“Da un po’ di tempo Bosmans ripensava a certi episodi della sua giovinezza,/ episodi incoerenti, tronchi, visi senza nome, incontri fugaci./ Tutto ciò apparteneva a un lontano passato, ma poiché quelle brevi sequenze/ non erano legate al resto della sua vita,/ esse rimanevano in sospeso, in un eterno presente.” - L’orizzonte, Patrick Modiano
L’incipit suggestivo del romanzo di Patrick Modiano L’orizzonte (Einaudi, 2012), ricalca appieno il motivo per cui lo scrittore ha ricevuto il premio Nobel 2014 per la Letteratura: «L’arte di ricordare con cui ha evocato i destini umani più difficili da comprendere e ha svelato l’universo dell’occupazione». Sì, perché l’autore francese ha fatto della sua abilità scrittoria l’espediente con il quale è possibile rammentare il passato, che riaffiora puntualmente nella coscienza dei personaggi che animano le sue storie.
Come in L’orizzonte, infatti, le sue opere sono il frutto di una ricostruzione accurata degli eventi storici come la Seconda guerra mondiale, che hanno coinvolto persino il padre il quale, nel 1943, fu arrestato dal regime nazista, ma riuscì a fuggire grazie ad alcune conoscenze maturate fra i collaborazionisti. Di qui l’importanza, per lo scrittore, di ricordare gli episodi che hanno segnato l’umanità; il tutto elaborato con una scrittura limpida e intima, che dà la giusta musicalità alle parole che diffondono messaggi importanti. Non importa in che modo questi messaggi affiorino – se con un taccuino, come quello usato dal personaggio Jean Bosmans, oppure con l’incontro inaspettato fra un uomo e una donna come nel romanzo Un pedigree (Einaudi, 2006) –, l’importante è, appunto, non dimenticare.
La letteratura, dunque, si fa autobiografia. Brevi flashback si affastellano nella sua mente e non lo abbandonano fino a quando non avrà costruito la sua personale carta d’identità, il suo pedigree. I volti, i nomi e le storie si combinano fra loro come le tessere di un puzzle dalle quali trapela un’epoca caratterizzata dall’orrore e dal disastro, ma anche dalla speranza di un futuro migliore. Perché quel pedigree è utile all’autore, che vuole liberarsi dalle delusioni affettive che hanno segnato la sua gioventù.
Nato il 30 luglio 1945 a Boulogne-Billancourt, nella regione dell’Île-de-France, da Albert Modiano – un ebreo francese di origini italiane – e da Louisa Colpijn, un’attrice belga di etnia fiamminga, dapprima studia in Alta Savoia, poi al liceo Henri-IV di Parigi, dove ha la fortuna di conoscere lo scrittore e matematico francese Raymond Queneau, il quale gli aprirà le porte di quel mondo incantato che è la letteratura. Tuttavia col tempo questo rapporto fra insegnante e allievo si trasforma in amicizia, tant’è che il primo romanzo dello scrittore francese La Place de l’Étoile (Gallimard, 1968) è rivisto dallo stesso Queneau. Con questo romanzo ottiene un importante riconoscimento, il Prix Roger-Nimier. Fin da subito, perciò, dimostra di possedere grandi doti affabulatorie.
Da quel momento in poi la carriera di Patrick Modiano è in ascesa. Nella sua intera produzione, infatti, si ricorda Rue des boutiques obscures, con cui nel 1978 vince il premio Goncourt, Dora Bruder (Guanda, premio Bottari Lattes Grinzane Cavour sezione La Quercia nel 2012), senza tralasciare i romanzi pubblicati in Italia dalla casa editrice Einaudi: Bijou (2005), Un pedigree (2006), Nel caffè della gioventù perduta (2010) e L’orizzonte (2012).
Sebbene la sua carriera sia rappresentata primariamente dalla letteratura, tuttavia fin dagli anni Settanta lavora anche alla scenografia di film come Cognome e nome: Lacombe Lucien (1974), candidato al premio Oscar come miglior film straniero. Più tardi è impegnato nella scenografia di Il profumo di Yvonne (1993) – con la regia di Patrice Leconte –, tratto da un suo stesso romanzo, Villa triste pubblicato nel 1975. Eppure anche nella sua carriera di scenografo mantiene il filo rosso con il quale si è distinto in ambito letterario: i temi impegnati dominano nelle scene e il ricordo puntualmente riemerge.
Patrick Modiano è riconosciuto, dunque, fra i più importanti scrittori contemporanei viventi e grazie al Nobel vinto il 9 ottobre 2014 ha aumentato notevolmente il suo prestigio letterario. È stato scelto fra ben 210 scrittori, fra i quali 36 candidati per la prima volta, e tra quelli che già da anni figurano come i possibili vincitori – Haruki Murakami e Umberto Eco ne sono un esempio –, ed è stato votato da 18 membri della giuria dell’Accademia Reale Svedese. Quest’anno, con lui, a vincere è l’arte della memoria: «Quei frammenti di ricordi corrispondevano agli anni in cui la tua vita è disseminata di bivi, in cui ti si aprono così tante strade da avere l’imbarazzo della scelta».
Written by Maila Daniela Tritto