Parziale ritorno al glorioso passato: i Celtics a sorpresa ai playoff!

Creato il 21 maggio 2015 da Basketcaffe @basketcaffe

Poteva e doveva essere, almeno in teoria, almeno da ciò che ci si aspettava alla vigilia, almeno dopo tre mesi dal record negativo (e di molto!), un’altra stagione fallimentare per i Celtics, sul lungo viale che li sta riportando ai vertici della Lega. Ed invece, dopo un tragico gennaio, Boston ha iniziato ad ingranare ed accelerare senza sosta, fino al raggiungimento del settimo posto in Eastern Conference, tanto incredibile per il misero record con cui è stato raggiunto, quanto, nel complesso, degno di nota per la franchigia più vincente in NBA.

Il più grande stravolgimento nella stagione di Boston è stato, ovviamente, la partenza di Rajon Rondo, volato a Dallas con ambizioni di anello. Paradossalmente, però, a soffrire e penare non sono stati i biancoverdi, bensì lo stesso Rondo, che nei Mavericks non ha mai trovato la sua dimensione, finendo per giocare pochissimo, soprattutto nei fallimentari playoff, conclusisi al primo turno contro i Rockets, vincenti in appena 5 gare. Gli 8.3 punti, con il 40% al tiro, ed i 10.8 assist che la guardia da Kentucky ha assicurato nelle prime 22 partite dei Celtics quest’anno, sono stati ampiamente colmati soltanto nel finale d’annata, dalla più grande sorpresa della stagione per il team di Brad Stevens: Isaiah Thomas. Giunto da Phoenix dopo un inizio di regular season non all’altezza, il prodotto di Washington ha fatto impazzire i tifosi del TD Garden con 21 partite giocate a livelli straordinari: in 26 minuti di media, quasi sempre dalla panchina, Thomas ha segnato 19 punti, con il 41% al tiro ed il 35% da oltre al’arco, aggiungendo 5.4 assist e facendo segnare un offensive rating spaziale di 109.2 punti ogni 100 possessi con lui sul parquet, 7.3 in più di quanti i C’s ne hanno subiti nel medesimo frangente. Una manna dal cielo per un attacco desertico per lunghi tratti della stagione, ma che al termine ha chiuso al 13esimo posto per punti segnati, 101.4 a partita, 0.2 in più di quanti ne ha subiti da 21esima difesa complessivamente in NBA.

Un fattore che ha tenuto a galla la difesa di Boston è stato Kelly Olynyk. Se il prodotto di Gonzaga non è stato un mostro a livello statistico, fermandosi a 10.3 punti e 4.7 rimbalzi a partita, nei 22 minuti di media in cui è rimasto in campo ha permesso, però, alla difesa di funzionare eccezionalmente meglio rispetto a quando sedeva in panchina, tanto da fissare il defensive rating a 100 punti ogni 100 possessi. La stagione dei Celtics non è stata per nulla lineare, segnata da continui arrivi e partenze, che però, spesso e volentieri, ne hanno migliorato il corso. Gli unici tre gladiatori a combattere in ognuna delle 82 partite sono stati Brandon Bass, Tyler Zeller ed Evan Turner, che, complessivamente, hanno messo insieme 30.3 punti di media, con ottime prestazioni al tiro, per tutti vicine o superiori al 50%, e con un apporto considerevole e fondamentale in termini di rimbalzi, 15.7 di media in totale. Se Turner, a livello di punti segnati, è stato il peggiore con 9.5, ha aggiunto però un solido contributo di assist, 5.5 a partita, diventando una macchina da triple-doppie con un certo periodo, chiuso con ben 3 prestazioni da almeno 10+10+10.

Avery Bradley ed il rookie Marcus Smart hanno aiutato la causa biancoverde nel periodo di transizione tra Rondo e Thomas, giocando pressoché l’intera stagione, tra alti e bassi, ma comunque con un apporto importante per i Celtics. Bradley, in oltre 31 minuti di media sul parquet, ha segnato 13.9 punti, tirando con il 43% dal campo, anche se un net rating negativo di 2.4 punti, causato soprattutto dagli appena 100.1 punti segnati ogni 100 possessi, condanna la sua stagione ad un livello di mediocrità. Smart, invece, dopo un inizio difficile della sua carriera NBA, ha alzato i ritmi e dimostrato il valore della sua sesta scelta assoluta allo scorso Draft. Non male l’apporto del 21enne, da 7.8 punti, 3.3 rimbalzi e 3.1 assist in 27 minuti d’impiego in media. Se ancora, ovviamente, non può definirsi il successore di Rondo a Boston, ha comunque dei margini di miglioramente importanti per le prossime stagioni. La seconda, importante partenza dal Massachussetts verso altri lidi è stata quella di Jeff Green, che ha fatto armi e bagagli per volare a Memphis, dove ha lottato fino all’ultimo nei playoff per la finale di Western Conference. Non era obiettivo semplice trovare un sostituto ai suoi 17.6 punti e 4.3 rimbalzi a partita, oltre ad alcune giocate fenomenali che era in grado di regalare ai suoi tifosi. Jared Sullinger, però, quando non è stato martoriato dagli infortuni, è riuscito comunque a garantire un solido apporto da 13.3 punti e 7.6 rimbalzi.

Dunque, dopo 40 vittorie e 42 sconfitte, è arrivato il settimo posto ad Est ed il primo turno ai playoff contro i Cavaliers. E dire che Boston aveva vissuto dei mesi orribili tra novembre (3-10) e gennaio (5-11), ma, tra febbraio ed aprile ha raccolto ben 24 successi ed appena 13 KO, garantendosi una rimonta fantastica su Heat e Nets, che sembravano occupare saldamente le ultime due posizioni per la post-season. Fondamentali per i Celtics i record positivi contro le avversarie di Conference (28-24) e al TD Garden (21-20), oltre a sei vittorie consecutive per chiudere la regular season davanti alla stessa Brooklyn, ai Pacers e a Miami. Lo sweep subito da Cleveland ai playoff non è stato certo il miglior risultato possibile, ma i biancoverdi devono comunque essere fieri di aver raggiunto un risultato impensabile soltanto qualche settimana prima. Stevens, comunque, non si è dichiarato completamente soddisfatto dei risultati della sua squadra: “I think the best way to phrase it is: I like our progress, but I like to win. So I’m disappointed right now. But it’s not at anybody or at myself, I’m disappointed to lose. We have to get better in every which way, and that’s the challenge ahead. Because winning’s a lot more fun“. Molta retorica, ma una mentalità certamente adeguata ad un team vincente come i Celtics.

Il miglioramento di 15 partite rispetto alla tremenda stagione da 25-57 dell’anno passato è un upgrade fenomenale per una squadra che avrà ancora molte scelte da sfruttare nei prossimi Draft e che ha spazio salariale sufficiente per firmare un grande nome quest’estate. Su tutti si parla di quelli di DeMarcus Cousins, stanco della mediocrità nei Kings, o di Kevin Love, se non si trovasse a suo agio a Cleveland. Senza dimenticare il nostro Gigi Datome, che nei suoi 10 minuti abbondanti di media in stagione ha un net rating di 13.5 punti in positivo, 104.2 segnati ed appena 90.7 subiti. Non è un caso che, dal suo arrivo, le cose ai Celtics siano migliorate esponenzialmente. Per sapere se il tutto è ironico o meno, pensate al personaggio cui Datome assomiglia di più ed ai suoi tanto professati miracoli. E a Boston, quest’anno, se di miracolo non si è trattato, poco ci manca.

 

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