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passeggiare con Thomas Bernhard, Robert Walser, Adalbert Stifter e altri..

Creato il 11 aprile 2012 da Atlantidelibri
Deutsch: Robert Walser, Ende der 1890er Jahre

Deutsch: Robert Walser, Ende der 1890er Jahre (Photo credit: Wikipedia)

Lunghe passeggiate per i protagonisti di questo asfissiante e conturbante romanzo breve di quel genio di Thomas Bernhard, dal titolo emblematico, Ja, con cui termina l’opera.

Thomas Bernhard, Ja, Guanda

In un sonnolento villaggio austriaco, uno studioso di scienze naturali che vive da tempo in totale isolamento decide di confessare la propria “infermità psicoaffettiva” e di “rovesciare fuori” la parte interiore di sé. Con questa intenzione si reca a casa dell’amico Moritz, un agente immobiliare che, al contrario, vive a contatto quotidiano con gli altri. Proprio quando lo scienziato entra nel vivo delle sue confidenze, compare una coppia di clienti dell’amico: lui è un costruttore svizzero, lei è persiana. Fin dal primo istante la donna affascina l’intellettuale, che scopre in lei una degna compagna di passeggiate, conversazioni e disquisizioni filosofiche. Lo scienziato ne trae vantaggio: l’incontro con la donna lo rende di nuovo “avido di vita”, e lo allontana dall’idea accarezzata del suicidio. Ma a lei non accade la stessa cosa: in fondo, nel suo tentativo di confessarsi, c’è ben altra e più profonda solitudine, il cui senso è racchiuso proprio nel suo estremo, definitivo sì.

la” passeggiata” nell’opera di Bernhard è una costante piuttosto ricorrente, tanto da valere anche un’opera attualmente non disponibile sul mercato italiano, Camminare. Argomento trattato diverse volte anche da altri autori mitteleuropei, a partire da quella “terribile” contenuta ne Cristallo di Rocca di Adalbert Stifter

Dalla “passeggiata nei boschi di Thomas Bernhard, siamo passati a quelle di altri autori di lingua tedesca, da quella dei due bambini narrata da Adalbert Stifter, a quella di W.G Sebald sulle orme di Walser.

Adalbert Stifter, Cristallo di rocca, Adelphi

Cristallo di rocca (1853) è la storia di due bambini sperduti fra i ghiacci in una tempesta di neve, alla vigilia di Natale. Avanzano «con la tenacia e il vigore che hanno i bambini e gli animali, perché non sanno ciò che li attende e quando le loro energie saranno esaurite». Ma un paesaggio sempre più estraneo e impenetrabile li avvolge, come una sterminata, candida prigione. Nella passeggiata avventurosa di questi due bambini fra il paese della nonna e quello dei genitori, Stifter ha fissato l’immagine stessa che governa tutta la sua arte: quella di una natura familiare e intima, che si spalanca poi, se appena deviamo dal sentiero battuto, in uno spazio inquietante, primordiale, dove la nostra presenza è quella di «puntini minuscoli» fra «blocchi immensi». Il mondo di Stifter è devoto ugualmente alla minuzia e alla grandiosità; alle orme nella neve, delle quali il calzolaio del paese dice: «Non sono di scarpe di mia lavorazione», e al tempo stesso ai ghiacci abbaglianti, alle caverne azzurrine che ci introducono a palazzi incantati e infidi. Questo racconto mirabile ricalca un antico modello di fiaba: quello delle storie di bambini perduti e scampati alla morte. Ma l’emozione che esso evoca sembra risalire ancora più indietro, a un’alba silenziosa precedente a ogni storia, allo sgomento ammaliato del bambino dinanzi alla «tenebra bianca» della natura.

Pomeriggio di uno scrittore ,  Peter Handke, Guanda

Dopo un pomeriggio di lavoro, uno scrittore esce per una passeggiata. Attraversa strade e piazze, giunge alla periferia e rientra a casa quando fa già buio. In poche ore, è come se attraversasse il mondo intero: racconta dello scrivere e del prezzo che per questo deve pagare, parla della sua vita e del poco che gli rimane dopo i momenti di più intenso lavoro, esprime i suoi eterni dubbi, nei confronti di se stesso e degli altri. Sotto il sole pomeridiano, alla luce del crepuscolo e poi nell’oscurità notturna, Handke percorre una lunga strada attraverso la città e attraverso se stesso, offrendo al lettore una riflessione su una letteratura che si alimenta nel concreto rapporto con la realtà.

Robert Walser, La passeggiata, Adelphi

La passeggiata (1919) è uno dei testi più perfetti di Walser, il grande scrittore svizzero che ormai, soprattutto dopo la pubblicazione delle sue opere complete, viene posto accanto a Kafka, a Rilke, a Musil – ammesso cioè fra i massimi autori di lingua tedesca del nostro secolo. Ma La passeggiata ha anche un significato peculiare in rapporto a tutta l’opera di Walser: è in certo modo la metafora della sua scrittura nomade, perpetuamente dissociata e abbandonata agli incontri più incongrui, casuali e sorprendenti, come lo è appunto ogni accanito passeggiatore – e tale Walser era -, che abbraccia amorosamente ogni particolare del circostante e insieme lo osserva da una invalicabile distanza, quella del solitario, estraneo a ogni rapporto funzionale col mondo. In un décor di piccola città svizzera, e della campagna che la circonda, il passeggiatore Walser ci guida, con la sua disperata ironia, in un labirinto della mente, abitato da figure disparate, dalle più amabili alle più inquietanti. Da Eichendorff a Mahler, il vagabondaggio è stato un archetipo ricchissimo della più radicale letteratura moderna. Tutta quella grande tradizione sembra condensarsi, quasi clandestinamente, nella Passeggiata di Walser, a cui lo scrittore ci invita col suo irresistibile tono: «Lei non crederà assolutamente possibile che in una placida passeggiata del genere io m’imbatta in giganti, abbia l’onore d’incontrare professori, visiti di passata librai e funzionari di banca, discorra con cantanti e con attrici, pranzi con signore intellettuali, vada per boschi, imposti lettere pericolose e mi azzuffi fieramente con sarti perfidi e ironici. Eppure ciò può avvenire, e io credo che in realtà sia avvenuto».

W.G Sebald, Il passeggiatore solitario, Adelphi

L’omaggio conciso e toccante reso da W. G. Sebald a Robert Walser, uscito in Italia nel 2006, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte dello scrittore svizzero



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