L’analizzatore ionico di vento solare a bordo della MAVEN, che studierà gli ioni nell’atmosfera marziana, per permettere di comprendere meglio la sua evoluzione.
Crediti: NASA
La NASA ha lanciato lo scorso 18 novembre la sonda MAVEN (Mars Atmosphere and Volatile Evolution), che raggiungerà Marte nel settembre di quest’anno, con l’obiettivo di capire quali siano stati i fattori e le modalità in cui – nel corso di un processo durato miliardi di anni – il pianeta rosso abbia perso la propria atmosfera.
Uno degli strumenti a bordo della navicella studierà uno speciale componente dell’atmosfera marziana per cercare di far luce questo mistero. Lo studio degli ioni, particelle elettricamente cariche presenti sia dentro che al di sopra della rarefatta atmosfera del pianeta, effettuato per mezzo dell’analizzatore ionico di vento solare (Solar Wind Ion Analyzer – SWIA) a bordo della MAVEN potrà contribuire a spiegare perché Marte abbia gradualmente perso la maggior parte della propria atmosfera, divenendo il pianeta brullo e gelido che conosciamo. Quando MAVEN orbiterà intorno Marte lo SWIA sarà impiegato nella misurazione degli ioni: lo strumento è stato appositamente progettato e realizzato presso gli Space Sciences Lab di Berkeley da un team di scienziati dell’Università della California.
Il vento solare si libera continuamente dall’atmosfera del Sole e soffia verso Marte a velocità di milioni di miglia orarie, portando con sé un campo magnetico che ha origine all’interno della nostra stella. Tale campo magnetico è composto da particelle elettricamente cariche che, entrando in contatto con le particelle di gas neutri che si trovano negli strati più esterni dell’atmosfera marziana, permettono a queste ultime di liberarsi dal campo gravitazionale del pianeta. Gli scienziati ritengono che l’interazione tra gli ioni trasportati dal vento solare e le particelle dell’atmosfera marziana sia il fattore chiave che ha permesso il loro allontanamento dal campo gravitazionale di Marte, processo che ha in un certo senso “eroso” l’atmosfera del pianeta nel corso di miliardi di anni.
L’incrocio delle misurazioni fatte dall’analizzatore ionico sul vento solare e quelli che gli altri strumenti presenti a bordo della navetta faranno sulle particelle di gas distaccati dall’atmosfera marziana permetterà di tracciare un quadro dell’evoluzione che questa ha avuto.
Jasper Halekas, Ricercatore Associato della Berkley e membro dello Space Physics Research Group, che guida il team dello SWIA, spiega che – combinando le misurazioni effettuate da tale strumento con quella effettuate sulla perdita di particelle di gas – sarà possibile parametrare tale perdita in funzione della forza del vento solare. Le domande a cui si cerca di rispondere sono in ultima analisi dove sia finita l’atmosfera di Marte, in particolare l’acqua, e in quale modo il processo si sia svolto, per capire quale sia stato l’aspetto del pianeta nel corso della sua evoluzione.
Lo SWIA misurerà, nello specifico, la velocità e la densità del vento solare: due fattori determinanti che definiscono il modo in cui gli ioni interagiscono con le particelle dell’atmosfera del pianeta. Halekas spiega che, nonostante il vento solare non presenti una elevata densità di ioni, la sua folle velocità permette comunque a un enorme numero di essi di colpire l’atmosfera marziana ogni secondo, e quindi di interagire con le particelle che la compongono. La misurazione di densità e velocità del vento solare effettuata dallo SWIA potrà aiutare a stabilire se folate di vento solare più dense e potenti diano luogo a perdite di atmosfera più rilevanti. Questa informazione servirà a stimare le perdite del passato, quando le folate di vento solare potrebbero essere state più frequenti e intense per la maggiore attività di un giovane Sole.
Lo SWIA è stato sottoposto a moltissimi test di calibrazione per assicurarne il corretto funzionamento, ma come lo stesso Halekas – responsabile proprio di tali calibrazioni – aggiunge, quando uno strumento viene per la prima volta provato nel spazio non si può mai essere sicuri che non salti fuori qualche problema inaspettato.
“Non importa quanti test facciamo propedeuticamente, e vi assicuro che sono un numero enorme, ci sono cose che semplicemente non possono essere simulate in laboratorio. Le prime settimane dopo il lancio e quelle che seguiranno l’arrivo intorno Marte saranno senz’altro le più sfidanti e stimolanti, perché ci mostreranno il modo in cui lo strumento opera nell’ambiente marziano”.
Le sfide davanti alle quali il team che segue lo SWIA si troverà potranno essere le più disparate, ma i ricercatori sono certi che lo strumento si comporterà bene e sarà determinante nello svelare i misteri che ancora “avvolgono” – è proprio il caso di dirlo – il Pianeta rosso.
Fonte: Media INAF | Scritto da Francesca Aloisio