«Questo è un viaggio che iniziò molti anni fa, non importa quanti. Cominciò quel freddo giorno di febbraio a Barcellona, seduto con Bruce a un tavolo del caffè Zurich». Un inglese e un cileno, Bruce Chatwin e Luis Sepúlveda, si incontrano e sanno di avere molto in comune: il primo aveva già scritto il suo libro dedicato al viaggio in Patagonia realizzato nel 1974, il secondo stava per affrontare lo stesso itinerario; durante questo incontro, in una giornata di inverno in Spagna, lo scrittore cileno riceve da Chatwin la Moleskine su cui avrebbe annotato tutti i suoi appunti di viaggio che adesso costituiscono il libro Patagonia Express (edito da Tea, traduzione di Ilide Carmignani). Un libro scorrevole e avvincente: incontri, luoghi, accadimenti, tutti particolari e estranianti, volti a descrivere quella terra lontana e difficile chiamata Patagonia, «la vita e l’oblio si succedono con troppa rapidità in questa parte del mondo».
Gli scenari naturali, dalle ampie pianure alla fitta vegetazione, dai fiordi ai bacini lacustri, rappresentano lo sfondo suggestivo e avvincente di un viaggio in cui sono gli incontri con le persone del luogo a regalare la sensazione di un’esperienza incomparabile: per raggiungere San Sebastián del Coca da Shell , Sepúlveda ha viaggiato su un volo del capitano Palacios, un ex pilota della Texaco innamorato dell’Amazzonia: lo scrittore deve proprio a lui «il fatto di conoscere dall’alto le regioni amazzoniche più segrete e affascinanti». Durante questo viaggio in Patagonia, Sepúlveda viene a conoscenza della morte del falegname Carlitos che aveva avuto modo di incontrare anni prima: il vero nome di Carlitos era Klaus Kucimavic, un croato che durante la guerra aveva combattuto nei Balcani al fianco dei nazisti. Terminata la guerra, era emigrato in Sudamerica dove occupò una cattedra di fisica all’università di Buenos Aires. Temendo di essere rintracciato decise di scomparire in Patagonia, «in questa parte del mondo dove non si fanno domande e il passato è semplicemente una faccenda personale». Qui Carlitos divenne un anziano falegname, a tutti noto per la sua gentilezza e genialità: nel 1988 un’organizzazione che propone premi Nobel alternativi voleva assegnargli il Premio alternativo di Fisica per alcune ricerche condotte in Patagonia, ma nessuno sapeva come rintracciarlo e né che il professor Kucimavic si nascondeva sotto le spoglie del falegname Carlitos.
A chiudere Patagonia Express l’incontro dell’autore con «il più grande scrittore cileno, e uno dei più importanti autori di romanzi d’avventura di tutti i tempi». Sepúlveda scrive: «Se deve ricadere su qualcuno la colpa per questa mania di nominare le cose, di registrare ciò che osservo su questa “moleskine” dalla capertina nera, questo qualcuno si chiama Francisco Coloane». L’incontro a Santiago del Cile con il suo maestro sembra chiudere idealmente il cerchio di questo viaggio: dall’incontro con Bruce Chatwin che lo aveva preceduto nell’esperienza in Patagonia, descritto nelle prime pagine del libro, all’incontro con Coloane, il maestro che gli aveva indicato il cammino di scrittore e viaggiatore; le ultime parole di Patagonia Express sono infatti a lui dedicate: «Coloane mi aveva passato i suoi fantasmi, i sui personaggi, gli indio e gli emigranti di tutte le latitudini che abitano la Patagonia e la Terra del Fuoco, i suoi marinai e i suoi vagabondi del mare. Adesso sono tutti con me e mi permettono di dire a voce alta che vivere è un magnifico esercizio».