chi è patrizia?
Una designer che con la stoffa crea dei contenitori che possano farvi sentire il più possibile a vostro agio.
dove nasce e come si sviluppa la tua vena stilistica?
Nasce sempre da me, nel senso che sono la musa di me stessa, tutto quello faccio fondamentalmente sono cose che io indosserei e che io vorrei indossare. Può sembrare una banalità ma credo che sia il motivo per cui riesco ad avere molte ”facce” nella mia produzione, pur avendo uno stile inconfondibile. Sono il filo che tiene insieme tutte le mie creature. E la prova di questo viene da chi mi sceglie: molto spesso clienti di negozi che vendono le mie creazioni comprano più modelli miei in una volta sola,(due borse, tre vestiti, a volte addirittura dello stesso modello) ed è una cosa abbastanza anomala da un punto di vista commerciale .
hai seguito dei corsi?
Riguardo il mio essere una autodidatta, c'è una storiellla divertenteriguardo... Avevo più o meno 19 anni, la mia più cara amica mi prestavaspessissimo una minigonna per andare in discoteca che mi stava molto bene,un giorno stanca di prenderla in prestito sono entrata in un negozio discampoli e ne sono uscita con un bel pezzo di lana blu, una foderacoloratissima e una manciata di bottoni, sono arrivata a casa e con da unaparte la gonna della mia amica e dall'altra stoffa ago filo e forbici misono detta "non sarà impossibile..." e così è nata la mia numero uno, fattainteramente a mano e che ancora esiste!! Quella però è stata una"scopiazzatura"..la mia prima vera creazione è arrivata circa un mese dopo:entusiasta del risultato ho deciso di regalare a mia madre per Natale unabito lungo da sera che avrei fatto io, con ago e filo, e così è stato, equell'abito che tutt'ora trovo bello nella sua elegante semplicità, è unpezzo a cui sono molto legata, e che mia madre indossa ancora, è stata lamia prima vera creazione!Nessun corso , ho sempre tagliato ad istinto, nessun disegno, i miei abitinascono dalla plasticità che ogni singola stoffa ha e che si plasma sulcorpo in un modo tutto suo, e sono sempre riuscita ad ottenere i volumi che cerco.
i tuoi abiti e soprattutto le tue borse sono opere d'arte post-moderne,ti senti più una stilista che detta le regole della moda o un'artista che usa i tessuti come tele?
Ti ringrazio moltissimo per questa definizione di cui mi sento molto onorata..ma ho troppo rispetto per l’arte per definirmi un’artista, sono cresciuta in fianco ad una vera artista, mia madre, e so qual’è la differenza. Una differenza fatta di mille sfumature ma che a mio parere si riassume fondamentalmente in un concetto: l’arte per essere tale deve anticipare i tempi, per definizione non può essere capita dalla massa, la moda deve essere DENTRO ai tempi, deve esserne espressione, deve avere consensi; se non viene capita, se sei “troppo avanti”, vuol dire che stai sbagliando: la moda è, volenti o nolenti, un prodotto commerciale, l’arte assolutamente no. Però sono orgogliosa che nel mio modo di lavorare traspaia quello che è il mio vissuto e la mia cultura, che include una profonda conoscenza dell’uso del colore, dei volumi, dei canoni estetici, concetti con cui sono letteralmente cresciuta. E forse proprio nella mia produzione di borse, come giustamente sottolinei tu, queste caratteristiche diventano più evidenti.
tua madre come guida artistica?
Mia madre mi ha sempre portato con se ovunque: mostre, musei,inaugurazioni, a 10 anni ero capace di riconoscere un affresco del Tiepoloal primo sgurdo e a 15 ho riprodotto , in dimensioni enormi, sulla paretedella mia stanza una tela di Picasso della collezione permanente delGugghenhaim di Venezia, che mi incantavo a guardare ogni volta cheandavamo.Quindi certamente mi ha dato una cultura e ha sviluppato in me unasensibilità che non sono il bagaglio classico di un fashion designer, ma leiin un certo senso ha sempre cercato di tenermi fuori dal'idea diintraprendere una carriera diciamo creativa, perchè queste difficilmente tiassicurano una stabilità finanziaria! E io da parte mia non ci avevo maipensato, avevo troppa"venerazione" per lei per pensare di poter seguire lesue orme. Infatti inizialmente da piccola volevo fare il fisico nucleare,mentre poi mi sono iscritta a giurisprudenza e per poco non mi ci sono purelaureata!
i primi ostacoli?
Il primo vero ostacolo sono stata io stessa, la mia formazione da autodidatta e il mio modo di lavorare fuori dai classici schemi mi faceva essere ipercritica e mi dava una generale sensazione di inadeguatezza: ero convintissima della mia produzione da un punto di vista stilistico ma mi terrorizzava l’idea della critica a tutto il “contorno” ( finiture, etichette, depliants, foto, ecc.ecc.); non avevo ancora la forza di imporre il mio modo di lavorare come alternativa vincente, e i tempi non erano sicuramente ancora pronti a questo modo di lavorare. Il secondo grosso ostacolo, molto più concreto, è stato entrare in contatto con realtà troppo grandi che mi avevano prospettato che l’unica alternativa al lavoro di atelier fosse la produzione di un campionario da affidare ad un ufficio vendita che tradotto in parole povere significava un investimento economico mostruoso. Anche in questo caso è stato un discorso di tempi: paradossalmente la crisi economica generale ha aperto spiragli a realtà strutturate in modi non convenzionali come la mia.
la sfilata o il concorso che ti hanno fatto capire che ce l'avresti fatta?
Non so dirti se ce l’ho fatta o se ce la farò.... Posso raccontarti però questo: la mia prima sfilata durante un evento di beneficenza, anno 2000, quando ancora studiavo legge, è il momento in cui siamo tutte pronte in fila per uscire ,io in fondo( perchè anche io sfilavo con loro), dalla mia posizione vedo benissimo la passerella, la musica inizia e la prima ragazza esce ed è lì che cammina con il mio vestito sotto le luci...il tonfo al cuore che ho sentito in quel momento non lo dimenticherò mai... mi sono sentita così un’altra volta sola: quando ho conosciuto Gabrio, mio marito.
la tua produzione?
Lavoro solo su pezzi unici, è la mia caratteristica a livello produttivo,questo significa che i modelli vengono certamente riproposti ma sembrecambiando stoffa, colore, qualche dettaglio. per questo motivo mi èpraticamente impossibile delegare qualsiasi fase della lavorazione!I primi due negozi erano dei mezzi amici con cui ho preso il coraggio a duemani e a cui ho chiesto di provare a tenere qualche pezzo..ha funzionato econ loro ho preso coraggio, poi mi sono presentata, sempre io in primapersona, a quei negozi che reputavo fossero adatti al tipo di prodotto chepropongo, e tutt'ora faccio così, internet in questo aiuta moltissimo perchèstabilisci un primo contatto con cui sondi l'interesse e poi ti muovi aragion veduta quindi sito internet, social network e blog sono strumentiutilissimi...certo è molto molto impegnativo perchè tra ideare, produrre,promuovere e vendere il tempo non ti basta mai!
Who is patrizia?
A designer that creates the fabric of containers that can make you feel as comfortable as possible.
Where does and how it develops your vein style?
Always arises from me, in that they are the muse for myself, I basically have everything that I wear and things that I would wear. It may seem trivial but I think the reason why I can have many "faces" in my production, while having a unique style. Are the thread that holds together all of my creatures. The proof of this is who I choose, most often customers of shops that sell my creations my buy more than one model at once (two bags, three suits, sometimes even the same model) and is a rather anomalous from a commercial point of view.
your clothes and especially your bags are works of post-modern art, you feel more like a designer who sets the rules of fashion or an artist who uses fabrics like canvas?
Thank you very much for this definition that I feel very honored .. but I have too much respect for the art to call myself an artist, I grew up next to a true artist, my mother, and I know what's the difference. A thousand shades of difference made, but in my opinion is summed up in basically a concept art for this must be ahead of the times, by definition can not be understood by the masses, fashion should be inside at the time, it must be an expression, must have consensus, if not understood, if you are "too far", it means you're wrong: the fashion is, willy-nilly, a commercial product, art, absolutely not.But I'm proud that my work will shine out what is my experience and my culture, which includes a deep knowledge of the use of color, volume, aesthetic principles, concepts that are literally grown. And perhaps in my production of bags, as you rightly pointed out, these features become more evident.
the first obstacles?
The first real obstacle I was myself, my training by myself and my way of working out of its usual patterns made me to be hypercritical and gave me a general feeling of inadequacy: I was thoroughly convinced of my output from a stylistic point of view but I terrified at the idea of criticism around the "boundary" (finishes, labels, brochures, photos, etc.etc.) I had not the strength to impose my way of working as a winning alternative, and the times were definitely not ready yet This way of working. The second major obstacle, much more concrete, it was to get in touch with reality too big that I had suggested that the only alternative to work in studio is the production of a sample to be assigned to a sales office that translated into simple terms meant a economic investment monstrous. Also in this case was a speech of the times: paradoxically, the general economic crisis has opened chinks in fact structured in unconventional ways like mine.
the parade or contest you have to understand that we would have done?
I can not tell if I did or if I'll make it .... But I can tell you this: my first show at a charity event, the year 2000, when he was still studying law, is the moment when we all lined up ready to leave, I will go (because I also marched with them), my I see very well the position of the catwalk, the music starts and the first girl comes out and it is there that walks with my dress under the light ... the thud in my heart that I felt at that moment I will never forget ... I felt so alone again: Gabrio when I met my husband
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