellamento delle centrali nucleari. Agevolazioni destinate alla fiscalità generale e non certo da calcolare in base ai consumi elettrici di imprese e famiglie.
”Stiamo pagando una politica passata di incentivi molto generosi, come quella che ha favorito il boom del fotovoltaico con tariffe incentivanti tra le piu’ alte al mondo erogate per 20 anni”, spiega Michele Benini, responsabile del gruppo di ricerca ‘Scenari’ del dipartimento sviluppo sistemi energetici di Rse. ”Il peso si sentira’ anche nei prossimi anni – aggiunge – e il picco sara’ raggiunto nel 2016, con un costo annuo di oltre 12 miliardi di euro”.
”Gli incentivi che stiamo pagando rappresentano una scelta del sistema Paese con cui ormai dobbiamo fare i conti’‘, ha proseguito Stefano Besseghini, amministratore delegato di Rse. ”La cosa fondamentale ora e’ puntare sulla ricerca per migliorare la nostra conoscenza del sistema elettrico e favorire un’integrazione intelligente delle rinnovabili per sfruttarle al meglio, senza sprechi e costi aggiuntivi. La situazione e’ complicata, ma proprio per questo perche’ ricca di opportunita”’.
Parole sante che arrivano forse un po’ in ritardo dal momento in cui in questi anni abbiamo finanziato un produzione, spesso inefficiente, con un costo enorme. Meglio sarebbe stato finanziare – fin da subito – la ricerca e la sperimentazione delle imprese sulle rinnovabili, così da avere un’industria forte e capace di competere nel mondo. Oggi ci sarebbero molti più lavoratori con un posto di lavoro sicuro così come più figure specializzate in grado di dare valore aggiunto a questo nuovo settore. Ma questa è un’altra storia che si chiama politica industriale e che ancora nel nostro paese non ha visto la luce.