“L’informazione è come una banca e il nostro dovere è rapinarla”Recitato da Genesis P. Orrige, dalla sceneggiatura di Klaus Maeck, per il film DECODER di Muscha (Germania 1984).
Nel momento più florido della cultura multimediale underground tedesca erano nati diversi progetti ispirati alla fantascienza distopica e politica di George Orwell e di Ray Bradbury. Nel 1984 il mondo immaginato da Orwell non si era ancora realizzato, ma una nuova onda di creativi ed intellettuali stavano avviando un lavoro di cultura anticonvenzionale che avrebbe stabilito le basi delle avanguardie moderne come il citato DECODER. Rimanendo nel contesto della fantascienza, intesa come strumento di analisi sociale, in quello stesso anno veniva scritto NEUROMANCER di William Gibson. Il primo romanzo emblematico della cultura “cyberpunk” avrebbe anticipato la nascita di internet e dell’attivismo politico ed artistico dei giorni nostri. Oggi però ci sono anche nuove generazioni meno colte che pensano che il Grande Fratello non sia il dittatore perfetto immaginato da Orwell ma il reality a cui vogliono partecipare, oppure che le veline siano ragazze giovani e carine che con tacchi a spillo e vestitini provocanti portano foglietti a comici travestiti da giornalisti, nessuno ricorda più cosa fossero le veline ai tempi del fascismo. In Iran Facebook è autorizzato mentre la Tunisia ha cercato di proibirlo e chiuderlo durante la primavera araba, quella che a prima vista può sembrare democrazia è invece (come ci spiega a Cannes il regista Mohammad Rasoulof nel film MANUSCRIPTS DON’T BURN) uno strumento facile per monitorare e catalogare le persone ed identificare potenziali dissidenti. L’informazione è una banca mondiale che fa gola a tutti e su cui tutti quelli che detengono un potere totalitario vogliono mettere un lucchetto. L’informazione è cultura e la cultura libera apre la mente e rende la persona critica ed analitica verso il mondo in cui vive, meno sei colto più sei manipolabile ed anche se non hai un titolo di studio meno sei informato e più sei schiavo di chi ti informa. Ogni anno vado al Festival di Cannes per ragioni di lavoro, oltre agli impegni e le parentesi mondane quello a cui sono volontariamente sottoposto è una doccia di film, di informazioni, di cultura di tutto il mondo. Dopo le ultime elezioni, dopo un periodo di stasi passato a leggere i giornali, la televisione e seguire la politica del mio Paese mi sono ritrovato davanti una specie di dipinto collettivo di artisti sul mondo, sulla politica mondiale e su come si stanno muovendo le cose nella nostra società globale. Tornando a casa, dopo un violentissimo ed esaltante “brainstorming” di cinema mondiale ho sentito con chiarezza che l’informazione da noi e la stessa cultura sembrano assopite, non guardiamo o non vogliamo guardare il mondo che cambia, non sappiamo o non vogliamo sapere quello che esiste fuori dal nostro Paese. In effetti ancora adesso facciamo fatica ad accettare di non essere più solo Italia ma parte dell’Europa, trattiamo le elezioni europee con superficialità e prendiamo atto delle decisioni comunitarie con intolleranza, non riconoscere di fare parte dell’Europa o del mondo non significa che non saremo travolti dai cambiamenti, significa solo che non saremo preparati a sostenerli quando arriveranno. Sento che oggi il mio Paese fa fatica a riconoscersi parte del mondo, protagonista di un processo evolutivo sociale e politico. La cultura in Italia è in crisi come ogni forma di cultura e si tende a dare la colpa alla crisi economica, eppure la Francia in crisi economica ha rafforzato gli appoggi alla cultura, anche l’Inghilterra ha fatto lo stesso e molti altri Paesi hanno ragionato con lo stesso principio. Noi che siamo la culla dell’arte invece ci siamo assopiti sotto al sole, come i protagonisti della GRANDE BELLEZZA di Paolo Sorrentino, lasciando che faccendieri anonimi e ben vestiti guidino nell’ombra il Paese. Forse il nostro dovere è quello di “rapinare” culturalmente l’informazione, diffondere da bravi partigiani le verità nascoste dalla televisione generalista e cercare di risvegliare la mente e la passione dei cittadini che sempre in meno vanno a votare perchè stanchi, disinformati o delusi. Forse dobbiamo denunciare come fa il coraggioso regista cinese Jia Zhangke nel suo “A touch of sin” che l’economia non va messa prima degli esseri umani, che la religione viene dopo la persona (come urlano inascoltati i registi iraniani scomodi al regime) oppure che un singolo individuo non può essere superiore al collettivo che è chiamato a governare (come fanno le Pussy Riot contro Putin). Tutto questo lo può fare solo una cultura libera ed accessibile a chiunque, forse è questo il prossimo passo da fare come cittadino responsabile, sostenere il diritto allo studio per qualsiasi età e condizione economica, promuovere la diffusione delle opere attraverso spazi non monopolizzati da pochi potenti e combattere perchè non resti indietro un singolo Cinema, Teatro, Operatore culturale o cittadino, perchè tutti abbiamo il diritto di sapere. Essere partigiani della costituzione vuol dire esserlo anche dell’informazione e della cultura, vuol dire “rapinare” l’informazione perchè tutti possano democraticamente fruirne.
Daniele Clementi