Anna Lombroso per il Simplicissimus
Sempre più sfrontati, sempre più sgangherati, sempre più baldanzosi, rivendicano: quei quattrini sono nostri e ne facciamo quello che vogliamo. Giudicate dai fatti e dal nostro operato: investire in diamanti, andare nel resort più sibaritico, farsi pagare vacanze e lauree non è reato.
Hanno ragione di difendersi così, grazie a una stampa morbosamente annessa, assimilata e incantata dal potere e dalle sue ricadute sulle vendite, grazie a una licenziosità ampiamente condivisa e accettata come “difensiva”, cui larghi segmenti di popolazione sono approdati attraversando familismo e clientelismo, grazie a un conformismo perbenista che non distingue tra legalità e opportunità e soprattutto tra morale e moralismo, come se ambedue fossero comunque arcaici, noiosi, insomma valori da sfigati coglioni. È una strategia congrua alla loro conquistata impunità, che in troppi abbiamo loro concesso per disincanto, alla loro consolidata separatezza dalla società, al primato degli interessi personali su quelli generali. Per non parlare dell’insidiosa opportunità di dare risonanza mediatica a queste debolezze che si volgono in amabili peculiarità, a vizi privati girati in pubbliche virtù, che così dietro si celano ben altre ferite inferte silenziosamente alla democrazia e ai diritti.
Eh si, una volta concessi, quei soldi, che non si devono giustificare, che “per legge” non sono sottoposti a controllo, e poi pecunia- si sa – non olet, sono di loro indiscussa proprietà. E i più oculati invece di comprarsi preziosi, titoli di studio, servizi sessuali, fidelizzazione di deputati, li investono. Un libro che sconsiglio ai più deboli di stomaco e di virtù democratiche, intitolato eloquentemente “Partiti S.p. A” esplora ad esempio la gamma poliedrica e diversificata del collocamento fruttifero dei rimborsi pubblici nel business del gioco d’azzardo. Che per alcuni si è rivelato come dice la parola stessa “azzardato”, per altri ha contribuito all’accumulazione di opportuni tesoretti. Come ha potuto condurre questa indagine l’autore, tutti possiamo effettuare una efficace ricognizione sugli investimenti dei partiti in bingo, scommesse, macchinette, perché in fondo hanno partecipato delle opportunità offerte da uno Stato biscazziere, ma soprattutto perché appunto si è permesso che quei soldi fossero di loro uso e consumo, senza scrupoli, senza vigilanza, senza pudore. Tanto che potrebbero mettere su una agenzia di servizi che metta sul mercato killer specializzati in veloci liquidazioni (ma per quello forse funziona meglio l’Fmi e il governo) o di squillo (ma là la concorrenza è forte). Ma si sa il gioco d’azzardo è più coerente con lo spirito del tempo, perché in fondo lo muove la stessa rapace spericolatezza della turbo finanza, è più moderno. Talmente che in un acrobatico recupero di pragmatico leninismo tra i primi a voler approfittare delle occasioni offerte da fiches e roulette sono stati i Ds, con una società, l’Alfa finanziaria, dai n molteplici interessi: edilizi, immobiliari. E ludici, come partecipata in due società, la Ludotech srl e la Pielleffe srl, che posseggono a loro volte una società che non lascia spazio agli equivoci, la Bingo One, dinamico soggetto adibito alla promozione di attività quali la gestione di sale gioco, lotterie, pronostici e scommesse. Senza dire che fu proprio durante il governo D’Alema che il Ministro Visco lancia su scala industriale e nazionale il Bingo per “creare nuovo intrattenimento e occupazione”, con un entusiasmo sospetto di interesse privato del governo, come rileva una edificante puntata di Report mai smentita sull’identità dei service provider che si accaparrarono le licenze. E per non parlare dei molti interessi di Consorte, Casale e altri famigli cari alla dirigenza Ds e poi Pd.
Ma siamo ancora a livello artigianale rispetto invece alla esuberanza della Lega, con la sua Bingo net, ma soprattutto col suo miraggio in terra istriana: un villaggio del gioco con casinò piscine campi da golf, dedicato al turismo d’azzardo. Se la parte turistica non decolla, le roulette invece rende fino a quando diventa così imbarazzante per la compagine governativa da dover essere liquidata: è più sicuro l’azzardo elettorale di quello del tavolo verde.
E lo deve aver pensato anche AN, che osa anche ben oltre i confini nazionali quando cede alle lusinghe del gioco e dà vita con ignoti partner a una società, la Atlantis World Gioco Legale Ltd, con sede nel Regno Unito ma solida organizzazione italiana, che gestisce apparecchi di intrattenimento, ancora in attività anche se è cambiata la denominazione sociale. E che si è assicurata quasi trenta mila concessioni per i videopoker dei Monopoli, ancora solidamente detenute dalla fazione ribelle finiana grazie allo spregiudicata ma professionale impegno personale dell’ex parlamentare Laboccetta, ad dell’Atlantis e sempre nel cuore di Futuro e Libertà.
Se la vita è tutta un quiz, si direbbe che la politica è tutta un gioco. Se non ce la riprendiamo è solo un gioco al massacro, però, dove col tavolo vince solo chi bara.