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Parto in casa: la mia prima esperienza

Da Tigella

Da giorni aspettavo quel suono, portavo sempre con me il telefono, in trepida attesa che la chiamata arrivasse per dirmi che il momento era arrivato.

Foto di Raphael Goetter

Foto di Raphael Goetter

Era notte, una notte insolita, una notte in cui con fatica ero riuscita ad addormentarmi. Al primo squillo ero già in piedi, pronta. Emozionata, piena d’adrenalina…nella mente i pensieri scorrevano veloci, mentre in quella piccola ma super carica macchina compivamo il breve viaggio che ci portava da loro. Loro che ci stavano aspettando.
Arrivate, scendo dalla macchina, borsa in mano… ripercorro con la mente le indicazioni datemi per arrivare direttamente da lei. Nella casa un odore di legna, di fuoco, di fatica… fuori una giornata d’estate ma fredda, una giornata di pioggia, le finestre socchiuse e poca era la luce ad illuminare il corridoio.

Salgo le scale, sfioro le pareti del muro che mi conducono nel luogo incantato, perché un luogo incantato appare ai miei occhi. Entro nella stanza guidata dai suoni di lei, ed eccola sdraiata nel suo letto, avvolta dall’odore delle sue coperte, completamente nuda, ma calda. Non apre nemmeno gli occhi, sente, sa che siamo arrivate. Mi chino a terra di fianco al letto e le prendo la mano. La osservo, ascolto il suo respiro, la scopro leggermente, lei mi lascia fare ed appoggio una mano sulla pancia. Sento le onde, le famose onde, e sento lui, il cucciolo che si muove. Sembra sveglio, pieno d’energia, sembra dire: “la mamma si riposa, io sono pronto”.

Di nuovo i miei occhi, le orecchie tornano su lei, lei che in silenzio è completamente assorta, concentrata,  abbandonata, pronta ad aprirsi a lui. È calda, perché l’arrivo delle contrazioni, quelle più intense, hanno stimolato il fiume d’ormoni che l’aiuteranno a spingere il suo bambino verso la luce, le daranno la forza per il dolore.
Più il ritmo si intensifica infatti, più alto sarà il livello degli ormoni, la compensazione.

Mi accerto che il bimbo stia bene, visito la mamma e so che è quasi ora. Le lascio ancora il tempo per sé, per rimanere nel mondo incantato, per raccogliere le forze.
Intanto la mia collega prepara tutto l’occorrente, la piscina gonfiabile… perché lei ha scelto l’acqua. Io rimango ferma lì e la osservo. Sento avvicinarsi, sempre più pesanti i passi di lui: silenzioso ma vigile. Ha capito che ci siamo, che  è quasi il momento, e non riesce a frenare l’euforia, la paura, la felicità. Sempre più attento mi guarda, studia ogni mia mossa, ogni mio cenno verso la collega, continua a guardare con occhi lucidi che sembrano a tratti fuori dalle orbite.

È pronta, si muove e per la prima volta da quando siamo arrivate apre gli occhi. È ora in piedi e la vedo in tutta la sua bellezza. Questa giovane donna che sta per diventare mamma. Non cerca aiuti, perché tutto ciò di cui necessita è lì accanto a lei, con lei, per lei. Si dirige nell’altra stanza, anche questa con poca luce, ed al centro la vasca… qualche battuta e poi afferra la mano del compagno e lo invita ad entrare insieme. Ci sono le candele, c’è la musica scelta da loro….

Li lasciamo soli, perché chiedono di rimanere soli. Rimaniamo in ascolto, in ascolto del  respiro, dei suoni che a tratti sembrano canti, delle pause tra un’onda e l’altra. Le pause poi diminuiscono e i suoni diventano piccoli sforzi… entriamo. Eccola che cambia posizione, eccola che di nuovo apre gli occhi, si inginocchia e afferra con forti mani i bordi della vasca. Ancora lentamente inizia a spingere, i respiri più profondi…e lui in un angolino della vasca non sa più che fare e ci guarda spaventato. È lei che torna a richiamarlo, lei che di nuovo afferra la mano di lui e la porta al ventre fino a farla scendere… scendere a toccare quella piccola testa che sempre di più si fa spazio.
Tocca la testa del suo cucciolo, lo chiama, continuamente lo chiama, ci guarda e dice: “ lo aiuto a capire la strada da compiere”. Ecco che la testa completamente è fuori, accolta e sorretta dalle mani del babbo. Questa piccola testa rimane qualche secondo ancora sotto l’acqua, e poi eccolo, aiutato dalla mamma nell’ultima spinta, in tutta la sua interezza arrivare al mondo.

La collega ostetrica lo prende tra le braccia, io aiuto la mamma a mettersi in una posizione più comoda per accoglierlo.
Ed ora sono in tre, in quella vasca sono in tre. Il cucciolo non piange, semplicemente annusa la mamma.
Il babbo è assorto ad ammirare “i lunghi piedi e le grandi mani”. Io semplicemente non so come trattenere le lacrime.

Noi  in questa casa siamo entrate in punta di piedi, piene di valigie ed occorrente per il parto, noi abbiamo studiato e lavorato tanto per arrivare ad essere ostetriche. Prima di quel giorno avevo assistito a tante  emozionanti nascite, ma nessuna mi ha regalato una tale magia. Noi che a volte pensiamo di dover gestire, di dover… noi siamo rimaste incantate a guardare ciò che questo trio ci ha insegnato. Da qui la scelta di “ostetrica a domicilio”. Perché questa donna, questo bambino mi hanno insegnato come può essere la nascita. Sacra sopra ogni cosa. Questa donna e questo bambino hanno lavorato insieme, guidati da un immenso amore.

Ina May Gakin dice: “ La nascita è una parte così integrante della vita, così normale, che le scelte che le stanno intorno vengono spesso regalate a casualità. Tendiamo a uniformarci a ciò che fanno gli altri, supponendo che sia la cosa migliore. Vivendo in una società tecnologica siamo portati a pensare che la cosa migliore sia sempre quella più costosa. Questo è in genere vero se parliamo di telefoni cellulari, telecamere, auto o computer. Ma quando si parla di nascita non è necessariamente così.


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