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“Patteggiamento” e “Commutazione” della pena nei procedimenti di giustizia sportiva

Creato il 28 dicembre 2015 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

L'ordinamento sportivo, autonomo ed indipendente, è munito di propri statuti e regolamenti nonché di propri organi di giustizia sportiva. Come è noto, ogni Federazione e Disciplina sportiva associata possiede un vero e proprio apparato di organi di giustizia, disciplinati dai relativi Statuti e Regolamenti.

Nel merito la dottrina[1] ha diviso le questioni che riguardano la giustizia sportiva per la natura delle controversie in: a) giustizia tecnica: la quale mira a garantire il corretto svolgimento delle competizioni ed il rispetto delle norme che regolamentano il gioco della disciplina praticata poste dalla Federazione internazionale di riferimento; b) giustizia disciplinare: tende ad accertare e punire eventuali violazioni di norme federali relative a controversie implicanti l'applicazione di sanzioni a carico di chi le viola; c) giustizia economica: tende a risolvere le controversie di tipo patrimoniale, tra due società o tra una società ed un atleta, controversie nelle quali la Federazione nazionale assume la posizione di terzo, non essendo portatrice di interessi personali al pari delle parti in causa; d) giustizia amministrativa: si tratta di una categoria residuale nell'ambito della quale generalmente si ricomprendono i provvedimenti relativi al tesseramento, all'affiliazione e alla partecipazione ai campionati di competenza.

Le fonti del diritto sportivo, intese come atti dal quale sorgono norme giuridiche, si suddividono in fonti di natura pubblicistica, quali lo Statuto ed i regolamenti del CONI, fonti di natura privatistica, quali gli Statuti ed i regolamenti delle Federazioni sportive nazionali nonché le fonti dell'ordinamento sportivo internazionale, quali quelle provenienti dal CIO ovvero dalle diverse Federazioni sportive internazionali[2].

Sotto tale profilo si rammenta che dal 1° luglio 2014 è entrato in vigore il nuovo Codice della giustizia sportiva CONI[3], che prevede agli artt. 28[4] e 48[5] l'istituto del cosiddetto "patteggiamento", ossia la possibilità per un soggetto deferito - o "indagato" - di concordare con il Procuratore federale l'applicazione di una sanzione.

Tale istituto non rappresenta, invero, un'assoluta novità nel quadro delle normative federali, poiché la sua previsione era già contemplata nei codici/regolamenti di giustizia sportiva delle singole Federazioni, vigenti prima della riforma della giustizia sportiva.

Attualmente le singole normative federali[6], riprendono lo strumento processuale di cui all'art. 28 e 48 del Codice della Giustizia Sportiva CONI, con espressa previsione della sua esclusione nei confronti di coloro che siano stati recidivi, ovvero nell'ipotesi in cui il deferimento abbia ad oggetto un fatto diretto ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione, o comunque assicuri a chiunque un vantaggio in classifica, qualificato dall'ordinamento sportivo come illecito sportivo o frode sportiva. Tale strumento può essere applicato sino a quando il procedimento non sia ancora concluso[7].

Il legislatore sportivo pare ispirarsi all'omologo istituto di cui all'art. 444 del Codice di Procedura Penale[8], nonostante abbia previsto che il soggetto deferito possa accordarsi con la Procura Federale fino a quando non è terminata la fase dibattimentale di primo grado, mentre, come è noto, nel processo penale si può richiedere di usufruire di tale strumento sino a quando non è dichiarato aperto il dibattimento del procedimento penale.

L'istituto costituisce un negozio processuale trilaterale[9] nel quale il soggetto deferito e la Procura Federale, previo parere della Procura CONI, propongono al Presidente Federale o all'organo giudicante l'applicazione di un determinata sanzione, la quale nel primo caso viene comunicata al Consiglio Federale per eventuali osservazioni, nel secondo caso sarà oggetto di vaglio dal parte del organo giudicante che dovrà ritenere corretta la qualificazione giuridica dei fatti, congrua la sanzione, dichiarandone l'efficacia con apposita decisione. L'efficacia dell'accordo comporta, a ogni effetto, la definizione del procedimento e di tutti i relativi gradi nei confronti dell'incolpato.

I Codici di Giustizia Sportiva delle singole Federazioni prevedono espressamente la possibilità della riduzione della sanzione, senza determinare la misura dello sconto - solitamente si tratta di un terzo rispetto alla pena base indicata nel deferimento[10] - così come la possibilità di concordare una pena al di sotto del minimo edittale previsto dalla norma per l'infrazione per cui si procede[11] oppure di "concordare" specie diverse di sanzioni rispetto a quelle edittalmente previste.

Lo scopo dell'istituto, come è immediatamente percepibile, è quello di rendere più rapida la conclusione dei procedimenti correlando il "premio" di una sanzione ridotta alla esclusione di ogni forma di impugnazione[12].

Un profilo controverso in ordine all'istituto oggetto del presente contributo, in assenza di una espressa determinazione legislativa, è quello relativo alla decorrenza della sanzione inflitta. In particolare, occorre verificare se la pena "concordata" decorra dalla sua lettura in udienza - così come nel procedimento penale - ovvero dalla notifica del relativo provvedimento al soggetto destinatario.

Tale questione risulta essere molto rilevante per tutti quei soggetti che operano all'interno dell'ordinamento sportivo (dirigenti, Agenti Fifa, atleti, etc.), per quel che concerne, in particolare, la loro condotta ai fini della giustizia disciplinare, nel periodo di tempo che intercorre tra l'udienza e la notifica del relativo provvedimento di patteggiamento.

L'interpretazione fornita dalla giurisprudenza federale risulta essere che l'efficacia della sanzione concordata decorra dalla notifica dell'ordinanza e non dalla lettura in udienza[13]. Sul punto si evidenzia quanto stabilito anche dall'art. 2 del nuovo Codice della Giustizia Sportiva CONI, ove è espressamente previsto che gli organi di giustizia sportiva debbano conformare - per quanto non disciplinato - la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, così discostandosi dalla prassi giudiziaria che tende ad applicare al procedimento disciplinare/sportivo principi ed istituti del processo penale.

Ad ogni modo occorre precisare che si può fare ricorso all'istituto de quo nei procedimenti di cui all'art. 27 Codice della Giustizia CONI[14] , mentre tale strumento non trova applicazione nei procedimenti per reclamo verso le decisioni di I° grado, di cui all'art. 23 Codice della Giustizia Sportiva CONI[15].

In merito a quest'ultimo tipo di procedimento bisogna soffermarsi, con particolare riferimento sulla questione relativa all'applicabilità o meno dell'istituto della "commutazione della pena[16] "da parte degli organi di giustizia sportiva[17], tenuto conto della mancata previsione di tale istituto da parte del Codice della Giustizia CONI.

Da una ricognizione dei regolamenti di giustizia delle singole Federazioni soltanto FIPAV e FIP prevedono espressamente all'art. 116[18] e all'art 64 e 66[19] dei rispettivi codici, la facoltà di atleti e società di poter commutare la sanzione della squalifica in ammenda.

Ad ogni modo da un'attenta analisi della giurisprudenza federale si evidenzia che nella pratica anche organi di giustizia sportiva di altre Federazioni come FIGC[20] e FIHP[21] hanno, seppur in casi eccezionali, fatto uso di tale istituto la cui applicazione viene invano invocata da molti operatori della giustizia sportiva che patrocinano dinanzi ai competenti organi.

Da una semplice lettura delle decisioni sopra indicate, non è possibile desumere quale siano le argomentazioni logico-giuridiche in forza delle quali i relativi giudici di appello abbiano stabilito di accogliere le relative istanze volte a commutare la pena.

Sul punto si potrebbe ipotizzare che a fronte di una lacuna dell'ordinamento giuridico, l'organo giudicante abbia applicato tale istituto in virtù di un'interpretazione analogica[22] . Tuttavia tale ipotesi non sembra convincente per le seguenti considerazioni. In merito alla ricorrenza dell' analogia legis si evidenzia che non è dato rinvenire nell'ordinamento federale un'altra norma che disciplini una fattispecie simile, mentre per quanto riguarda la ricorrenza dell' analogia iuris, si ribadisce nuovamente che l'art. 2 del codice di Giustizia Sportiva CONI prevede espressamente che gli organi di giustizia sportiva debbano conformare - per quanto non disciplinato - la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile. Pertanto possiamo escludere che il giudicante possa far proprio l'istituto della conversione della pena previsto in ambito di legislazione penale[23] .

In realtà tali pronunce potrebbero rappresentare un caso di giurisprudenza creativa[24] , ove l'organo giudicante come accade nel diritto privato[25], colma una lacuna normativa[26].

Sotto tale profilo occorre precisare che ai fini dello sviluppo giurisprudenziale del diritto, sia essenziale la questione del valore del precedente giudiziale[27]. Infatti, l'opera di supplenza dell'organo giudicante potrebbe perdere la propria vis legislativa ed espansiva a seconda che sia o no in vigore un principio di stare decisis, in altre parole se le corti siano libere o meno di non seguire le decisioni precedenti[28].

Sul punto si rappresenta che secondo alcuni autori[29] la giustizia disciplinare sanzionatoria sia molto vicina al sistema giudiziario di common law[30]; tuttavia, da un esame del corpo legislativo non è dato rinvenire nell'ordinamento sportivo una norma di principio tale da vincolare gli organi giudicanti al rispetto del precedente giudiziale.

In conclusione, alla luce della rilevanza dell'istituto della "commutazione della pena" e dei notevoli riflessi che la sua applicazione può comportare sugli esiti delle singole manifestazioni sportive[31], riteniamo auspicabile un intervento da parte del legislatore sportivo atto a definire una linea interpretativa omogenea, così da assicurare una qualificata certezza alle decisioni degli organi di giustizia sportiva.

Art. 66


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