Anche quest'anno a Bagnara si è rispettata la tradizione tramandataci dai nostri padri nella celebrazione esteriore della Pasqua: Giovedì Santo nella Chiesa Madre i confratelli del SS. Rosario hanno fatto il precetto pasquale; il Venerdì Santo gli stessi confratelli hanno portato in processione per le vie della città le cosiddette “ Varette”;domenica di pasqua, la mattina i confratelli della nobile Congrega del Carmine, sempre nella chiesa madre, hanno fatto il loro precetto pasquale e il pomeriggio la consueta sacra rappresentazione a cura della Congrega del SS. Rosario del Cristo Risorto che incontra la Madre nella piazza principale della città, seguita da migliaia di fedeli, conclusasi con i soliti fuochi d'artificio. Come dicevo all'inizio, la tradizione è stata rispettata in pieno. Ma quanti di noi sanno il vero significato della Pasqua? Vi ricordate il film “I Dieci Comandamenti”: la scena del Mar Rosso che ad un cenno di Mosè si apre e lascia passare gli ebrei? Ecco, pasqua significa passaggio, salto dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita. Ricordiamo l'episodio: vi era in Egitto una massa di schiavi oppressi da un padrone, un popolo senza dignità riconosciuta, senza libertà. Ma in nome della fede che proclamava che uno solo è il Padrone, cioè il Signor Dio, questi nostri Padri nella fede ottennero una liberazione, conquistarono la libertà, divennero salvi. Dio si è piegato su questa massa di schiavi, ha sentito il loro grido, ha mandato Mosè che li ha portati fuori dall'Egitto; Dio è venuto a liberare il popolo. Tutto questo oggi viene riproposto nella celebrazione dell'Eucarestia. Infatti Gesù nel contesto della cena pasquale con gli Apostoli dà il suo Corpo e il suo Sangue ai fratelli, come memoria del passaggio dalla morte alla vita. La sua opera salvifica non fu un rito, una liturgia, ma una vita reale e concreta: si è donato ai fratelli fino alla fine. La via dell'amore e dell'immolazione percorsa da Gesù è la sola via che porta alla vita, alla vera liberazione biblica, per cui i veri protagonisti della storia sono solo le persone che amano e si immolano come Gesù. Egli nel suo gesto di offerta personale in un amore senza fine non solo ci ha rivelato che Dio è Amore, ma ci ha dato la chiave del mistero della salvezza e contemporaneamente la chiave della felicità. Oggi purtroppo ci accostiamo all'Eucarestia con molta superficialità!
Le parole di Gesù “prendete e mangiatene tutti” riferite agli Apostoli nell'ultima cena, vengono interpretate in maniera letterale, per cui tutti ci sentiamo autorizzati a cibarci del suo Corpo e del Suo Sangue senza una adeguata preparazione interiore; per accostarci all'Eucarestia bisogna essere in grazia di Dio; e per grazia di Dio si intende avere avuto perdonati i peccati, grandi o piccoli, attraverso il sacramento della Confessione; il solo che ci prepara a ricevere degnamente Gesù nel nostro cuore e ci fà partecipi della Sua Passione e Resurrezione. Essere cristiani significa seguire la Dottrina di Gesù e gli insegnamenti della Chiesa, che perpetua nel tempo la presenza di Cristo sulla Terra. Purtroppo siamo abituati più a chiedere che a dare, più a possedere che a perdere e accettiamo con difficoltà la scelta del dono di noi stessi come criterio di vita personale e comunitaria, che l'eucarestia domanda. L'uomo è sempre tentato di affermare se stesso, di imporre la propria individualità e i propri progetti, talvolta di cercare se stesso anche mentre porta avanti ideali grandi. Diciamoci la verità: il momento eucaristico non è veramente vissuto come vero momento di comunione, in quanto non sempre si coglie la disponibilità alla condivisione, al farsi pane l'uno per l'altro e tutti insieme per gli uomini del proprio tempo e del proprio ambiente. Si, ci sono segni tangibili di sensibilità per i poveri, tanti impegni per la pace e la giustizia, tanta disponibilità a prestare soccorso, specialmente nei momenti difficili dovuti a calamità naturali, terremoti, alluvioni, ecc., ma per poter cogliere e valorizzare questi segni, è necessario vivere una esistenza eucaristica non esaurita nel rito, come spesso oggi facciamo, ma ricondotta alla sua relazione con la Pasqua di Cristo, intesa come passaggio dalla morte alla vita, dalla tristezza alla gioia, dalla oscurità delle tenebre alla luce più radiosa: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” disse Gesù ed in queste tre parole è racchiusa tutta la nostra fede e la nostra Pasqua di resurrezione.