Curioso quando mi vengono alla mente vecchi detti che ho sentito e risentito nel corso della vita e ai quali non ho mai dato particolare importanza, sui quali spesso ridevo sopra, perchè mi faceva sorridere l’ingenuità di alcuni.
In quei momenti viene anche da pensare che non è poi tutto quel granchè il nostro bagaglio, nostro intendo “umano“, di saggezza che ci portiamo dietro da secoli .
Vengono chiamati “VECCHI“ detti proprio per quello, perchè rispecchiano la saggezza dei nostri avi, il sapere intero di secoli e secoli vissuti da moltitudine di genti riassunta in poche essenziali parole.
Però martedì mattina, 30 aprile, quando ho chiuso il cancello di casa lasciando dietro di esso mia madre, i miei due cani e la mia casa, ecco, lì mi è venuto in mente il detto “partire è un po’ morire“.
E mi sono anche meravigliato, constatando direttamente sulla mia pelle di quanto l’uomo, e nello specifico il sottoscritto, sia ottuso e senza memoria storica e ricada spesso in errore proprio perchè pensa sempre di essere infinitamente superiore e al di sopra di tutte le situazioni ampiamente sviscerate dai suoi predecessori terreni.
Beata ignoranza. Purtroppo questo succede anche per tutte le cose, anche le più tremende, come la guerra.
Nonostante tutti noi sappiamo che non è assolutamente la soluzione ai problemi, puntualmente l’umanità persevera diabolicamente ad utilizzarla anche se porta morte e distruzione per tutti.
Ritorniamo a noi, scusate le digressioni semilfilosofiche o altre cose estranee a questo racconto personale, ma il mio cervello funziona così. Lavora su vari livelli, non riesce mai a focalizzarsi su un unico pensiero, a formulare la frase in modo ampio, a esplicare coerentemente il concetto, no, subentrano centinaia di altre varianti che disturbano la riflessione e che puntualmente finiscono in tutt’altro argomento.
Non ho mai capito se è un pregio o un difetto, ma se qualcuno di voi mi sa consigliare una cura medica appropriata (magari proprio perchè ha lo stesso problema e detto sempre tra noi io ho l’assoluta certezza che ce ne siano tanti tra voi!!), sono caldamente consigliati gli psicofarmaci, gliene sarei eternamente grato.
Torniamo al racconto.
Ero triste, nonostante la strada che mi apprestavo a percorrere….*
Da piccolo non ero particolarmente maturo, ero portato per lo studio, apprendevo senza particolari difficoltà, peccato però che non avevo voglia di studiare.
Lo ritenevo tempo perso.
Ma come, mi dicevo, è possibile che debba rimanere in casa rinchiuso ad ammuffire sui libri quando appena aldilà dalla finestra la natura chiama a gran voce il mio nome?
Lo sentivo distintamente , tra i rami degli alberi accarezzati dal vento, tra il cinguettio delle rondini (sembra strano ma allora ce n’erano anche a Sassuolo e vanto dei miei genitori era proprio un nido di rondine appollaiato -appollaiato?? una rondine appollaiata, che razza di frase …razza??!!!ma non è un pesce e si parlava di uccelli … arghhh , basta con le digressioni!!!- in alto su un angolo remoto della casa, le quali, anno dopo anno, tornavano puntualmente, tanto che le sentivamo parte integrante della nostra famiglia) e allora lasciavo tutto e mi mettevo a correre felice tra i prati fioriti.
E’ inutile che ridiate, i prati erano veramente fioriti, le poche macchine giravano solo ed esclusivamente nei cinque minuti antecedenti l’entrata e l’ uscita degli operai al lavoro, dopodichè in strada era un turbinio sì, ma di bambini che correvano, di famiglie che con i cani liberi passeggiavano e tutti si trovavano in strada a fare due chiacchiere, a parlare con i vicini di casa ed è anche per questo motivo che tutti conoscevano tutti a differenza di oggi dove a malapena, se ci va bene, salutiamo il vicino di pianerottolo con un mesto buongiorno quando lo incontriamo sulle scale!
Poi mio padre, durante il periodo estivo, decise di farmi conoscere realmente la vita mandandomi a lavorare in ceramica all’età di quindici anni ( luglio 1978, dice il mio libretto di lavoro).
Alla sera, espulsa (verbo rubato a Primo Levi, leggetevi “Se questo è un uomo “ e” La tregua” e capirete) la prima giornata lavorativa, corsi felice al bar dove ci radunavamo per giocare a bigliardino e fui lestissimo a far parte della prima squadra che doveva affrontarsi.
Impugnai le due stecche della difesa (era un doppio, cioè una persona prende la difesa e il compagno l’attacco) e….mi accorsi con sgomento assoluto che, a causa del peso delle piastrelle che avevo sollevato tutto il giorno, non riuscivo minimamente a ruotare i polsi delle mani .
Affranto lasciai il posto ad un altro ragazzo, mi sedetti sulla panchina di ferro sotto il marusticano di fronte alla vetrina del bar e formulai il pensiero che se la vita me lo avesse permesso, tutti i miei sforzi si sarebbero focalizzati sul riuscire ad interrompere la mia esperienza lavorativa ben prima dell’arrivo della pensione.
Ero veramente ingenuo nel semplificare così un’intera esistenza ma corsi e ricorsi storici sembra proprio che abbiano dato alla fine ragione ai pensieri di quel bambino visionario.
*… ho ingranato la marcia e Mery si è mossa.
A proposito, la Mery è la nostra autovettura, una Panda Gpl usata del 2009 comprata d’occasione in quel di Brescia e che è stata battezzata Mery in onore del film “ Mery per sempre “ .
Per sempre perchè, visto le nostre future entrate pecuniarie, sicuramente sarà la macchina che ci accompagnerà per un bel pezzo di vita, anzi, appunto, per sempre.
A Gpl perchè nel posto dove passeremo i prossimi due anni è il carburante più economico.
Siamo entrati in autostrada e ci siamo messi fissi nella corsia più a destra, quella per i camion e per le macchine lente, la Mery è un 1200 di cilindrata quindi i maschietti capiranno.
Per le donne che leggono, saltate la frase sopra che è ininfluente!!!
Velocità media di crociera 100 km orari e ogni ora sosta con colazione all’autogrill che noi riteniamo essere uno dei piaceri della vita, più di Carlo Gracco che vi cucina la cena a casa.
Questo anche per non sovraffaticare Mery stipata di ogni cosa possibile, dai vestiti, alle scarpe, pentole , ecc ecc e per finire da tre bottiglie di aceto balsamico di produzione propria.
Ma non vi ho ancora detto la nostra destinazione finale: Cefalonia. Grecia.
Si lo so, siamo due paraculi, è inutile che lo pensate. Lo sappiamo benissimo anche noi.
E come sempre capita quando Greta organizza logisticamente il trasferimento, siamo arrivati esattamente quattro (sottolineo quattro) ore prima della partenza del traghetto.
Finalmente ci siamo imbarcati e la nave è partita.
Guardando il mare, l’acqua azzurra e gli schizzi gioiosi delle onde mi sono tranquillizzato.
E’ vero “partire è un po’ morire“ però è anche vero che utilizzando Skype ogni sera, avremo la possibilità di sentire e vedere i nostri familiari lontani, i compagni di vita, gli amici , gli amici del (ex) lavoro ,e che tutti loro potranno incontrarci con un volo di nemmeno due ore della Ryanair!
Ho pensato a mio padre che a vent’anni, come tantissimi giovani della sua generazione partì per l’Argentina in nave, e la raggiunse dopo un mese (30 giorni) di navigazione e tornò a casa solamente dopo dieci anni.
Per loro sì che doveva valere il detto.
Per noi paraculi è un po’ più facile!
Mi rendo conto che sento di più il mio cuore, il sangue scorre più caldo nelle vene, perchè tutti coloro che ho lasciato (e che purtroppo ci hanno lasciato) sono ben presenti nel mio essere e li sento con me anche adesso, e vedono con i miei occhi tutto quello che vedo io, sentono i profumi e il rumore dolce delle onde con me.
Sorrido finalmente guardando le stelle nel mare.
Cico