i 'picciotti' di Giuliano (archivio Casarrubea)
Tirava un vento gelido e la stazione ferroviaria era piena di gente. Erano saliti tutti nelle poche carrozze sgangherate e risistemate dopo i bombardamenti della guerra, e si erano accomodati nei loro scompartimenti riponendo i bagagli sopra le teste dei loro dirimpettai, quasi a meglio tenerli sott’occhio durante il viaggio.
Quando il treno a carbone, lanciando un grosso pennacchio di fumo nero nell’aria nebbiosa, si fu messo in moto, nessuno avrebbe immaginato che proprio in quel giorno, per tutti gli ospiti di quel convoglio, sarebbe successo il prevedibile. Non che non fosse nel conto, ma perchè nell’animo umano si conserva sempre la recondita speranza che quello che deve succedere di tragico, capiti sempre agli altri. O comunque capiti un’altra volta.
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Nei film western assistiamo alla scene dei banditi a cavallo che, armati di fucili, prendono d’assalto treni e diligenze. Ma si tratta di film e non ci facciamo caso. Ma le cose non andarono così a quei poveri sventurati che infilatisi speranzosi nelle carrozze furono poco dopo la partenza, testimoni di una brutta avventura. Dato l’anno in cui il fatto accadde c’era da aspettarselo. Allora i banditi non si vedevano solo nei film, ma dalle nostre parti c’erano davvero e scorazzavano indisturbati per le nostre campagne.
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Giuliano,9 agosto 1947 (archivio Casarrubea)
Furono proprio i banditi di Turiddu Giuliano a essere primi attori della scena. Avevano avuto licenza di uccidere e di rubare per certi nobili fini che solo loro sapevano e che sfuggivano alla gente comune. Anzi, questa si era fatta l’opinione che se furto avveniva era a fin di bene perchè, stando alla vulgata, Giuliano toglieva ai ricchi per dare ai poveri. E se un derubato era un povero aveva l’obbligo morale di pensare che quel grande benefattore stava rubando per dare un refrigerio a qualcuno che era ancora più povero. Convinzione ampiamente duffusa dai giornali. E, si sa, se i giornali dicono una cosa, è la verità.
L’ennesima opera di bene accade nei pressi della ferrovia che da Trapani conduce a Palermo, nelle vicinanze della galleria di Partinico. Un gruppo di banditi armati prese d’assalto il treno che il 23 gennaio 1946, partito da Trapani era diretto alla volta di Palermo. Verso le ore 16 si udirono due forti esplosioni, il treno si fermò all’istante, il macchinista ebbe un mezzo svenimento e i passeggeri, affacciatisi istintivamente ai finestrini, si misero per un secondo a curiosare.
Partinico assalto al treno
Poi, capita l’antifona e spinti dall’autoconservazione che da secoli li aveva allenati a salvare la pelle, si buttarono a terra lungo i corridoi dei vagoni. Qualcuno si chinò sui sedili dandosi per morto. Ma, dovunque si trovassero, all’inferno dantesco a sentire “gli infiniti lamenti” del quarto Canto, o nell’oltretomba di questo mondo contemporaneo, furono tutti chiamati ad alzarsi e a scendere a terra in fila indiana. I maschi furono immediatamente perquisiti e derubati dei loro oggetti personali, valigie comprese, le donne, non pare siano state toccate. La ragione si spiega perchè nel mondo cavalleresco al quale i banditi pensavano di appartenere, il gentil sesso non si tocca. Se non altro perchè a qualche marito o padre di famiglia al quale non va giù una “toccata” più o meno interessata, sarebbe potuto andare il sangue in testa, e Dio solo sa cosa sarebbe potuto succedere.
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Assistette all’insolito spettacolo un tenente della Raf (Royal Air Force) di stanza a Catania, che – a suo dire- aveva appena visitato Erice e stava tornando all’Hotel delle Palme di Palermo, dove alloggiava. L’ufficiale, R. Gillingham, con flemma tutta inglese, dopo essersi messo in coda, scese a terra, si presentò al capobanda e gli spiegò che era un ufficiale di sua maestà britannica con il suo seguito. Che funzione avesse in quel treno e chi fossero i suoi accompagnatori non è dato sapere. Certo è, però, che i banditi gli restituirono il bagaglio e che l’ufficiale, arrivato a destinazione, ebbe un colloquio con un altro graduato, questa volta dei servizi segreti navali americani. Alla fine tutti rimasero, in quell’hotel di mafia e militari, sollevati e contenti. Gillingham forse non aveva capito nulla di quello che era successo. Notò solo che i banditi lo avevano trattato con cortesia, dopo avere visto che l’uomo era in divisa inglese.
Partinico assalto al treno 2
Ma gli americani la sapevano più lunga del diavolo:
“La battaglia con i separatisti dell’Evis a Montelepre, che era iniziata tra il 9 e il 10 gennaio [1946], si è conclusa il 16 gennaio. Il bilancio definitivo è di 9 morti tra i CC. RR. e i soldati dell’esercito. I feriti sono 35. […] Al momento, la guarnigione di Montelepre consta di quattro compagnie del 139° Reggimento di Fanteria. Si conferma che elementi ebraici hanno preso parte alle azioni. Alcuni ebrei sono stati catturati: stiamo cercando di identificare i prigionieri. Segue rapporto definitivo. […] In seguito alla suddetta battaglia, un autoveicolo (probabilmente un’autoambulanza) è stato attaccato dall’Evis sulla strada litoranea nei pressi di San Cataldo (a nord di Partinico, in provincia di Palermo), 10 chilometri a ovest di Montelepre. I militi deceduti sono 3. Si riscontrano numerosi feriti”.
Insomma gli Alleati erano stati alleati durante la guerra contro i nazifascisti, ma ora ciascuno faceva i suoi giochi all’insaputa dell’altro. E Giuliano faceva alla bisogna anche per finanziare, con rapine e attentati, le attività che si nascondevano sotto il paravento del cosiddetto Esercito per l’indipendenza della Sicilia. A cominciare dalle famigerate Squadre armate Mussolini (Sam) di cui lui era a capo e non solo in Sicilia. Al fianco delle bande ebraiche che, sotto l’ombrello dei servizi di intelligence Usa, usavano la Sicilia come campo di addestramento militare in vista della nascita dello Stato d’Israele. E una causa in tutto questo c’era. Scriveva, infatti, il tenente colonnello dell’Oss a Palermo, Franklyn W. Fish, il 19 maggio 1944: “Simpatizzanti nazifascisti sono attivi soprattutto in alcuni piccoli centri dell’isola, luoghi tagliati fuori dal resto del mondo. Tra questi, Piana dei Greci, Partinico, Bagheria, Monreale e Cinisi, tutti nella provincia di Palermo”. E’ vero che dal ’44 al ’46 ci sono di mezzo quasi due anni. Ma a quella data nulla era cambiato. Neanche la politica, sostanzialmente rimasta quella del vecchio regime. E questo a Turiddu e ai suoi vecchi camerati di Salò, piaceva molto. (GC)