Parte XIII

Da Whitemary

Durante il tragitto verso casa nessuno dei due parlò; eravamo troppo impegnati a perderci nei nostri pensieri. Quando imboccai il vialetto, realizzai che da quel momento tutto sarebbe cambiato: ? aveva ricevuto le informazioni a cui tanto teneva e sarebbe partito, io avevo conosciuto un lato della mia famiglia di cui ero rimasta all’oscuro e avrei dovuto trovare il coraggio per raccontare la verità all’uomo che mi sedeva accanto e di cui incominciavo ad essere assurdamente innamorata.Stavamo camminando verso la porta d’ingresso con J appena dietro di noi, quando mi decisi a parlare. Adesso o mai più, mi dissi.“Prima che tu te ne vada, voglio spiegarti perché non ci sono foto in casa, voglio raccontarti tutto.”“Non sei obbligata.”“Lo so. Ma desidero farlo.”Raggiunsi il divano nella libreria e mi sedetti; lui mi seguì. Appena si sistemò accanto a me, mi voltai a guardarlo e le parole arrivarono impetuose. Gli raccontai di come avevo insistito per guidare perché avevo pensato che mio padre fosse stanco, di come il camion era spuntato all’improvviso e del mio fallito tentativo di evitarlo. Gli spiegai le dinamiche dell’incidente e gli descrissi i terribili giorni passati in ospedale. Gli dissi della gamba e di tutti i sensi di colpa che lenti mi divoravano. Le lacrime incorniciavano le mie frasi e dovetti prendermi delle piccole pause, senza le quali non sarei riuscita a continuare. Mi soffermai sugli ultimi ricordi, sul viso di mio fratello, sulle mani di mia madre, sui discorsi di mio padre. Gli raccontai di come mi ero ritrovata completamente sola non avendo nessun altro parente in vita, gli descrissi gli incontri con lo psicologo, la riabilitazione, il ritorno a casa e la fuga in quella di mia zia. Lui mi lasciò parlare e non mi interruppe mai. Di tanto in tanto mi stringeva a sé, mentre il calore del suo corpo sedava le mie angosce. Quando finii di raccontare, sentii il suono della sua voce:“Credo di essermi innamorato di te.”Senza nemmeno avere il tempo di rigettare indietro le lacrime, lo baciai. Quando allontanai il mio viso dal suo, lui riprese a parlare.“Lo so che avrei potuto dire milioni di altre cose e che il mio tempismo fa schifo, ma non sono mai stato bravo con le parole e avrai notato che preferisco di gran lunga ascoltare. Stavo cercando la frase giusta da dirti e volevo farti capire che condivido il tuo dolore, ma l’unica cosa a cui riuscivo a pensare erano le lacrime che ti incorniciavano il viso. Mentre parlavi, mi sono reso conto di quello che provo per te. Nel tragitto verso casa ho ripensato alla storia di mio nonno e Clotilde e ho avuto il terrore di essere uguale a lui. Ho temuto di non essere in grado di seguire il mio cuore. Ma guardandoti raccontare la tua, di storia, mi sono reso conto che io non sono come lui. Ti amo Anna e mi rendo conto dell’assurdità di tutto questo. E non so come andrà a finire e non voglio nemmeno saperlo. Mi ritrovo a non sapere assolutamente niente. Ed è tutto così illogico.”Gli sorrisi e quando gli confessai di trovarmi esattamente nella sua stessa situazione, lui prese il volto tra le mani e mi baciò. Feci appena in tempo a sussurrargli che anch’io lo amavo, quando il suono di un motore ci raggiunse. Potevano essere solo due persone. Uscimmo in giardino e vidi Carla e Finni avvicinarsi a passo svelto e fermarsi non appena videro ?. Carla fu la prima a parlare, ma non riuscì nemmeno a finire di chiamarmi “tesoro”, che Finni la interruppe.“In paese parlano e Annetta ci ha raccontato tutto. Siamo venute per sapere come stavi. Lui dev’essere il nipote di Alfred.”? si fece avanti e si presentò, mentre Carla si rivolse a me in tono preoccupato.“Tesoro hai gli occhi gonfi di lacrime! Cos’è successo?”“Vi va di entrare? Preparo un thè e vi raccontiamo tutto.”
FINE
B.

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