Pasto stellare per il buco nero

Creato il 27 gennaio 2015 da Media Inaf

Ecco cosa succede a una stella quando si scontra con un buco nero

Quando una stella arriva a una distanza critica da un buco nero supermassiccio (SMBH) le poderose forze mareali deformano la stella creando un flusso di detriti che cadono all’interno del buco nero illuminando lo spazio circostante con una “fiammata” luminosa. E’ questo lo spettacolo a cui ha assistito un gruppo di ricercatori utilizzando un piccolo telescopio – il ROTSE IIIb – presso McDonald Observatory (negli Stati Uniti) per un’analisi durata ben 5 anni. Pubblicando i dati della ricerca su The Astrophysical Journal, gli scienziati sono riusciti a testimoniare il vorace pasto di un buco nero.

Il 21 gennaio 2009 il telescopio ROTSE IIIb ha catturato un evento estremamente luminoso. L’ampio campo di vista consente al telescopio di scattare immagini di grandi porzioni cielo ogni notte alla ricerca di nuove stelle che esplodono. Con una magnitudo di -22,5, l’evento registrato a inizio 2009 è stato brillante e potente come l’esplosione di una supernova superluminosa (le più brillanti esplosioni stellari finora conosciute) scoperta sempre grazie a questo telescopio. L’evento è stato ribattezzato Dougie (nome familiare per i fan di South Park), anche se il suo nome tecnico è ROTSE3J120847.9+430121. Il team di esperti ha pensato si trattasse di una supernova e per questo hanno cercato per molto tempo la sua galassia ospite, impresa impossibile perché sarebbe stata troppo debole da essere vista da ROTSE. Qualche tempo dopo hanno scoperto che la Sloan Digital Sky Survey aveva già mappato una debole galassia rossa proprio nella zona dell’evento Dougie. Utilizzando poi uno dei giganti telescopi Keck alle Hawaii, il gruppo di scienziati è riuscito a capire la distanza della galassia da noi, circa tre miliardi di anni luce.

Il problema successivo è stato quello di definire e caratterizzare l’evento: una supernova superluminosa oppure la collisione tra due stelle di neutroni? Il team ha anche pensato a un lampo gamma o a un evento ancora più distruttivo, cioè proprio quello che stavano cercando. Una stella è stata smembrata, nel vero senso della parola, man mano che si avvicinava al buco nero al centro della sua galassia ospite. Gli esperti hanno poi ripreso le osservazioni, prima all’ultravioletto con il telescopio orbitante Swift e poi raccogliendo dati con il telescopio ottico Hobby-Eberly. Hanno anche usato dei modelli al computer su come la luce di diversi processi fisici potrebbero spiegare il comportamento di Dougie.

Il principale autore dello studio, Jozsef Vinko dell’Università di Seghedino in Ungheria, ha spiegato che monitorando la variazione di luce «abbiamo capito che si trattava di qualcosa che nessuno aveva mai visto prima». J. Craig Wheeler, dell’Università del Texas, ha aggiunto che «l’immensa forza gravitazionale del buco nero tira la stella da un lato più che da un altro provocando strappi che distruggono la stella», dopo averla deformata fino a darle una forma allungata “a spaghetto”. Il ricercatore ha sottolineato, inoltre, che la stella «non cade direttamente al centro del buco nero, bensì dovrebbe formare prima un disco».  Al temine della ricerca gli esperti hanno affermato che Dougie era una stella dalla massa simile al nostro Sole prima di essere “divorata”. In più hanno scoperto che il buco nero ha una massa pari a un milione di soli.

In realtà non è la prima volta che si parla di questo fenomeno, ma è la prima volta che gli astronomi assistono a un evento così raro: la stella “è dura a morire”, a quanto sembra, insomma, si ribella al buco nero. Alcuni modelli sviluppati dal team di James Guillochon di Harvard e di Enrico Ramirez-Ruiz dell’Università della California, Santa Cruz, hanno dimostrato che la materia stellare stava generando così tanta radiazione che ha spinto indietro la stella: dai dati sembra che il buco nero stesse quasi soffocando durante il lauto spuntino.

Per saperne di più:

Clicca QUI per leggere lo studio: “PS1-10jh: The Disruption of a Main-sequence Star of Near-solar Composition”, di James Guillochon, Haik Manukian, Enrico Ramirez-Ruiz

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni


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